10 cose da non dire a chi ha a che fare con l’ ADHD

Ci sono scesa un po’ a patti nel frattempo, ma scoprire da adulto che hai l’ ADHD è sempre una botta. Facciamo finta che tutti abbiamo un minimo presente di cosa sto parlando quando dico ADHD, tanto questo post è appunto per ricordarci cosa ne pensa chi ne sa poco e niente. Poi quando ho sedimentato ancora un po’ cercherò di spiegare cosa sia esattamente, come me l’hanno diagnosticata (e le cantonate prese per strada) e le fonti di informazione affidabili che ho trovato in giro e ve ne scriverò a parte.

Ammetto di aver sofferto a non dirlo prima. Non a caso quando proprio non ce la facevo più a tenermela, mi sono limitata a una roba un po’ generica. Non so, magari lo sarebbe lo stesso se mi avessero diagnosticato i piedi piatti, la celiachìa o la presbiopia (ah, fermi, quest’ultima me l’ hanno appena scoperta e dopo 4 decenni da ‘cecata’ non riesco ancora a farmene una ragione, io con gli occhiali da lettura vedo appannato, con quelli vecchi da miope/astigmatica no). Comunque ti ci devi abituare. E io intanto che mi abituavo cercavo di tenere a mente i lati positivi che mi ricordava la mia psicologa. Tutto questo ha portato a una bellissima chiacchierata con Miss Nathalie Finch che essendo per mestiere dall’altro lato della scrivania qui ha spiegato ottimamente come funzionano le diagnosi ai bambini.

Io intanto parlo per me che sono adulta. Ci vuole un po’ di tempo per capire che una serie di cose che mi hanno sempre dato noia nella vita (e fingo di andarci su leggera, eh) in realtà non le posso proprio influenzare. Il tuo cervello funziona così, con quei doni e quei limiti e basta farsene una ragione. Disse quella che ha passato 47 anni a sentirsi disadattata e diversa dagli altri, ma in fondo siamo tutti i diversi di qualcun altro, so what’s new?

Ancora più difficile è dirlo in giro, perché la gente che ti ha sempre conosciuto (e apprezzato) così cosa vuoi che ti dica? E la gente che ti conosce poco, cosa vuoi che ti dica? E in generale, ma dell’ ADHD cosa si sa in giro? Non chiedetelo a me che forse per motivi di pura sopravvivenza ancora non mi metto per bene dietro google per informarmi, quindi posso solo dire quel paio di cose su cui sono inciampata io. Che sono ridotte, personali e di parte, quindi praticamente di nessuna utilità per chicchessia. O forse si.

Eccovi quindi le cose da non dire a che ha l’ADHD, tranne me che nel frattempo per scriverle me le sono elaborate, oppure ho già sfanculato il primo che me l’ ha dette e adesso posso gestire meglio i prossimi.

1) Ah, queste malattie di moda

Ecco, vai magari a dirlo a uno che ha un tumore raro, l’ebola, l’ AIDS o qualcosa di più facilmente quantificabile. Ah, non glielo diresti? Come mai? (E comunque è una sindrome, non una malattia).

2) Ah, ma è quella cosa dei maschietti troppo vivaci?

Si, quella, ma non viene solo ai maschietti. Viene anche alle femminucce. E non viene solo ai bambini. Ce l’ hanno anche gli adulti. E non si esprime solo con irrequietezza e vivacità, quello è il sintomo “facile” che non hanno neanche tutti. Insomma, io sono femmina, adulta e relativamente tranquilla fisicamente, anzi, proprio pigra. Ma ce l’ ho, talmente inequivocabilmente che quando mi è arrivata una bella diagnosi scritta la prima reazione di chi mi vuole bene e mia è stata: ma come mai non ci abbiamo pensato prima?

3) Si, ma secondo me non hai l’ ADHD (qualsiasi cosa ciò voglia dire), è che tu sei un tipico gemelli, sempre sognatore e con la testa fra le nuvole

Il meccanismo di minimizzare per consolare e sdrammatizzare lo capisco, è umano, io l’ho applicato allo sfinimento con gli amici (molti dei quali essendo più civili di me non mi hanno neanche sfanculata) ma non aiuta, anzi, irrita. Io sto facendo una fatica enorme per accettare questa cosa, perché la devo accettare, la devo capire e me la devo fare amica visto che me la devo tenere, per cortesia non banalizzare tutto questo, anche se è un processo invisibile e ti sfugge. E io sono già stanca di mio. Provaci tu a vivere ogni minuto, ogni giorno della tua vita con 40 schermi che urlano a tutto volume una cosa diversa nella testa, senza meccanismi efficaci per filtrarli, che poi l’ oroscopo lo riscriviamo insieme.

4) Si, ma adesso diagnosticano queste cose a chiunque e prima non ce l’ aveva nessuno, secondo me è una scusa (per vendere medicine, per dare una scusa ai pelandroni, per controllarci attraverso le scie chimiche, perché i vaccini e big pharma e il complotto plutogiudaicomarziano).

Questa mi fa incazzare, ma tanto, per motivi che non sono in grado di spiegare razionalmente. E piantatela di linkarmi Robinson perché sono perfettamente d’accordo con lui sulla situazione di iperdiagnosi negli USA, a cui sottendono metodi di testing e politiche scolastiche nei diversi stati, ma appunto, non è il mio caso e la diagnosi non me l’ha fatta una maestra stanca ma una batteria di gente che ne sa. Questo TED Talk mi piace, ci credo, ma appunto, l’ epidemia di ADHD di cui parla non è la mia

5) Ma mica prenderai le medicine?

Si, all’inizio non capivo se mi servissero o meno, se facessero una differenza o meno. Poi ne dovevo prendere due al giorno, e io a prendere al mattino ci arrivavo, ma la pasticca di mezzogiorno proprio non riuscivo a ricordarmela manco segnandomi l’allarme sul telefonino. Ho smesso di prenderla per sciagurataggine due settimane (ahò, in fondo ho l’ ADHD, ci sta che mi scordi di farmele riprescrivere quando finiscono) in cui dovevo organizzare un sacco di cose ed è stata un’ esperienza così stressante da farmi ricredere.

A me la medicazione fa davvero tanto, in meglio, non è detto che sia così per tutti. Proverò altre cose ma intanto va bene così. In Italia peraltro il Ritalin costa meno dell’aspirina, così, sempre per tranquillizzare i complottisti da Big Pharma, che mi chiedo cosa si prendano quando hanno il mal di testa. E no, non mi cambia il carattere. Sono sempre io. Riconoscibilissima. Ma mi stanco meno, mi stresso meno e ho più tempo di tirare fuori quei lati piacevoli, che sempre miei sono, e che conosciamo bene.

6) Ma sono psicofarmaci, sono pericolosissimi, è stato dimostrato che hanno sul cervello lo stesso effetto della cocaina

Ormai gli articoli allarmistici ad minchiam si riconoscono dallo stile e dalla mancanza di argomentazioni serie, sostituite dalla suggestione. Me ne avete spediti a chili con le migliori intenzioni, ma o ve li leggete voi criticamente prima o piantatela, che reggere una diagnosi del genere già è faticoso di suo. Si è vero, se sniffassi il principio attivo in quantitativi equivalenti alla dose di cocaina che mi brucerebbe il cervello avreste pure ragione. Ma a parte che nessuna ricetta ne contiene tanto, poi stare lì a polverizzare e sniffare, ma dai, siamo seri. le dosi che prendo io sotto assiduo controllo medico non sono neanche lontanamente paragonabili (a parte che continuo a scordarmi la seconda pasticca e quindi ne prendo ancora meno).

Facciamo così, tutti quanti abbiamo sicuramente dei conoscenti che ammettono di farsi di coca lucidamente nel weekend a scopo ludico e rilassante che tanto non gli succede niente, loro si che se la sanno gestire. Andate prima a dirlo a loro che si bruciano il cervello e regalano i soldi alle mafie che poi ci fanno cose che rovinano la vita, direttamente o indirettamente anche a noi. Il risultato è triplice, vi cavate dalle mie scatole, vedete a scopo di studio antropologico che vi rispondono loro e fate opera meritoria contro le mafie. Ah, già, ma voi magari vi fate le canne lucidamente e state benissimo. Vi dirò, sto bene pure io che non me le sono mai fatte.

7) Ma ai tuoi figli la daresti?

Se ve ne fosse necessità e alle stesse condizioni con cui la prescrivono a me, certo, di corsa. Il punto è che nei miei anni di volontariato a scuola ne ho visti alcuni di bambini ridotti talmente male a causa di un problema non meglio determinato, una bimba giù di morale, depressissima e con l’autostima a zero che faceva cose che oggettivamente rischiavano anche di metterla in pericolo (e mandare in galera noi sorveglianti).

Un altro ragazzino, neanche cattivo, visto che l’ ho conosciuto al nido di mio figlio e l’ho visto crescere, a un certo punto stava diventando un pericolo per sé e per gli altri quando partiva con i cinque minuti di aggressività. A scuola non si poteva dire niente per via della privacy, poi seppi che la madre, con una diagnosi e tutto, comprensibilmente aveva avuto paura delle medicine e rifiutava di farlo medicare. Fino a che non è finito in una brutta rissa, è intervenuta la polizia e i servizi sociali, qualcosa deve essere successo perché nel giro di una settimana è cambiato da così a così ed è tornato il ragazzino gentile che ho conosciuto da piccolo. Con grande sollievo di tutta la scuola. E della madre, con cui poi ho parlato. (Una dei rappresentanti dei genitori si lasciò sfuggire: “si vede che gli hanno cambiato dosaggio”).

Sono cambiati da così a così nel giro di una settimana, hanno finito bene la scuola e sono riusciti and andare alle superiori che volevano, sono diventai felici, hanno ricominciato a socializzare, a una è venuta la botta creativa che evidentemente prima era troppo deconcentrata per dedicarcisi, si è rimessa a fare danza che aveva dovuto interrompere e l’hanno scelta come comparsa per un musical nazionale che non vi cito, anche se lo stanno dando adesso.

Ma guarda, se sapessi che fanno bene così a prescindere pure io inizierei a prescriverle come party pill. Purtroppo non sono la pillola magica che funziona per tutto e tutti, non a caso sono controllatissime e per fortuna da noi si vendono solo su prescrizione di uno specialista. Come è giusto che sia.

8) Ma non si conoscono gli effetti a lungo termine

Oddio, in fondo è stata brevettata solo negli anni ’50, magari invece gli effetti su certi tipi di indicazioni sono pure noti. Se io fossi un’ adolescente magari me la prescriverebbero solo per un certo periodo, visto che i bambini crescono, si evolvono e tante cose passano.

E comunque farei una considerazione diversa:

Vedi sopra, la bimba depressissima e autostima a zero di cui vi dicevo sopra ha rischiato più di una volta, con le reazioni e le cose che faceva per disperazione, di sfracellarsi per sbaglio dal tetto, impiccarsi e simili. Se un bambino di manco 7 anni rischia questo, ma sai quanto gliene frega ai genitori l’ effetto che avrebbe potuto fargli fra vent’anni la pillola se nel frattempo a vent’ anni non ci sarebbe mai arrivato?

Insomma sembra la dietologa che voleva mettere a stecchetto mia nonna a 92 anni portati benissimo e dopo una vita di frugalità al limite degli stenti: “Dottoressa, ma alla mia età neanche un peccato di gola posso più fare, visto che degli altri non mi è rimasto niente?”

9 e 10) Eh, quando ho scritto il titolo ce le avevo tutte in mente, e forse anche qualcuna in più

Adesso mi sfuggono. Però cosa volete che vi dica, il sintomo fondamentale del deficit di attenzione con o senza iperattività (ADHD o ADD per gli amici) è quello di non avere filtri che dicano al mio cervello qual era di nuovo la cosa su cui mi dovevo concentrare proprio adesso tra le 30 – 40 che mi urlano in testa. Facciamo così se mi torna in mente ve lo dico un’ altra volta. Anche perché ce n’è da dire.

E a questo punto una domanda ve la faccio io: se non fosse un handicap – perché di questo si tratta – invisibile, come ce ne sono tanti, voi la stessa cosa la direste a qualcuno con una diagnosi più nota e visibile?

 

Il mutevole tempo olandese


Stamattina ho approfittato di un bel raggio di sole per andare in centro a controllare i saldi. E per strada mi cantavo “Pioggia di marzo” perché tra i primi germogli che mettono voglia di primavera e la giornata luminosa arrivata davanti a “Il Ponte” veniva quasi voglia di sedersi fuori a prendersi il caffè. Ma c’ era il traghetto e l’ ho preso al volo.

Mentre stavo per entrare ai magazzini Bijenkorf ho evitato i primi fiocchi di neve. Poi sono uscita a fare un giro per strada. Era asciutto e luminoso e si stava bene.

20150129-144034.jpg

Poi a furia di camminare mi accorgo che è ora di recuperare figlio 2 e amichetto da scuola e decido di sveltire le pratiche prendendo il tram fino a dove ho parcheggiato la bici. Prendo il tram. Scendo dal tram. Comincia a grandinare. Apro la bici. Mi tiro su il cappuccio. La grandine si scioglie. Sul collo. Pedalo 50 metri. Asfalto da bianco ridiventa nero.

Poi dicono il mutevole tempo olandese. Copritevi.

 

 

20150129-151512.jpg

20150129-151521.jpg

Scuola in Olanda: groep 7, entreetoets e la scelta delle superiori e dell’ università

Oggi nelle scuole di Amsterdam i bambini di settima classe iniziano l’entreetoets o test di ingresso. Questi test annuali corrispondono a un sistema per seguire i progressi dei singoli alunni in riferimento a quelli dei loro coetanei su scala nazionale, e si riferiscono alle abilità linguistiche, matematiche e di gestione dello studio. Anche se l’entreetoets si tiene in quinta, sesta e settima (9, 10 e 11 anni) quello di settima è molto importante per la successiva scelta delle superiori, e non tutti i genitori stranieri conoscono il sistema e sanno come regolarsi. Qui tento di spiegarvelo.

La scuola primaria nei Paesi Bassi dura dai 4 ai 12 anni (dal groep 1 al groep 8), e dopo si va alle superiori, direttamente o tramite una cosiddetta classe-ponte (brugklas). Quello che non tutti sanno è che tra i vari tipi di scuola superiore c’è proprio una specie di gerarchia dal punto di vista della formazione accademica. Per andare all’università, insegnamento superiore di tipo accademico, bisogna aver fatto un Gymnasium o Atheneum (WVO), in soldoni l’ equivalente del nostro liceo classico o scientifico con in più un sacco di lingue. Altrimenti puoi fare un HBO, ovvero un insegnamento superiore di tipo professionale/pratico, che dura un anno meno dell’università. Per entrare all’ HBO occorre avere almeno un diploma di scuola superiore di tipo HAVO. Altrimenti ci sono sempre il MAVO (negli anni ’70 c’ era il moeder-MAVO, corsi per far prendere un diploma alle donne che avevano interrotto le superiori per sposarsi e fare figli, comodamente da seguire in orario scolastico, un bel sistema per l’ emancipazione, che almeno una poi poteva almeno fare la segretaria se si diplomava) o il VMBO o professionali, che si divide in indirizzo pratico (proprio per fargli finire l’ obbligo scolastico fino a 16 anni, tanto non combineranno mai nulla nella vita, questi bambini) o a indirizzo teorico.

O per dirla con le parole di una mia amica italiana che insegna da anni all’ università di Amsterdam, è un sistema che serve a garantire l’ accesso all’ università e alle carriere meglio pagate ai figli maschi dei genitori bianchi olandesi di estrazione medio-alta. A mantenere ricchi e potenti i figli (maschi, preferibilmente) di quelli che già sono ricchi e potenti. Maschi perché l’ opinione corrente è che le donne, anche se laureate, quando fanno i figli si prendono un part time per seguirli e allora chi glielo fa fare a farle sforzare? (Lo so che detto così sembra brutto, e so che non è vero per un sacco di ragazzine che conosco, anzi, ad Amsterdam il ginnasio è quasi più una scuola a pari numero maschi e femmine, mentre l’HAVO è a forte predominanza maschile. I bias inconsapevoli sono quelli che funzionano meglio).

Un’affermazione del genere può sembrare molto forte e molto estrema, ma come spesso accade nella vita un fondo di verità c’è. E chi viene da fuori e non è cresciuto in questo sistema, potrà essere bianco, acculturato e di estrazione medio-alta, ma non conosce il sistema e non sa come fare del suo meglio per inserivi i propri figli. Voglio raccontarvi quel poco che ho appreso con i miei figli, perché oggi figlio 2 inizia il suo test, ma se non fosse stato per amichetta preferita che la settimana scorsa, en passant, ha accennato al test, io col cavolo che ne sarei stata consapevole.

Non che ci sia bisogno di preparazioni particolari, anche se chi vuole seguire al meglio i propri figli può trovare su questo sito risorse ed esercizi per farli preparare. Come tutto nella vita, ma soprattutto nei Paesi Bassi, anche la chiave del successo accademico è una questione di organizzazione e tempistiche.  Questo è il mio punto debole purtroppo, per cui mi rivolgo a chi ha figli nei gruppi 6 e 7: cominciate a prepararvi adesso.

Insomma, alla fine ci siamo limitati mandare a letto e far addormentare presto l’esaminando, a garantirgli un risveglio soft e rilassato, a chiedergli se voleva qualcosa di particolare da mangiare o delle caramelle per tirarsi su, ma l’unica cosa che ha fatto è stato portarsi un libro da leggere nelle pause, perché quando finisci il tuo test devi stare zitto e buono per non disturbare gli altri.

Alla fine di questa settimana aspetteremo per qualche settimana i risultati (sto cercando di ricordarmi com’era andata con figlio 1), fra un mesetto inoltre le varie scuole superiori della città inizieranno ad avere le giornate a porte aperte, e anche se abbiamo ancora tutto un anno di groep 8 per pensarci (in realtà mezzo anno), il mio consiglio è di visitarne un paio, da soli o con il bambino già da adesso. Io me ne sono ricordata in ritardo all’ epoca di figlio 1 e me ne sono pentita, anche vedendo amici molto più previdenti con figli in groep 7 che incrociavamo alle varie giornate delle superiori quando noi ci siamo andati un anno dopo e bisognava scegliere. Il periodo delle giornate informative e delle iscrizioni è abbastanza limitato (a seconda del tipo di scuola potete visitarle tra il 9 gennaio e l’11 marzo 2015, controllate nella guida), ma ve ne accorgerete comunque dai vari poster informativi che troverete appesi nelle scuole elementari dei vostri figlio quando sarà ora. il volkskrant ha pubblicato, come tutti gli anni, uno speciale numero sulle valutazioni delle varie scuole, perché anche loro hanno i voti.

Per chi ha i figli in groep 8 ricordate che il periodo per iscriverli alle superiori quest’anno è dal 16 marzo al 2 aprile.

Perché l’entreetoets è importante? Perché è un test normalizzato che dà la prima (ma non l’ unica) indicazione sul tipo di scuola superiore a cui potrà venir ammesso vostro figlio, basato sui suoi risultati. Ma considerato quanto detto sopra, 12 anni non è un po’ presto per cominciare a chiarirsi se vostro figlio potrà fare o meno l’ università? Eh, ma così è e così ci tocca, e l’unica è pensarci subito o mandarlo a studiare all’ estero. E in Germania cominciano pure un anno prima, se vi consola.

Uno nel corso degli anni e delle pagelle si fa una certa idea dello sviluppo cognitivo dei figli e si fa pure un’ idea se sarà in grado di fare un liceo o meno. Per questo a volte capita che l’ indicazione risultante dal test possa essere una sorpresa per genitori e figli.

La vecchia classe delle elementari di figlio 1, per una serie di circostanze dovute al quartiere, alla storia della scuola e al tipo di genitori che vivevano da quelle parti, era la classica classe “brava”. Normalmente al liceo ci vanno, su una classe di 24 bambini, che dire, 3, 4, forse anche cinque. Lì chiunque avrebbe messo la mano sul fuoco che dal test sarebbero risultati almeno la metà da ginnasio (considerato che il bambino più bravo era andato l’ anno prima a una scuola speciale per bambini con un IQ di 130, abbassando così la media 🙂 ). Furono 2.

I peggiori danni si scoprirono sui test di lingua, in particolare grammatica e spelling (in groep 7 la classe era stata divisa per problemi di capacità e la maestra titolare aveva avuto una commozione cerebrale la prima settimana di scuola, con un seguito di supplenti temporanee e ben tre bambini estremamente difficili – uno anche violento – in classe. il che spiega parecchio).

Noi già eravamo ai ferri corti con la scuola da due anni per le questioni del bullismo e maltrattamenti e avevamo segnalato già dal gruppo 6 un calo nei risultati, chiedendo un supporto su vari fronti, mai avuto. E avevo già vissuto l’esperienza di un’amica che anni prima mi aveva spiegato cosa aveva fatto lei: aveva detto chiaramente alla scuola che un test di due giorni è la proiezione di un momento e non lo specchio di un processo di apprendimento sul lungo termine, che loro per la valutazione definitiva non avrebbero mai accettato quel’ indicazione e che la scuola aveva un anno, insieme ai genitori, per riportare le prestazioni scolastiche della figlia al livello che tutti le riconoscevano. Infatti per anni a ogni colloquio era tutto un: è brava, va bene, non dà pensieri, poi all’entreetoets le erano uscite le professionali. Un colpo. La mia amica è americana di origine vietnamita, quindi con un’etica del lavoro e scolastica che punta all’eccellenza.

Conservati fotocopie di tutte le pagelle” mi raccomandò. L’idea è che al colloquio sui risultati del test metti sotto al naso tutte le pagelle in cui fai vedere: in quarta ha preso il massimo, in quinta pure, in sesta anche, come mai proprio a questo test prende il minimo? forse lo possiamo considerare un risultato non indicativo?

Il motivo si capisce: in genere ogni anno nelle scuole elementari olandesi la classe cambia insegnante. Se il test lo fanno a gennaio, da un lato la maestra ha avuto pochi mesi per capire che tipo di bambini ha in classe, dall’altro proprio quel periodo tra 11 e 12 anni non è che sia l’ideale per decidere la tua vita accademica e professionale futura: crescono di botto, spesso hanno i dolori alle ossa, alle femminucce possono venire le mestruazioni, i maschi hanno l’ ormone esagitato e tocca fargli fare sport tutti i giorni o ti tirano ai matti (sempre parlando genericamente e riferendomi ai preadolescenti di mia conoscenza, e ai loro poveri genitori).

I nostri a suo tempo avevano avuto pure i servizi sociali che ci hanno messo 7 mesi a togliergli dalla classe il bambino che aveva bisogno di un approccio speciale – storico rimase l’ episodio della doccia dopo la palestra in cui lui e un altro si sono fatti la pipì addosso, con grande orrore e sbigottimento degli altri. Dopo una settimana qualcuno iniziò a dirlo ai genitori e la povera supplente si dovette beccare pure la sorveglianza in spogliatoio.

Ma insomma, siamo ottimisti, ci sono scuole in gambissima, classi unite e bambini che non danno troppi problemi e si gestiscono la crescita senza troppi spigoli, come grazzialcielo quest’anno con la classe di figlio 2, in cui hanno lasciato la maestra bravissima dello scorso anno, che li conosce e sa dove insistere in cosa con chi. Una scuola che sui punti deboli di figlio 2 (pianificazione e abilità di studio) ci sta avvertendo e consigliando da due anni e i risultati si vedono.

Ho sempre pensato di figlio 2 che lui con la sua manualità e creatività dovrebbe fare un mestiere tecnico o artigianale, che ne so, il sarto, o il restauratore di macchine antiche, per esempio. Però ci tengo anche che possa esprimere tutte le sue potenzialità che devono ancora saltare fuori, e bloccargli a prescindere a 11 anni la possibilità di andare all’ università direttamente, senza passare per le allungatoie dei vari anni integrativi per “salire di grado” nella scala delle superiori, non mi sembra il massimo. Temo una perdita di entusiasmo e motivazione che già un po’ fisiologica di suo ci è negli anni dell’ adolescenza.

Poi per carità, il bello dei Paesi Bassi è che non è mai troppo tardi per cambiare vita e mestiere, ho una collega interprete che si è iscritta a Legge quando la figlia aveva 16 anni, sapendo che con lo studio part-time prima di 8 anni non si sarebbe laureata, e una cosa del genere a quaranta e rotti anni ha tutta la mia ammirazione. Un entreetoets che ti sbatte alle professionali a indirizzo pratico non è il peggio che ti possa capitare, se hai le doti, e la voglia, e chi ti mantiene nel frattempo, ti farai.

Uno dei miei problemi, che condivido con diversi genitori stranieri, è la differenza di mentalità e il diverso valore che si dà ad attività diverse. Per esempio nei Paesi Bassi l’ambizione è considerata quasi una cosa negativa. Il bambino che fa troppe domande, perché magari le cose gli interessano, viene visto come insicuro (letto in uno studio che ora non ritrovo ma che linkerò appena mi ricapita). Il bambino olandese e anche l’adulto olandese deve avere sempre un’ opinione personale  e deve partecipare alle discussioni. Anche se non ha niente di ulteriore da dire, quando gli tocca di esprimere la sua opinione deve almeno dire: sono d’ accordo, o pare che si voglia estraniare, non voglia partecipare, non voglia socializzare. Il bambino solitario che sta bene con se stesso qui sembra strano.

Ovvio, gli olandesi di base devono costruire le dighe per salvarsi e le dighe non le costruisci da solo, ma con lo sforzo collettivo e l’accordo del gruppo. Questo ha influito sulla mentalità.

Allora, rispetto alla scuola l’importante è partecipare e divertirsi, non vincere. Il genitore che OSA ipotizzare apertamente un liceo perché il bambino in fondo ce la fa viene subito visto come quello che rovina il bambino insistendo a spingerlo oltre i propri limiti.

Esiste una guida alle scuole superiori di Amsterdam che vien data in gruppo 8 per farsi strada tra le varie insidie dell’ iscrizione (che merita un capitolo a parte, tanto è complicata, ci dedicherò un post a parte) che dice letteralmente: attenti, conviene sempre che il bambino faccia un tipo di scuola superiore più facile, mica lo vorrete traumatizzare?

E la mia risposta è: ma se il bambino ci arriva, è curioso, gli piace sapere il perché delle cose, ha sempre avuto voti alti, lo vogliamo stimolare mandandolo in un ambiente congeniale, o lo vogliamo demotivare mettendolo troppo in basso, così da solo, specie nell’ età cretina e pigra, col cavolo che ne esce di sua spontanea volontà?

Una mia carissima amica ha deciso di mandare il figlio, un bambino intelligente e capace, ma con un percorso scolastico alle elementari travagliato, alle professionali per non metterlo sotto pressione. Capisco e rispetto la sua scelta, ma sapendo quello che so di suo figlio, io con un figlio mio non l’ avrei mai fatto. Perché una scuola non è solo un certo tipo di programma, un certo tipo di livello di ingresso e un certo tipo di possibilità future. Una scuola è una comunità, e i genitori tendono a mandare i figli nelle scuole in cui si riconoscono negli altri genitori. È molto personale come scelta, ma io preferisco sapere i miei figli in una scuola dove non passano per quelli “strani” per il fatto che amano leggere e sapere cose nuove. Una scuola in cui le regole sono regole chiarissime e seguite, dove i ragazzi vengono seguiti, dove non è ammesso non fare i compiti per casa anche se poi passo le domeniche a litigare per vedere cosa ha fatto, dove i bulli vengono tenuti d’ occhio e dove ci sono tante attività extracurricolari. Perché conosco mio figlio e penso che con il suo passato scolastico lì starebbe meglio. E perché sono amica su Facebook di un paio di suoi amichetti vecchi e vedo il livello delle conversazioni che hanno con i loro amici.

Per questo anche se questa è una mia personalissima esposizione del sistema come lo abbiamo vissuto noi, se avete figli in età da entreetoets, cominciate a interessarvi e informarvi, e se il risultato non corrisponder`a quello che sapete i tutto il percorso scolastico di vostro figlio, parlatene subito e serenamente con la scuola e cominciate a prendere provvedimenti e capire se ha bisogno di una mano.

Potrebbe non cambiare nulla o potrebbe, col senno di poi, cambiare tutto. Averlo saputo, quando figlio 1 era ingroep 7, mis arsi risparmiata il 90% dei patemi che ci siamo fatti per lui in groep 8.

Coccola la tua casa, come affrontare la manutenzione annuale straordinaria

Gennaio, dopo tutte le feste e le corse di dicembre è tradizionalmente un mese un po’ pigro e in genere le aziende, le famiglie e un po’ tutti quanti cerchiamo di prendercela comoda dove possiamo. Per questo per me è il periodo per fare i grandi lavori: controllo l’ amministrazione, cerco di mettermi alle costole di chi non paga, e spesso e volentieri metto mano ai lavori di casa.

Ho visto che anche altri lo fanno, magari grazie anche all’ aiuto di eventuali regali in denaro ricevuti per le feste e con un occhio ai saldi. Quindi mi dico che sicuramente è il periodo giusto per molti.

Oggi per Genitoricrescono ho scritto uno schema a punti che mi sono fatta consultando durante tutte le feste siti, esperti e decaloghi altrui, fino a farmi un’idea di quello che fa per me. Ho pensato un po’ a quello che volevo dalla nostra casa, che comunque è come la fabbrica del Duomo, stiamo continuamente sistemando qualcosa. Poi sono partita come sempre, un po’ d’impulso, un po’ in modo ragionato visto che mi si sono sedimentate tutte le elucubrazioni.

E mentre scrivevo il decalogo per GC mi è scattata la famigerata botta di logorrea per cui sono, giustamente anche, famosa. E dopo un po’ mi sono detta che ai cari lettori di genitoricrescono e anche ai colleghi non glielo posso fare, sempre i post lunghissimi quando si sa che i lettori di blog stanno cambiando, l’attenzione è sempre più frammentaria e nessuno ha tempo di leggere. E però mi dispiace non raccontarvi come procede l’apparentemente caotica gestione di casa nostra, perché alla fine tutti i nodi vengono al pettine (no, non è proprio l’ espressione adatta, aspetta, ci riprovo) alla fine tout se tient e l’ importante è quello che ho imparato nel processo. E l’ essenza di quello che ho imparato nel processo è:

1) Non fare acquisti d’ impulso su e-Bay, anche se l’ asta sta per scadere e tu non hai ancora in piedi i presupposti che ti permettono di aggiungere quel pezzo bellissimo di design al tuo ambiente

2) Ogni lasciata è persa, se è bellissimo, se ci stavi già pensando, se costa pochissimo e hai modo di trasportarlo fino a casa senza svenarti finanziariamente, fallo. E quando ti ricapita una libreria di Molteni, un divano di Bretz – oltretutto fuori catalogo nel frattempo – una lampada di Artemide a un quinto del prezzo da nuovo? Vai, lo esamini, ci pensi e poi ti butti. O anche no. Io per esempio sono già 5 i divani che vorrei che vedo passare su e-Bay. Fino a che non ho tempo, soldi e non convinco Maschio alfa che se tolgo dalla cucina/soggiorno il cassettone e il divano vecchio di quarta mano il Bretz ci sta, anche se è enorme, l’ unica cosa che posso fare è riordinare, pulire e fare spazio. Fatto questo, si decide meglio, e si decide in 4 (i figli prima di Natale hanno preteso di avere voce in capitolo anche nell’ arredo di altri spazi e non solo camera loro. li sto manipolando sul Bretz da allora e ne sono entusiasti).

3) Fai quello che ti pare e ti dà soddisfazione purché non ti illuda sul fatto che ci vorrà più tempo, fatica e pulizia di quello che avresti voluto. E anche quando non ti illudi, sappi che sarà sempre un po’ di più. Ma se ne vale la pena per te, ne vale la pena. ti godrai una casa un po’ più accogliente, un po’ più tua, un po’ più fruibile. E come dice anche mia madre, se uno non fa qualcosa, e che vogliamo fare nella vita, andare avanti in attesa della morte? No, no, ognuno si scelga quello che lo rende felice e lo faccia, che importa se non è seconde le regole che ti hanno inculcato. La vita è una e la schiena anche amale entrambe, non risparmiarle, ma non spezzartele neanche nell’ interazione necessaria.

E adesso ve lo spiego con un peresempio. Quello che non ho avuto cuore di aggiungere al catalogo di là

A casa nostra c’ è una libreria larga 180 cm. di cui un’ estremità poggia su un cassettone largo pure 180 cm. 180 + 180 – i 60 cm in cui si sovrappongono fa troppo per i muri che abbiamo senza che il tutto incomba e tolga luce e ariosità.  Per questioni di spazio li abbiamo separati, intorno alla libreria su un muro più corto abbiamo costruito una colonna e dei pensili con un sistema di catalogo poco costoso (tre gennai fa ho passato un mese a disegnare alternative sulla carta millimetrata) e il cassettone da allora sta sotto la finestra a fare angolo col divanetto a due posti per capire se ci piace il divano ad angolo. Ci ho messo sopra cuscini, gran foulard, niente, sta in mezzo ai piedi e nessuno ci si siede comodo. Dobbiamo toglierlo così ci possiamo comprare un divano serio.

Figlio 1 vorrebbe il cassettone in camera sua, quindi prima delle feste ho trasferito il suo scaffale dei giocattoli in camera del fratello, dove lo scorso gennaio avevo piazzato un lettone a soppalco. Adesso sistemeremo camera di figlio 1 per fare spazio al cassettone, forse gli toglieremo definitivamente il letto a castello scassato sopravvissuto a tre traslochi e gli metteremo temporaneamente il lettone a una piazza e mezzo inutilizzato a casa di mia madre in attesa di comprargliene uno nuovo. A quel punto il cassettone ci entra e sarà comodissimo per sostituire lo scaffale giocattoli trasmigrato al fratello.

Già che stiamo facendo tutto ciò ne approfittiamo per ridipingergli camera (cosa che dal fratello è avvenuta prima di mettergli il soppalco) e i battiscopa mai messi dal trasloco 6 anni fa, ma prima eliminiamo il letto a castello, lui dormirà per un tempo indeterminato dal fratello.

Insomma, prima o poi, il processo che era iniziato con un utilizzo meno ingombrante della bellissima libreria con cassettone di Molteni comprata a poco e per impulso su e-bay anni fa (“come fai a lasciare lì una libreria con vetrina e cassettone di Molteni a 700 euro che nuova ne costa minimo € 4-5.000?”), e definitivo arredo della camere dei bambini che dal trasloco stavano lì con mobili di recupero, terminerà trionfalmente con l’acquisto del primo, vero divano comprato a casa nostra, che è un anno che mi sto studiando quelli dell’ Ikea ma sono giunta alla conclusione che quello che voglio davvero è il divano La Ola della Bretz, che NON ho comprato 13 anni fa quando ero incinta perché al posto dei piedi ha delle molle e già mi vedevo il bambino infilare le dita nelle spire mentre qualcuno si sedeva sul divano, tranciandogli di colpo le ditine, e insomma, La Ola non è più in produzione ma ne ho già viste passare 5 in due mesi su e-Bay a un quinto del prezzo da nuovo. E mica posso lasciare un Bretz lì a un quinto del prezzo?

Per dire che bisogna sempre seguire gli impulsi, che comprare pezzi buoni e costosi che durano una vita di secondamano per me è meglio di comprare nuovo un pezzo da poco (anche se poi vivo praticamente dentro l’ Ikea e come si fa altrimenti?) ma l’ impulso lo paghi in altri modi, basta esservi preparati. Poi, ovviamente, ci sono anche le persone metodiche, organizzate, che si scrivono il budget e comprano solo quello che vogliono quando gli serve, ma se io fossi stata così adesso non avrei scritto i post sull’ economia domestica minima. O come dicono gli olandesi: il canottiere rema con le cinture che ha, ovvero quando ti tocca remare ti tocca, ed è inutile pensare a come lo avresti fatto meglio se.

O come dice chiunque entri per la prima volta in casa nostra: questa casa ha tanta personalità e a seconda dal tono in cui dicono: tanta, si capisce se quel giorno avevo dato una mezza pulita o era esplosa la bomba.

Insomma, con questo spero di avervi fatto venire voglia e convinto che ne vale la pena (o avervela tolta del tutto, tanto cosa c’è di male in una casa serena, ordinata e al diavolo la personalità? che c’ è tanto di buono da dire anche su queste).

E ve l’ avevo detto che il presupposto a tutto ciò è stato regalare la mia vetrina bellissima, amatissima, scomodissima, comprata prima dei figli ai saldi (il design cerco sempre di comprarlo ai saldi) a mio fratello che invece a casa ha una nicchia in cui ci entra talmente bene che sembra fattapposta? Che nella vita i sogni, i desideri, la bellezza e l’appagamento, vanno e vengono e tornano e ripartono, l’ importante è goderseli al momento con un occhio all’ eternità e uno al portafoglio.

Ricetta superveloce: crumble dolce o salato senza uova al semolino e zucchine

crumble

Come vi spiegherò meglio domani, a gennaio ne approfitto per sistemare un po’ le cose in casa. E siccome quest’ anno sono riuscita a fare davvero le feste senza stress che vi consigliavo qui e qui  diciamo che la situazione generale di partenza è favorevole. Inoltre da mia madre in Polonia ho imparato una ricetta per un crumble di mele scandalosamente facile, allora ne ho approfittato per rielaborarlo in versione dolce e salata.

E siccome me ne sono ricordata dal verduraio turco ho preso al volo un pacchetto di semolino fine e tre zucchine e mi sono messa all’ opera. Con una piccola modifica se ne fa facilissimamente una versione vegana, per chi magari si ritrova ospiti vegani all’ ultimo momento e non sai mai cosa fare.

Premessa: in Polonia come in America le ricette che prevedono ingredienti secchi non pesano gli ingredienti ma ne calcolano il volume, che a me viene anche più facile. Inoltre fare una ricetta del genere è anche una scusa per svuotare i fondi delle confezioni di ingredienti e in questo usare i volumi è semplicissimo. Gli ingredienti eliminabili sono il pacchetto semivuoto di farina, un resto di noci, pinoli o nocelle varie, spezie assortite o meno, un resto di salmone affumicato, o cubetto di salame, o crosta di formaggio (questi ultimi non per il dolce e neanche per i vegani, ovvio). Insomma, intanto che preparate una cosa buona e facilissima ne approfittate per iniziare a riordinare a fondo la cucina e la dispensa. E cosa vuole di più una casalinga pigra per tener fede al proprio motto di massimo WOW col minimo sforzo?

Ricetta originale del crumble dolce di mele

4 mele

1 bicchiere di zucchero (circa 150 gr)

1 bicchiere di farina

1 bicchiere di semolino

spezie, noci, uvette a piacere

125 gr di burro, se per vegani sostituitelo con olio di cocco, che come il burro a temperatura ambiente solidifica

Scaldare il forno a 180 gradi. Sbucciare e grattugiare le mele evitando il torsolo, e mettetele in una ciotola con lo zucchero, mischiate e lasciate riposare. Mettete a bagno e poi strizzate le uvette o altra frutta secca a pezzettini, se ne utilizzate, unitele alla ciotola di mele e zucchero e mescolate. Mescolate la farina e il semolino, prendete una forma in silicone da dolci o una normale, foderata di carta da forno.

Se la forma è irregolare bagnate e ciancicate tra le mani la carta da forno strizzandone l’ acqua in eccesso e foderateci la forma. Mettete uno strato di farina/semolino sul fondo e scuotete la forma per fare uno strato omogeneo. Scucchiaiateci sopra una cucchiaiata di mele condite, un altro strato di farine e uno di ripieno e andate avanti così, regolandovi sullo spessore, fino a terminare con uno strato di farine. Sull’ultimo strato di mele versate tutto il liquido rimasto sul fondo della ciotola e mettete poi l’ ultimo strato di farine. Mano a mano che fate gli strati spingete forte per compattare e terminate con una bella pressatina in cima.

Tagliate a fettine sottili il burro o grasso di cocco e copriteci la forma e infornate. In genere in un’ ora è pronto, ma siccome io per fare gli esperimenti ho dimezzato gli ingredienti e ho usato due tegliette piccole, ho fatto 45 minuti e poi ho controllato e aggiunto del tempo. A un certo punto siccome mi sembrava che il burro restasse tutto in alto invece di calare e far appiccicare gli ingredienti tra loro ho preso una forchetta, inserito i rebbi qui e lì fino al fondo della forma per fare come delle canaline per farci scendere meglio il burro? Era necessario? e chi lo sa?

Quanto la torta vi sembra bella abbrustolita sopra cacciatela dal forno e fatela raffreddare completamente nella forma per renderla compatta. Se invece la volete servire calda con del gelato, fatelo in coppette e servitela al cucchiaio perché non si tiene ancora troppo insieme. Quella di capodanno fatta così era ottima.

Ricetta del crumble dolce di zucchine alla Mammamsterdam

1 grossa zucchina

1/2 bicchiere di zucchero (circa 75 gr)

1 bicchiere di farina

1 bicchiere di semolino

buccia grattugiata di un arancia (o altro agrume a piacere)

una manciata di uvette

125 gr di burro, se per vegani sostituitelo con olio di cocco, che come il burro a temperatura ambiente solidifica

Grattugiate la zucchina (che in perfetto stile casalinga pigra non va neanche sbucciata e si risparmia tempo) e per il resto proseguite esattissimamente come descritto sopra. Io ci ho messo anche della buccia di arancia grattugiata con le zucchine e le uvette non le ho ammollate, ma forse un pochino non gli avrebbe fatto male. Ho diviso a metà il mix di farina e semolino, e a parte le zucchine, aggiungendo zucchero e uvette solo alla metà delle zucchine. Con queste ho fatto il crumble che vedete sopra nella foto.

Ricetta del crumble salato di zucchine alla Mammamsterdam

1/2 grossa zucchina grattugiata

1 cipolla sminuzzata

1 bicchiere di farina

1 bicchiere di semolino

sale e pepe

un pezzetto di salmone affumicato a pezzetti

125 gr di burro, se per vegani sostituitelo con olio di cocco, che come il burro a temperatura ambiente solidifica

Questa mi è venuta meno bene e la rifarò per poi aggiornare la ricetta. Ho salato la zucchina sperando che come la versione con lo zucchero cacciasse molta acqua, e invece no. Ho soffritto la cipolla in olio di oliva, mischiato il tutto, aggiustato di sale e pepe e proceduto secondo la ricetta. L’ altro errore è stato quello di sostituire il busso in cima con olio di oliva che è rimasto tutto sopra. Mi è rimasta polverosa parte della farina e semolino per mancanza di umidità, e inoltre non ho passato i rebbi della forchetta per aiutare a scendere il grasso. Io dire quindi di passare intanto le zucchine con olio abbondante in padella in modo da fare venire la miscela più umida, usare magari un semolino di grana media invece che fine per far scendere meglio il grasso in superficie e direi che se ci si aggiunge del formaggio al ripieno, anche quello aiuta ad umidificare.

Ci riprovo e vi saprò dire meglio.

Buon Compleanno, Peppina

sorelle Silvestrone

Lo so che molti di voi in Italia stanno con la sindrome maledetta del Monday morning blues perché finalmente è passata l’ Epifania e vi tocca rientrare a lavorare ben due giorni dopo il resto d’ Europa (tranne la Polonia, pelandroni pure loro). coraggio, lo so, troppa vita e troppe vacanze fanno male alla lunga.

Io invece oggi mi sono svegliata ricordandomi di mia nonna Peppina, cioè Settimia Maria Giuseppa, classe 1907. A casa mia ci confondevamo sempre i festeggiamenti per la Befana per via del suo compleanno così vicino, quindi alla fine le calze le aprivamo il 7 gennaio e chi s’ è visto s’ è visto.

Di Peppina in genere racconto poco, ho anche poco o niente foto, tranne una fototessera in una cornice grande come una mattonella, per compensare, sulla mensola delle foto di famiglia. Le sue foto stanno tutte a Ofena. Quella che vedete sopra è una delle rare foto con quasi tutte le sorelle Silvestrone (erano 9 quelle viventi all’ epoca) da adulte, sul balcone della casa a Ofena. la crepa è un ricordino del terremoto del 2009.

Ultimamente mia madre ha ricordato il periodo difficile dopo la morte di mio padre. Erano rimaste lei e Peppina a casa, la nuora affezionata e rispettosa e la suocera estremamente difficile, stravolte dalla solitudine improvvisa. Mia madre mandava avanti da sola un albergo che prima gestivano in due e si faceva faticosamente strada tra carte, mutui, contenziosi e amministrazione varia che prima faceva mio padre. La cagna doveva partorire.

Una notte mia madre si svegliò con un dolore all’ addome che la trafiggeva da parte a parte.

“Ricordati, Gosiu, che se ti trafigge da parte a parte è la cistifellea:, le aveva sempre detto sua madre.

Per cui si alzò, passò da Peppina che era sveglia a letto, le disse: “Mà, vado in ospedale, tieni duro”.

Poi la operarono sul serio, Peppina si arrangiò, Paoletta, la mia amica e compagna di scuola fece un po’ di spola casa – ospedale, Peppina lavava i panni ospedalieri e ne mandava di puliti, nel frattempo la cana stava male e non partoriva. Il veterinario stabilì che i cuccioli erano morti e andavano rimossi o moriva anche lei.

Alla fine la cagna venne operata e riportata sopra in balcone, vicino a mia madre, che nonostante l’ obbligo di immobilità doveva andarle a mettere lo iodio per evitarle la mastite. Peppina cucinava e badava a entrambe, senza dire una parola.

“Io ero completamente stravolta in quel periodo, ma ho apprezzato moltissimo quello che ha fatto per me dopo la morte di tuo padre, che è stata una botta forse ancora peggio per lei. Aveva più di 90 anni, accidenti, come ha fatto”.

“Mà, questa ha il DNA delle matriarche del Gran Sasso. Con gli uomini in Puglia queste donne si sono sempre dovute risolvere da sole, nel bene e nel male, partorire da sole durante una bufera di neve e cose del genere. Ha solo tirato fuori risorse che ha sempre avuto.”

Che poi anche mia madre che quel DNA lì non ce l’ha, ha solo quello di sua madre che con due bambine piccolissime e il marito in campo di concentramento e la suocera difficile faceva la wodka e la vendeva al mercato nero. Ma è un’ altra storia.

Qualcosa di Peppina ho raccontato qui. Prima o poi racconterò altro. Per adesso, buon compleanno.