Shaken not stirred: le buone iniziative di merda e la colazione a scuola

Delle buone intenzioni è lastricato l’ inferno e pure oggi dalla scuola adorata di figlio 2 mi arriva una newsletter che, se non avessimo già un paio di problemi seri da risolvere quando ho tempo di leggerla, mi procurerebbe un travaso di bile. Ho avuto visioni di me a picchettare con un cartello con su: “Io a mio figlio la margarina non la dò”, ma lascio perdere perché  riconosco una buona intenzione quando la vedo e poi chissenefrega. Se c’ è una cosa su cui non mi rimprovero al mondo è l’ educazione alimentare dei figli e il sudore, lacrime e prove di forza che mi costa, quindi se per quattro giorni gli danno a scuola delle cose che a casa mia, orgogliosamente, non sono mai entrate, non morirà per quello.

Insomma, dal 30 ottobre al 2 novembre compreso l’ ufficio informazioni pane e i suoi sponsor commerciali tengono un corso nelle scuole che partecipano sull’ importanza della prima colazione (e su quello non mi sentirete mai contraddire nessuno) offrendo la colazione a scuola. E cosa gli offrono di così sano e importante per la crescita dei bambini, che hanno bisogno di energie e carburante al mattino, pieno di sostanze nutritive, per non parlare di come queste favoriscano una evacuazione regolare, in modo da mantenere un peso sano, perché fare colazione insieme non solo è sano, ma fa bene alla convivialità?  Lì mi è partito l’ embolo.

Scusatemi, ma l’ unica cosa che non manca mai in questa casa sono le sostanze nutritive che danno energia, facciamo sempre colazione, la convivialità l’ abbiamo inventata noi, mangiamo e cachiamo bene e i miei figli non hanno un peso sano, ce l’ hanno sanissimo, magari avercelo io (ah, già, a quell’ età ce l’ avevo).

E cosa gli danno col pane ai poveri bambini questi campioni della dieta sana ed equilibrata e le vitamine e le puttanate? Tenetevi:

– la margarina light, una fonte essenziale di vitamine A, B ed E e tanto calcio. Scusate se io gli do 15% di burro alternato a 85% olio di oliva extravergine e comprato direttamente da chi lo fa secondo una filiera certificata, ovvero le mie amiche Eleonora Tonini e Francesca De Ritis che suppliscono a tutto il fabbisogno che non riesco a coprire in proprio con le nostre 20 piante che vanno divise tra tre famiglie. Ma in primavera ne pianterò delle altre.

– la melassa di mele, bene, sono d’ accordo, anche io gli compro sempre quella biologica ma se per forza gli dovete dare quella commerciale almeno non dite stronzate. L’ appelstroop si ricava mettendo a bassa temperatura per tre giorni mele e/o pere fino a che non diventano un composto denso e appiccicolo che sembra caramello. Di questo mi dicono che quello della Frutesse, naturalmente ricco di ferro, non contiene grassi saturi e poco sale al che mi viene da dire: ma come accidenti lo fate?

– il formaggino spalmabile speciale per bambini con il 30% in meno di calorie (ma perché? Se un bambino mangia sempre bene le calorie di una fetta di formaggio nel pane sono l’ ultimo dei problemi, le smaltiscono così), solo il 7% di grassi saturi, la metà del normale e ricco in calcio. Non dico adesso che in Olanda dovete dargli il parmigiano, che mio figlio si mangia a tocchi quello intero e a sacchetti da 80 gr. la volta quello grattugiato, ma una bella fettina di formaggio, magari biologico, magari leggermente stagionato, il che in questa stagione significa formaggio fatto in estate da mucche nutrite al pascolo, non con i mangimi, che come mi spiegava Huub di Slow Food Nederland un decennio fa, senti ancora il sapore di tutti quei fiorellini di campo dentro e porcaccia la miseria, è vero, li sento i fiorellini. Ma non in questa merdina spalmabile, che poi lo volete proprio sapere come si fa il formaggio spalmabile? No, che non lo volete sapere ma googlatevelo, se volete.

– la pasta di frutta spalmabile della Hero con ben il 50% di frutta (ma no!) e senza grassi saturi e sale. Ma perché, le belle marmellate che fa mia suocera, quanti grassi saturi avranno? E so per certo che nelle sue c’ è almeno il 60% o più di frutta. Frutta vera del loro orto.

– e per finire tenetevi, il re delle coperture dolci per pane che si sono inventati gli olandesi, che mangiando solo pane e qualcosa a colazione e a pranzo, per la varietà hanno dovuto pensare out of the box e si sono inventati l’ hagelslag: che è identico alle codette di cioccolato con cui noi decoriamo le torte e anche se fingono sia al cioccolato è glucosio pure con dei colorini, dei saporini e delle merdoline tutte artificiali, di quelle che poi hai dei bambini di cui la maestra dice: ma questo bambino ha l’ ADHD. No, mangia di merda, ma starebbe benisismo lui e molto meglio voialtri che ci avete a che fare se non se la mangiasse questa roba. Che io tengo disperatamente fuori dai piedi ai miei da 10 anni e so io che fatica che mi costa. certo, se ,me li indottrinano a scuola.

Posso solo dire: meno male che non ci hanno messo qualche simil-imitazione di Nutella o mi incazzavo di brutto.

Ah, dimenticavo, gli danno il latte scremato. Che già il latte intero prodotto nella Eu, per via della legislazione e pastorizzazione eccetera non ha quasi nessun valore nutritivo, figurati quello scremato, che il solito amico che lavorava in Parmalat si raccomandava: mi raccomando se proprio vuoi il latte scremato o magro per motivi di dieta, comprati quello intero e diluiscitelo tu a casa con l’ acqua, che è molto più sano.

Questa è l’ educazione alimentare a scuola nei Paesi Bassi, un paese in cui, come sanno i medici del consultorio pediatrico a cui è arrivata la circolare del ministero, negli ultimi anni si registra un trend preoccupante di obesità infantile accoppiata a una carenza di grassi essenziali per la crescita. Questa situazione è dovuta a un consumo esagerato di zucchero e di prodotti light che i genitori comprano per se stessi e danno anche ai bambini, convinti di fare il loro bene.

Però questo progetto è sostenuto dalle potentissime lobby industriali alimentari e vuoi mettere? Ogni scuola contribuisce simbolicamente con € 0,25 a colazione che andranno a sostenere un paio di opere pie che sicuramente hanno il mio sostegno incondizionato. Che però preferirei non passasse per la diseducazione alimentare dei miei figli e tutta la merda che gli tocca.

Che dirvi, in quei 4 giorni noi continueremo a fare colazione a casa come sempre, sperando che così divori meno di quella roba a scuola. E vorrei tanto sapere che cosa gli racconteranno, a livello di quello che fa bene e che fa male. Io domani comunque a colazione discuterò con lui la newsletter e comincio a fargli controinformazione, ma sono sicura che se gli chiedo di elencarmi tra le cose che propongono quelle che non sono sane, la metà me li nomina già lui.

Perchè io sul cibo i figli è dalla nascita che li sto indottrinando.

Aggiornamento del mattino: mentre ci infiliamo le scarpe metto in mano a Orso la newsletter e gli dico: guarda, oggi a scuola mangiate questo. Lui la legge:

“La margarina, no, il formaggino spalmabile, neanche, la pasta di frutta non è sana…”

“Veramente è una delle cose più sane lì sopra”.

“E il latte io non lo bevo mai.”

“Ah, già, dillo al maestro che non lo bevi, a proposito, ti vuoi portare allora il te come ieri?”

Poi mentre in fretta e furia gli riempivo il thermos di te, si è fatto un panino di burro di arachidi e uva passa, una cosa che ho bannato per anni, ma negli ultimi mesi ha talmente ridotto quello che mangia nel pane che siamo rassegnati.

Questo blog partecipa al Blogstorming di Genitoricrescono.com sul tema: Educare a mangiare.

 

Shaken, not stirred: la cortina di fumo sulla sentenza dell’ Aquila (aridatece la Minetti)

foto di Carlo Arzelà

E il terzo giorno resuscitò. Carissimi, sono stati due giorni di passione e piccole morti, non solo io ma anche gli amici che ho sentito direttamente o di cui ho fiutato gli umori per social media e blog. Perché uno dei fenomeni strani, ma certamente non inspiegabili,  della mia vita è che ogni volta che riciccia qualcosa sull’ Aquila, ogni volta che si rialza la merda di cortine di fumo mediatiche, fraintendimenti deliberati, perché si, ci può stare, che viviamo in una valle di lacrime e siamo tutti deficienti, ma che nel giornalismo nostrano le percentuali di rincoglionimento raggiungano delle percentuali ignote in natura, eh no, un minimo dubbio di malafede, faciloneria e disposizioni dall’ alto ti viene.

E puntualmente questo si è riverificato in modi mai visti prima e noi abbiamo passato due giorni ad incazzarci, frustrati dal tentativo di far chiarezza sull’ assunto falso su cui si basava tutta la merda (!!!all’ Aquila hanno condannato la SCIENZA!!!, ma no, dai, siamo così insignificanti, anche volendo non ci saremmo riusciti, su, su, non ci sopravvalutate) e sconfortati dalle reazioni anche di persone che pensi di conoscere. So di amici che su facebook hanno fatto un repulisti, perchè c’ è un limite alle stronzate che puoi cercare di confutare. Io stessa a un certo punto mi sono permessa di scrivere a un perfetto sconosciuto dicendogli: capisco che la tua risposta sia in buonafede ma arriva al momento sbagliato, per carità, non insistiamo da Anna con questo perché non se ne può più.

Ieri quindi avevo iniziato uno dei miei pipponi viscerali, ma il maschio alfa ieri sera nella sua saggezza e distacco dalle passioni abruzzesi tutta batava mi ha detto: si, ma in fondo? E il suo fondo era giusto. E verso le 22 in effetti la marea è cambiata perché sono iniziati ad aumentare anche da parte italiana editoriali, blog e post che insistevano e riuscivano meglio di noialtri sfigati del cortiletto nostro ad ampliare il livello della discussione pacata. A costoro il mio grazie, ma l’ abbozzo di pippone che avevo in ballo ve lo dedico qui sotto, perché trovo importante tenermi certe cose come segnalibro.

Ricapitolando, come prima cosa partirei da una esternazione del capo della Protezione civile Gabrielli del 16 ottobre, in cui dice papale papale: quanto sono bravi gli emiliani davanti al terremoto, mica come gli aquilani. Una delle tipiche chiacchiere da bar portate su un palcoscenico che non gli compete, come ormai siamo abituati da anni noi italiani, perché la politica si fa parlando alle palle e non al cervello della gente.  Scusatemi se faccio il Nostradamus della situazione e vi dico che fin da subito a me non era piaciuta questa cosa e soprattutto non era sembrata una voce dal sen fuggita casuale, ma ci ho visto un intento, che sul momento dove ancora capire. Se sei un servitore dello stato e fai in pubblico una dichiarazione relativa al tuo incarico, in quel momento non parli tu, parla lo Stato.

Io tale dichiarazione più che incauta la vedo quindi propedeutica all’ annuncio di questa sentenza che condanna i membri della Commissione Grandi Rischi per omicidio colposo (cioè, l’ ha detta l’ attuale capo della protezione civile dopo che il suo predecessore, che ha blindato qualsiasi intervento e partecipazione dal basso ai progetti di ricostruzione dell’ Aquila e ha fatto danni innominabili aprendo la porta al malaffare e al crimine organizzato, e poi ha dovuto levarsi di torno perché beccato con le mani nelle mutande, oltre che nel sacco, poi uno dice che ciò la fissa del sesso mercenario). Che a me verrebbe da dire: con tutti i documenti, le perizie, le intercettazioni, le denunce e i casini provati pubblicamente sull’ operato dalla Protezione Civile all’ Aquila (e non dei volontari, sia ben chiaro, i volontari sono quelli che salvano il culo a tutti in questo paese) ancora stai a parlà? Eh, ma la cronaca ha la memoria breve.

Cosa ci dice esattamente la sentenza sull’ Aquila? Che ci mancherà la Minetti, almeno lei lo stipendione e il vitalizio lo prendeva dandola via come se piovesse, ma non ha mai fatto in modo che 309 persone morissero per aver ripetuto le stronzate che le dettava chi ce l’ ha messa, a prendere lo stipendio. E diciamocelo, il sesso obbligato per mancanza di prospettive e riconoscimento per le tue vere competenze (la donna è laureata e sa le lingue, e in più ha pure un mestiere, fa l’ igienista dentale) è una cosa tristissima, ma le cortine di fumo semantiche e mediatiche che si innalzano sull’ Aquila da prima del terremoto, manco sono da ridere. Il malaffare che ci è andato appresso, manco.

Cosa che la sentenza dell’ Aquila ha dimostrato in maniera inequivocabile di 6 scienziati. Che adesso vengono coperti dal solito fuoco serrato di stronzate mediatiche senza alcuna attinenza ai fatti in cui sono accusati. Mi ricordano le alzate di scudi corporativiste in cui tutto il fiore del giornalismo nostrano difendeva un indifendibile Sallusti dando addosso ai magistrati che firmano le sentenze, e adesso il fior fiore della scienza mondiale fa lo stesso.

Oh, ma che vi hanno fatto i giudici per dargli addosso a prescindere? E anche questo è un triste trend di casa nostra, per delegittimare la magistratura ogni scusa è buona.

Scusatemi, sono due giorni che più leggo articoli e discussioni e commenti, più mi incazzo. Che quello composto dall’italiano medio è un popolo di deficienti, passi, ce n’ eravamo accorti. Ma adesso pure quelli con ambizioni scientifiche si fanno attaccare al carretto mentre parlano di indipendenza del pensiero scientifico? Ma tutta questa scienza vi si ventila un pochino nel cervello quando aprite bocca? Ma lo avete capito almeno che il processo dell’ Aquila tutto è tranne un processo alla scienza? E che semmai invece è un processo alla mancanza di scientificità di certi scienziati in commissione? E che ci stavano quelli in commissione, per amor patrio o per la gloria, se non per lo stipendio? e che hanno fatto, gli scienziati o i passaparola di quello che ce li ha messi in commissione?

QUESTO, PORCA LA ZOZZA, È IL SUCCO DEL PROCESSO DELL’ AQUILA, NON LE PUTTANATE CHE RACCONTANO IN GIRO.

(Inspira, espira).

OK, fate fatica a credermi? Benissimo, io metto solo i link. Questo post è innanzitutto uno strumento di igiene mentale per me e quanti altri si sono scocciati di fare i distinguo. Non dico niente, non raccolgo i commenti, qui vi dimostro e non con parole mie, con i documenti e quelle degli altri, cosa sta succedendo e a che carretto vi state facendo attaccare tutti quanti se ci credete, sta qui. Chi capisce è il benvenuto, chi non capisce e reitera le falsità lo banno.

I processi che ci sono in ballo all’ Aquila in questo momento, di cui questo è uno solo, vanno tenuti in considerazione se si vuole capire la portata enorme che ha questa sentenza da un punto di vista simbolico. Perché vedete, non è che gli aquilani siano più pecoroni di chicchessia, è che le voci di critica e le proposte dei cittadini e i comitati civici e la democrazia (qui lo dice persino il ministro Barca) sono stati sistematicamente messi sotto e soffocati in questi anni.

Quando le sciure aquilane con il collier e i consorti con la cravatta sono andati a protestare pacificamente e civilmente a Roma, davanti a Montecitorio manco ce li hanno fatti arrivare, sono stati caricati e menati dalle forze dell’ ordine manco fossero gli ultrà con le spranghe o i black block. E ne hanno denunciati alcuni e si farà il processo, così la prossima volta che un cittadino vuole esercitare il suo diritto di protesta, ci pensa bene tre o quattro volte e resta a casa. Anche il movimento delle carriole, che era stata una ventata d’ aria fresca, è finito con denunce a tre per colpirne 200 ed è un peccato se penso che la prima domenica delle carriole era stata l’ occasione per rientrare in città di tanti sfollati che per scoramento non avevano ancora avuto il coraggio di farlo.

Questi processi vessatori si devono ancora fare e mi piacerebbe sapere che sentenza aspettarsi, quello ai costruttori che hanno fatto edifici non a norma si sono fatti o sono in corso (per rispondere a chi dice: ma perché i poveri scienziati e non i veri responsabili? Piano piano, un processo dura del tempo e la perizia sulla casa dello studente era di 1300 pagine, ci si arriverà. C’ è anche Bertolaso per omicidio colposo, in corso, abbiamo fiducia).

Guardate, persino il processo per stupro al militare presente per l’operazione di sicurezza all’ Aquila che ha massacrato e lasciato a dissanguarsi nella neve una studentessa di cui vi avevo parlato a febbraio, ha svolto questo ruolo simbolico. Perché davanti al tribunale c’ erano i presidi a sostegno della donna. E non perché la Zanardo ha invitato ad esserci.

Perché in questo momento all’ Aquila una sentenza che riesca a simbolizzare che si, esistono delle responsabilità individuali e non importa se ti copre il gran capo, o la divisa, un giudice se ha un’ accusa motivata bene e una difesa che non riesce ad arrampicarsi sugli specchi più di tanto, ecco, un giudice dimostra che a volte una giustizia umana esiste.

(Inspiro, espiro, pure voi se siete arrivati fin qui, un abbraccio virtuale, perché so che si fa fatica a leggere un condensato shakerato di anni di lutto e travasi di bile.)

Intanto ringrazio Helena Janeczek che manco mi conosce per aver linkato ieri pomeriggio questo post di Franco Buffoni che cita Vivian Lamarque: “Vogliateci bene, da vivi di più, da morti di meno, che tanto non lo sapremo”. Certe volte i corti circuiti serendipici trovano le parole migliori per spiegare quello che ti affanni a cercare, ricercare, documentare e ritrovare.

Vogliateci bene. I 309 morti sotto al crollo hanno avuto ricorrenze, funerali di Stato col cardinal Bertone e se ne leggono i nomi quando serve a noi. Loro non lo sapranno.

Tutti gli altri morti di lesioni, evacuati nel casino dell’ urgenza non attrezzata in anticipo, finiti negli ospedali delle province di Teramo, Rieti, Pescara, Chieti, Roma, ovunque li potessero portare. Quelli come Giulia Marini, paziente oncologica, evacuata d’ urgenza dal San Salvatore, presunto edificio ospedaliero moderno e  antisismico, peccato che il cemento lo facevano con la sabbia per speculare, infatti è crollato, e (dico sempre Giulia) sparita dai visori per una settimana perché nessuno sapeva dove l’ avessero evacuata. Mica solo lei. Tutti quelli morti per le lesioni del terremoto ma fuori provincia, mai entrati nelle statistiche, mai citati nelle ricorrenze, noti solo ai parenti, se li avevano e il resto ciccia. Ma loro non lo sapranno ed è meglio così.

I vivi, invece, ah i vivi. Vogliategli un pochino bene perché forse non se ne riescono a volere un pochino neanche loro stessi. Come Giustino, che ha sbagliato, dice lui, a dar retta alla commissione Grandi Rischi. Io no sono d’ accordo e vorrei abbracciarlo, ma non  posso, posso solo volergli bene, tanto lui non lo saprà.

Voglio bene anche a Massimo Giuliani, gliene voglio ancora di più quando scrive questo, perchè sospetto che da due giorni lui si stia facendo venire gli stessi travasi di bile che ho io. Ma non te ne accorgi, leggendo il modo pacato con cui fa il punto della situazione.:

“Per capirci: come se ai tempi della polemica sul metodo Di Bella, gli oncologi si fossero riuniti per far sapere al mondo che il cancro non esiste, e se pure fosse esistito non avrebbe colpito nessuno in quel momento, e dunque nicotina e grassi saturi per tutti.”

Voglio bene a quelli del comitato 3e32, che se non lo sapete si sono chiamati come l’ ora in cui è avvenuta quella scossa di trentotto secondi che ha buttato giù tutto. Perché qui stanno documentando e aggiornando e anche loro cercano di chiarire l’ equivoco su questa sentenza. Ma l’ equivoco non ci sta per caso, ecco perché  se avete letto i link forniti finora, un’ idea ve la sarete fatta, ma riassumo per chi non può o non ha tempo, perché il giorno prima della famigerata riunione della Commissione Grandi Rischi, il capo aveva dato precise indicazioni sullo scopo di detta riunione e sui risultati che dovevano uscirne fuori. Cosa riuscita benissimo in un’ ora. Un’ ora per fare il punto a una città di 100.000 abitanti allarmati e che volevano sapere che misure prendere.

Qui un’ intercettazione di Guido Bertolaso a Daniela Stati: ascoltate attentamente dal minuto 2.22:

Ve lo trascrivo che si fa prima, e poi i video da youtube si possono far cancellare (i grassetti sono miei):

[Bertolaso: …Decidete voi, a me non me ne frega niente… In modo che è più un’operazione mediatica, hai capito? Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti, diranno: è una situazione normale… sono fenomeni che si verificano… meglio che ci siano cento scosse di quattro scala Richter piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa quella che fa male… Hai capito? (…) Tu parla con De Bernardinis e decidete dove fare questa riunione domani, poi fatelo sapere (alla stampa, ndr) che ci sarà questa riunione. E che non è perché siamo spaventati e preoccupati, ma è perché vogliamo tranquillizzare la gente. E invece di parlare io e te… facciamo parlare i massimi scienziati nel campo della sismologia”. La Stati: “Va benissimo…”. ]

Che i terremoti non si potessero prevedere e che l’ evacuazione della città non fosse un’ opzione praticabile, con quello che si sapeva a quella vigilia di riunione, gli aquilani lo sapevano benissimo. Per questo gli servivano i capoccioni, per farsi dire con cognizione di causa cose di cui loro non erano esperti. Solo che i capoccioni lì erano al soldo di Bertolaso e hanno detto esattamente quello che descrive lui.

Ma gli scienziati, ah, gli scienziati.

Odifreddi inizia il post sulla sentenza dell’ Aquila dicendo:
“rei di non aver previsto e annunciato il terremoto dell’Aquila”. Quid non, nessuno avrebbe potuto processare e condannare chicchessia con una motivazione del genere. Allora tutto il resto del post è inutile perché basato su false premesse. Uno scienziato almeno questo lo dovrebbe sapere.

E in effetti dò ragione a chi trova che i condannati in fondo solo solo dei capri espiatori e questo però è verissimo e lo sanno anche gli aquilani, ci sono stati rapporti umani, pacche sulle spalle, parole di consolazione da accusa e difesa e imputati e parti civili. Perché in fondo gli aquilani hanno un sacco di difetti e i residui di feudalesimo di ossequio e affidarsi al potente di turno non è neanche il peggiore, ma è quello che a questo giro gli ha causato più danni, ma hanno questa cosa bellissima del noblesse oblige, come lo chiama mia mamma, come solo i feudali possono avere.

Per dire il giorno che dovevo far chiarezza di un’ asta esecutiva di una casa disabitata e semi diroccata di una novantenne pignorata da una banca a fronte di una situazione finanziaria del figlio defunto della novantenne, il mio primo istinto è stato quello di andarmi a far spiegare le cose dall’ avvocato della banca che ha esordito dicendo: “signora, è stata una cattiveria inutile ma la banca per legge quel passo doveva farlo. Adesso vediamo insieme come sistemarlo” e l’ abbiamo sistemato. Con l’ aiuto dell’ avvocato della controparte.

Ecco, questi sono gli aquilani che conosco io. Non sono più stronzi degli altri, non odiano la scienza, hanno in casa i loro scienziati e un’ università e fuori porta i laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso.

Tutta questa storia del processo alla scienza è un argomento finto per spostare la discussione lontano da quello vero come dice benissimo Wittgenstein qui. 

Insomma, la chiudo qui che mi sono stufata da sola, ma per eventuali riferimenti, link e aggiornamenti, per fortuna ci pensano anche loro.

Siamo quello che mangiamo: Spätzle di spinaci

I figli sono partiti e finalmente con maschio alfa ci possiamo godere un po’ di cibo per adulti. Quello con i pezzetti sospetti, con gli ingredienti proibiti, con il peperoncino e con gli esperimenti. Allora ritrovandomi una busta di spinaci in frigo mi sono messa a gugolare: ricette con spinaci e dove ho visto Giallo Zafferano, ho capito che non dovevo cercare oltre perché le ricette di questo sito sono una garanzia, e ho trovato questa.

Gli Spätzle me li ha fatti conoscere la mia amica Vic che ha studiato tedesco e si era comprata l’ attrezzino per farlo, per cui sono sempre rimasti legati nella mia memoria gusto-olfattiva a lei e ai nostri anni da studentesse all’ Aquila. Nel frattempo mi sono ricordata che Betta mi ha regalato il ferro per i passatelli e secondo me va bene anche quello.

Solo che. Solo, che. Io di mestiere (uno dei tanti, ma mestiere è) le ricette le scrivo e mi basta leggerne una per capire che sapore potrebbe avere. E inoltre ho quella che, come si dice così bene in inglese, potremmo definire una attitude. Cioè, io le cose le devo per forza cambiare a modo mio, sono una donna di principi.

E i miei principi sostengono che lessare gli spinaci è un delitto contro la terra. Li distruggi, ti perdi nell’ acqua di cottura un mucchio di robe buone e ti rimane una cacchina verdastra da far raffreddare, strizzare e sminuzzare? E poi nella ricetta mi dici che all’ impasto va aggiunto un decilitro di acqua fredda? Lo spinacio se proprio gli devi fare la cattiveria di cuocertelo (l’ alternativa era un’ insalata di spinaci, noci e fiocchi al latte, ma io non amo particolarmente le insalate e poi è autunno e ci voleva una cosina calda e fondente) va scaldato appena, con dolcezza, specie quello fragile in busta che già è una cosetta patita di suo, ma dopo l’ ultima intasatura di lavandino per lavare bene lo spinacio ruspante, a questo giro stiamo sistemando casa, consegnando un libro e preparando due eventi, va bene la busta, credetemi. Per dire, dopo 4 anni abbiamo persino appeso la luce fuori dalla porta, così vedo come infilare la chiave.

Poi l’ altro mio principio è che in cucina bisogna evitare i lavori inutili. E infine, che non bisogna tagliuzzare prima quello che devi ridurre in purè dopo, basta un buon minipimer.

Ecco allora cosa è diventata in mano a me la ricetta, il dio degli  Spätzle mi perdoni.

-3 uova piccole biologiche

– 60 gr. di parmigiano grattugiato perché i primi Spätzle  che ho mangiato nella vita erano al formaggio e i ricordi vanno tesoreggiati, specie quelli gusto-olfattivi. E poi è inutile aggiungere il sale se puoi aggiungere il parmigiano

– 450 gr di spinaci in busta lavati e appassiti 5 minuti in una padella con olio e uno spicchio d’ aglio perché i figli sono partiti, siamo in piena profilassi da pidocchi e l’ aglio li tiene alla larga intanto che per una settimana metto in buste chiuse tutti i cuscini e i peluche. Che se così fossero infestati, in mancanza di cibo dopo due giorni muoiono. Ma anche così la mia amica Marta giura che mangiar aglio li tiene naturalmente lontani e noi ci vogliamo credere, e ci profiliamo mangiando

– la noce moscata era finita ma avevo il chiodo di garofano in polvere e noi siamo di bocca buona.

Tutti questi ingredienti, compresa l’ acqua di cottura degli spinaci, vanno minipimerizzati in una ciotola. Poi si aggiungono:

– 250 gr. di farina e si mescola con la bellissima spatola di Le Creuset, che se mi pagasse la pubblicità con una delle cocotte in ghisa, quella turchese per favore, ma mi sa che la fanno solo quadrata e mi accontento, ma non lo faranno mai quindi se qualcuno vuole farmi un regalo di compleanno, adesso lo sapete. Va bene anche il verde chiaro di Le Creuset.

Poi una volta mescolato, e se volete, fatelo pure riposare un pochino, passate il composto un po’ alla volta nell’ attrezzo per gli “spazzoli”, quello dei passatelli o semplicemente il passaverdura con i buchi più larghi (che alla fine ho usato quello, visto che dei passatelli mi si è pero il tondino con i buchi da inserire nella pressa), facendolo cadere in una pentola sottostante di acqua salata e bollete. Quando tornano a galla tirar fuori con lo scolapasta piccolo, far sgocciolare, mettere in ciotola e condire strato su strato con un filo di panna e una spruzzatina di parmigiano e una manciatina di noci sminuzzate. Poi sgoccioli bene lo strato successivo e ripeti.

Per completare  il condimento: io mi sono appena croccantizzata nel microonde della pancetta biologica a cubetti che va finita con discrezione,  maschio alfa non mangia carne e se li prende così. Ci sono piaciuti talmente tanto come piatto unico, che abbiamo deciso che senza le noci, peccarità, si possono rifare anche per i bambini.

Ma che se magneno l’ olandesi?

La foto è presa da http://www.holland.com/us/tourism/article/Dutch-Cuisine.htm

Un commento di qualche giorno fa sul trauma di una serie di cene europee di un gruppo di lavoro, che quando è toccato agli olandesi offrire, questi hanno scodellato aringhe crude marinate e patate lesse, e proprio ci godevano, mentre gli altri guardavano esterrefatti, deve avermi influenzata per vie subliminali.

Sarà per questo che il mio contributo al tema del mese sull’ alimentazione di Genitori Crescono gira intorno alle abitudini alimentari della famiglia media olandese e allo svezzamento dei bambini. Le madri italo olandesi che l’ hanno letto ci si sono riconosciute tutte (eh, siamo tanto in cerca di riconoscimenti, noi madri).

Gli olandesi in genere distinguono tra pasto di pane e pasto cucinato. A colazione e pranzo si mangiano panini, con al massimo una busta, in genere in bustina, come complemento e l’ immancabile bicchiere di latte freddo o latte fermentato. Se andate a un congresso e vi prospettano un pranzo, andate tranquilli se vi ritrovate davanti panini multicolori con 18 ingredienti misteriosi e salse varie e una brocca di latte andato a male. Non è andato a male. è fermentato. Più di un incoming si è rovinato i clienti italiani sulla voce in preventivo: pranzo de luxe. De luxe significa che hai 5 tipi di pane di cui 4 con semini diversi sopra. E un ciocccolatino e biscottini con il caffè. Lungo, in termos che così non si fredda intanto che mangi.

Poi che una si dà al sushi, che adesso sta invadendo anche il settore fast-food che prima era riservato ai cinesi.

Si cena alle 18, magari con prima un borrel, ovvero bevi vino o birra o un succo di frutta con blocchetti di formaggio, spalmini vari su cracker e cosette del genere. Un aperitivo, diciamo. La cena consiste in un antipasto che può essere una tazza di brodo o una minestra vellutata, un piatto forte che consiste nel toccone di proteina con salsa sopra con accanto una o due verdure possibilmente lessate, al vapore o come vi pare purchè sciape, eventualmente arricchite anch’ esse da megastrato di formaggio gratinato o salsa, e poi l’ immancabile patata in tutte le versioni come mappazza di carboidrato. Pane no, che ce lo siamo già abbondantemente mangiato negli altri pasti. Se lo ordini lo paghi come una verdura e in genere fa schifo.

Ma questa è già la cena deluxe, quella semplice può essere uno stamppot (cuoci patate e una verdura o anche due insieme, scoli e con un pestello apposta ammappi tutto fino ad avere un purè garnì, sopra o accanto a cui metti una bistecca, stufato, salsiccione affumicato o Veggy-burger alla soja.

O i pannekoeken, che sono delle crespellone spesse guarnite con qualcosa, pancetta, formaggio, mela, zucchero a velo o sciroppo denso di mele caramellate. Che come riferisce una mia conoscente italiana, sua figlia quando è andata a dormire dall’ amichetta e per cena gli hanno dato questi, che per lei erano una merenda, a un certo punto ha chiesto: si, ma quando ceniamo?

Il dessert invece non manca mai. Ovvio che come reazione ai cibi sempre più pronti, sempre più elaborati, sempre più facili, sempre più  importati, un mucchio di gente si rifugia sul biologico, ma alla fine la pappa quella è. Per questo hanno un successo enorme le cucine straniere e infatti il ristorante cinese-indonesiano, retaggio delle ex-colonie, è la forma migliore di cucina tradizionale olandese. Ogni famiglia ha la ricetta del suo bami.

Il peggio lo si raggiunge negli Snack-bar, vogliatevi bene ed evitateli come la peste. Sono friggitorie dove ti spacciano tutta roba mega-industriale e surgelata, fritta al momento in grassi di dubbia provenienza.

Penso molte cose di averle dette lì, qui posso solo aggiungere una piccola lista dei miei cibi olandesi preferiti, perché io non condivido la filosofia olandese nei confronti del cibo, ma quello che è buono è buono, peccato loro per primi se lo perdono per strada:

– l’ ertwensoep con cui maschio alfa mi ha sedotta nel lontano 1991 (“Pensavo di i

nvitarti domenica a casa mia, così ti cucino un piatto tipico olandese” fece lui. “Ma allora gli piaccio” pensai io. Stiamo ancora insieme e abbiamo fatto due figli, se qualcuno si dovesse interrogare sul valore erotico della ertwensoep nelle fredde sere d’ inverno.) La potete mangiare semplicemente e senza rogne alle caffetterie dei magazzini HEMA, oppure comprarla pronta da scaldare e mangiare a casa. Oppure ve la potete fare con la ricetta di Marina.

– Il salsiccione affumicato di detta Hema, che si mangia in un panino o mezzo in un sacchetto, con o senza senape.

-Il Moksi Meti dei ristoranti cinesi di Amsterdam, la versione popolare sui 5-6 euro, che ci fai pranzo e vai. Il mio preferito lo trovate all’ Albina in Albert Cuypstraat, il lato dove non c’ è il mercato, quasi all’ angolo con la Frans Halsstraat, ma è un piatto che hanno tutte le trattorie con asporto. Salsiccione a fettine, pancetta di maiale croccate, anatra alle spezie e/ e pollo, su un lettino di biete e riso in bianco. Rigorosamente con riso in bianco, non quello condito o i vermicelli.

– L’ insalata di radicchio belga di mio suocero, su cui avevo scritto un racconto con ricetta e che vi ho pubblicato qui.

– I dolci, decisamente no. L’ unica cosa che a volte mi causa attacchi di bulimia, ma sto imparando a resistergli, sono i bastoncini e i cuscinetti alla cannella, fanno parte delle caramelle old-fashioned che ultimamente ricicciano in giro. Il tom pouce (trovate all’ Hema o al Bijnekorf anche quello) che assomiglia a un diplomatico, la pasta con due strati di sfoglia e un ripieno alla crema, fondamentalmente è la versione povera e industriale della kremowka polacca e quindi lo mangiavo per disperazione, ma devo dire che da quando ho tagliato lo zucchero nel caffè riesco a resistere meglio ai glucosi inutili, spero duri.

Non è una lista esaustiva, ma se cucinato bene qualunque piatto della tradizione olandese a me piace moltissimo, con mia suocera che si supera con l’ hazenpeper, uno stufato molto speziato che si fa spesso a Natale e che lei reinterpreta con carni anche diverse dalla lepre, con i loro sformati di patate e verdure al forno.

Il mio problema con la cucina olandese è che complice la natura sparagnina, la grande distribuzione che con le guerre dei supermercati ha promosso la caduta dei prezzi, una serie di importanti libri di cucina tipo la nostra Ada Boni e di corsi di economia domestica che per insegnare alle figlie del popolo a cucinare in modo economico ma sano, e con l’ errore di valutazione che le figlie del popolo non potevano seguire corsi di cucina, invece di elevare i poveri hanno abbattuto il gusto della classe media, che invece le figlie ce le mandava, ecco, gli olandesi si sono persi molto per strada i valori del cibo. Non è che non abbiano papille, le cose buone le capiscono, ma gliele devi dar gratis o con i soldi ci fanno dell’ altro.

I loro valori alimentari sono comodità, rapidità e confezione decorativa, se non sa di niente o viene solo dai sacchetti, ma che problema c’ è, quello che non strozza ingrassa. E anche nei ristoranti premiano l’ arredamento e l’ ambiente alla qualità del cibo. per questo, se siete ad Amsterdam date retta a me, andate a mangiare all’ HEMA. La qualità è la stessa di un qualsiasi ristorante medio, ma almeno pagate per quello che vale.

Concludo citando Johannes van Dam, il maggior recensore culinario dei paesi Bassi, l’ uomo che fa e disfa i ristoranti e che una volta scrisse:

Mangiamo merda, purché abbia il fiocchetto sopra.

Meglio di così io non avrei potuto dirlo.

Shaken, not stirred: la presa per culo del glamour cancer

Tra sfighe varie e personali, che forse racconterò in un post più informato e articolato sulla sanità nei Paesi Bassi, non mi è sfuggito che è il mese dei nastrini rosa. La più grossa presa per il culo del mondo, come dice molto bene Karin Spaink in questo post, in olandese, ma di cui vi riassumo il succo: è ampiamente dimostrato che i proventi del nastro rosa servono soprattutto al nastro rosa, ai galà, alle pubblicità e alle stronzate. Se volete fare qualcosa di utile per la ricerca, fate un versamento alla ricerca: per far prima qui cito la Spora, che vi ho linkato sott:

Aiutare la ricerca

Se volete dare e basta, potete sganciare direttamente un bel diecino o più se affinità all’AIRCAssociazione Italiana per la Ricerca sul Cancro o alla Fondazione Umberto Veronesi. Io preferisco dare direttamente alla ricerca e non via associazioni bla bla. Ognuno fa come gli pare: BASTA CHE SGANCIATE.

[Nota: ho tolto la Fondazione Veronesi che me l’ avete criticata nei commenti, e come dicevo, io non ho controllato, poi ce l’ ho rimessa su indicazione di Stefafra, che conosco virtualmente e di cui mi fido molto soprattutto per questioni legate alla ricerca, vi riporto anche il link che lei indica nei commenti:

Vi passo il link ai progetti (tra cui tante borse di studio per giovani ricercatori, di cui c’é bisogno come il pane)
http://www.fondazioneveronesi.it/i-nostri-progetti/

]

Il giorno che vi ritrovate dentro il sarcofago della TAC e non lo auguro manco al mio peggior nemico, ma se vi succede lo sapete a cosa si pensa mentre si piange in silenzio per non sballare l’esame? Si pensa: “Cazzo, speriamo abbiano trovato una cura. Cazzo speriamo che me la cavo”.

Perché sto così nera con i nastri rosa? Perché io sono dei gemelli e a volte mi frega il senso estetico, ma a volte lo stesso senso estetico mi salva dal fare stronzate che poi mi rimprovererei. Ovvero, a me il rosa fa schifo a prescindere (tranne due divani rivestiti di velluto visti ieri all’ Ikea nell’ angolo degli sconti, ma questo non c’ entra) e inoltre sono una filistea, quindi tutte queste azioni di Pink Ribbon: ed è il mese del cancro al seno e se non ti compri l’ aspirapolvere rosa, la pentola rosa, il vibratore rosa, la torta rosa, il diavolo che ti si pigli, ma rosa anche quello, pare che non sei degna di appartenere al consesso umano, beh, io le salto a piedi pari.

Anche perché avendocele purtroppo avuto le amiche e le conoscenti e anche la vicina, adesso, povera, che non la vedo e non la sento da un pezzo e la chiamo stasera, magari stanno ancora nella casetta in campagna, a me girano i coglioni potentemente su questi tentativi di sfruttare il senso di colpa e di scaramanzia di tante donne per tirar su soldi. Insomma, comprarsi una puttanata purché rosa, ad ottobre, è diventato l’ equivalente femminile e politically correct della sana toccata di coglioni riservata ai maschi, poi uno dice la discriminazione di genere.

Invece io sarei molto più contenta se tutto questo sforzo comunicativo fosse usato per aiutare tante donne scaramantiche a farlo questo passetto razionale in un mare di paure profonde e comprensibilissime e condivisibilissime, e farsi controllare (disse quella che distratta da altre sfighe è una settimana che cià in casa la lettera per il richiamo al pap-test dello screening nazionale, ma ancora non trova un minuto per chiamare il proprio medico e prendere un appuntamento. Lo farò).

Allora Pink Ribbon è una presa per il culo, siamo tutte grandi ed adulte, facciamocene una ragione, boicottiamoli e sfanculiamoli. Estee Lauder sta guadagnando un mucchio con questa storia e racconta la mezza messa e non dice mai quanto utile le entri con questa partecipazione e quanto ne riservi davvero alla ricerca sul tumore al seno. Nei paesi dove questi calcoli sono stati fatti, ma pubblicizzati molto meno del resto, i dati non mentono. Insomma, comprarsi una puttanata rosa con la scusa del cancro al seno serve soprattutto alle aziende produttrici, che incassano un sacco e fanno pure le sensibili, belle loro. Meglio di un calcio in culo, se quel prodotto ve lo sareste comprato comunque, ma facciamolo con cognizione di causa.

A tutte le mie amiche che su facebook ogni anno partecipano a cose del tipo: “diamo un segnale come lo scorso anno, metti in bacheca la foto di un pitale per dimostrare che tu ci tieni profondamente a combattere il cancro al seno”, o robe del genere,  ogni volta vorrei dire: care, siamo grandi e ci vogliamo bene e il clic compulsivo è una cosa di cui soffriamo tutte quante, ma smettetela o vi banno, no, in genere mi faccio i fatti miei per pura mancanza di tempo. Ve lo dico qui, guardate.

E allora ringrazio la Spora per aver detto chiaramente quello che pensavo ma finora non avevo il tempo di scrivere. Leggetevelo da lei che ci sono pure le foto. Ma credete veramente che si possa rendere glamour una cosa come il cancro, al seno o dovunque altro che non merita un nastrino apposito tutto per lui, credete veramente che sbattendo in foto un paio di belle tette rifatte stiamo veramente facendo qualcosa di utile per chi è malato? Ma mettendo in giro questo messaggio di bellezza trionfante contro la sfiga, oh, tutte che superano la malattia perché loro si che sono fighe, stiamo facendo giustizia a donne che si gonfiamo, che perdono i capelli, che vengono messe in menopausa artificiale, che vivono da un controllo all’ altro senza poter fare piani. Che stanno tanto pesantemente sotto medicine che gli cambia anche l’ umore, e la libido si scordano cosa sia, con gran gioia della loro vita di coppia, se ce l’ hanno?

“Dopo cinque anni ho deciso per l’ estate di sospendere tutto, non mi ricordavo più dove comincio io e dove cominciano le medicine” mi disse un’ amica un paio di anni fa. Che è una lottatrice tremenda e di sfighe nella vita ne ha avuto ben altre, ma questa le ha dato la botta.

Ti cambia l’ umore e il carattere, ma oh quanto siamo belle, oh quanto siamo fighe, abbiamo sconfitto il cancro, abbiamo le tette di marmo e se tu non ci riesci sei una povera sfigata che si merita di morire, tiè. Ma qualcuno le cicatrici dopo l’ intervento le ha mai viste? Andate al link di Spora, andate.

Io tutto questo lo trovo criminale, questo messaggio tanto new age che noi siamo gli eletti, noi abbiamo capito tutto nella vita, noi ci diamo alla spiritualità e seguiamo il messaggio cosmico e ci curiamo con le centrifughe e la cartilagine di squalo perché la medicina ufficiale è brutta e cattiva, e voialtri, se schiattate, è colpa vostra che non ci avete creduto abbastanza. Perché quando stai male e hai paura di morire e non sai a chi devi credere, a cosa affidarti, come uscirne, e se hai famiglia, bambini che vorresti veder crescere e non sai se non ci riesci, a volte sei così fragile che crederesti a tutto.

Poi mi vado a leggere come sta andando con Widepeak, una persona da cui sto imparando moltissimo, specie a misurare la mia vigliaccheria, visto che so di non poterci andare troppo spesso a trovarla e niente, mi ridimensiono.

Allora io domani mentre telefono per farmi portare a casa la sedia a rotelle a noleggio che ci servirà per il mio piccolo sciancato sofferente nelle prossime settimane, io mi ricorderò di chiamare il mio medico e prenderlo questo appuntamento. E se volete un consiglio anche voi, fate quello che vi pare con i vostri screening, ma non regalate soldi a questi stronzi. Regalateli alla ricerca seria.

Il moto di fede del 1 dicembre e la poesia post-industriale

Quando stavamo per entrare in uno dei tanti capannoni, vicino alla porta c’ era questo. Era un segno.

Sono un po’ moscia ultimamente sul blog. In parte sono esausta perché mi sono buttata anema e core in un progetto bellissimo che però finora era in fase di progettazione, appunto, e non era il caso di parlarne fino a che non avevamo certi contratti in mano. E a me tenermi le cose dentro mi ammoscia, appunto. Ma adesso un paio di cose ve le posso dire.Se mi date un posto così, come quello qui sotto, io ci vedo un sacco di cose. ma se vi manca il moto di fede che ci metto io, per vederle, vi suggerisco di andarvi a rivedere questo post del 30 aprile, quando in questa stessa zona c’ era la festa. così lo vedete addobbato a festa e mi capirete meglio. E questo è uno dei problemi nel farvi vedere quest’ anteprima, che poi vi fate magari le idee sbagliate.

Si tratta dei capannoni degli ex cantieri navali a NDSM-werf, un posto a nord-over di Amsterdam, sul porto e ci si arriva in traghetto, gratis, dalla stazione, in 15 minuti. Che è una bella crocierina, se lo chiedete a me che l’ ho fatta di giorno, di notte, con il sole, la pioggia, il meglio è la nebbia e una volta con il gelo profondo alle 3 di notte, in cui ho preso il traghetto sbagliato e poi da lì me la sono fatta in bicicletta lungo le zone artigianali e industriali e sopra navigli ghiacciati per tornare a casa.

Perchè io abito ad Amsterdam Nord, ovvero oltracqua, ma un oltracqua che da un lato si conosce poco e dall’ altro adesso stanno facendo di tutto per farlo conoscere. Per esempio, ci hanno messo il FilmMuseum in questo bellissimo edificio di cui qui sopra vi regalo solo un dettaglio strafico. (Ma no, scherzo, eccovelo qui:

E poi, se amate l’ archeologia industriale, ci sono dei gran bei locali e ristoranti nei vecchi capannoni, come questo qui, dove abbiamo fatto la cena dei 150 anni (tre amiche che quest’ estate in totale facevano 150 anni):

Che uno si dice: guarda che bello il pavimento marezzato in cemento verniciato, guarda che belli gli arredi fighi fatti con i pallet e le bobine dei cavi.

E con i soci ce ne siamo andati quindi a cercare posti di questo tipo, ovviamente da prendere nudi e crudi e poi sistemarli. Ma che ci posso fare se mi fate vedere una cosa del genere e io mi immagino subito Agnese con i suoi vestitini retro-hip e la postazione da DJ lì sopra?

Che ci posso fare, insomma, se a me mi frega l’ eccesso di immaginazione? Che nel frattempo e con il lavoro che faccio e i blog che bloggo io conosco un puttanaio di gente? Che non per nulla quanto prima mi faccio un biglietto da visita con su scritto: catalizzatore e acceleratore di particelle? Perchè, come ha ammesso persino mia madre a maggio, io non faccio niente, è che intorno a me e alle mie idee sic reano dei vortici cosmici su cui ho poco controllo e mi manca il carattere per girarci alla larga, a volte. Insomma, sono moscia ed esausta, ma circola così tanta energia ed entusiasmo che ancora non accendo i termosifoni, anche se ce ne sarebbe un gran bisogno.

E allora comincio con i ringraziamenti: grazie per avermi creduto, per avermi detto che è un’ idea geniale per avermi detto che ci mettete il nome, la faccia, l’ azienda e il prodotto. Grazie ai conoscenti, ai blogger, alle aziende, ai magazine. Agli artisti, ai produttori, al web-designer. Grazie agli amici che mi vedono poco, ma che sanno di cosa sono capace. Grazie al maschio alfa per esserci e sostenermi anche se lui è più esausto di me, grazie per non avermi chiesto di non farlo, anche se ho finto io di prometterglielo, ma sapevamo che non era possibile fermarsi. Grazie al Municipio di Amsterdam Noord che ci crede, ma che ha i suoi tempi tecnici e ci seguirà a giugno, nella versione estiva, ma per adesso a noi serviva un kick-off e ce lo facciamo da noi.

Il primo dicembre ad Amsterdam parte, e col botto, questo:

Il sito arriverà, lo spazio lo arrederemo, ma a me manca troppo un posto in cui entri, c’ è musica, c’ è il vino buono e l’ olio meglio, c’ è Antonella che sta a cucinare da tre giorni e sforna a getto continuo finger food e cosine buone e la pasta a mano come solo lei sa fare e sa far fare a chi entra e decide di annodarsi un grembiule ed aiutarla, così imparano i trucchi. Grazie a Tina che mi conosce da quando entrambe abbiamo la ditta ad Amsterdam e ci vediamo meno di quanto vorremmo, ma lavorare insieme ci piace e ci piace rimbalzarci le idee.  Grazie a Hans e Sandra, che due mesi fa non mi conoscevano e a Luisa, che ci ha fatti conoscere, e alla festa del 2 giugno, in cui ho conosciuto Luisa ma da anni non ci conoscevamo ma ci sapevamo, come dicono all’ Aquila. Grazie a Pierluigi, che è venuto una volta per una traduzione, si è ritrovato nella bolgia infernale che è casa mia al pomeriggio con i figli e i lavori in corso, e mi sta mettendo in contatto con aziende me-ra-vi-glio-se. Grazie a Michela e a Costanza che verranno a tenere la Dispensa e l’ Atelier di Moda e gioielli. Grazie a Carla, che mi porta il coro. Ad Agnese e Laura che ci faranno ballare. A Veronica, che potrebbe venire a farci camminare sui tacchi. A Barbara e Nicola che credono in Amsterdam e hanno creduto in me per la proprietà transitiva. Grazie a un’ altra quarantina di persone, tra cui i più importanti sono i miei fratelli e sorelle di sempre, Roberto, Sebastiano, Silvia, Marina, Stefano, e Daniela che poi ha preso un’ altra strada ma tutte le nostre strade si incrociano.

Grazie ad Andrea Bocelli e alla Bertolli e alla pizza, al mandolino e all’ ammore e cuore, che a furia di dare la solita immagine da cartolina neorealista dell’ Italia all’ estero mi hanno lasciato lo spazio di portare una cosa che evidentemente mancava a tutti: l’ Italia delle eccellenze agroalimentari, l’ Italia che innova, che si ISO-certifica, l’ Italia delle imprese che vanno sempre avanti senza mai cadere o ripensarci anche quando hanno tutto contro, l’ Italia del Mater-Bi e dei piattini di design biodegradabili, l’ Italia che crea, l’Italia che innova, l’ Italia che va fuori e che non si dimentica mai chi è e da dove viene e tutti gli olandesi che hanno sempre avuto bisogno anche di quest’ Italia, meglio se dietro casa, ma che finora non lo sapevano.

Adesso glielo facciamo sapere noi.

(Poi, se qualcuno volesse propormi per un cavalierato, contattate tranquillamente l’ Ambasciata o il consolato, che loro sanno come funziona).

Per adesso, segnatevi la data del 1 dicembre e tenetevela libera, dalle 16 alle 23. Compratevi il prossimo Italie Magazine ai primi di novembre per sapere cosa bolle in pentola. Fatevi piacere questa pagina qui su facebook dove già ci sono un paio di cose e dove ne posterò altre mano a mano che succedono e me le confermano. E se vi vengono altre idee, sappiate che quest’ estate facciamo pure la festa del sole a Noorderpark. E l’ anno prossimo, dopo Amsterdam da Gustare, parte anche Berlino da gustare. E oltre.

Per adesso, se qualcuno passando vuole venire a portarmi un ovetto sbattuto, ce n’ è un gran bisogno. E posso dire l’ ultima cosa di questa mia ode di amore feroce per il mio paese? Se restavo in Italia, col cavolo che ci sarei arrivata a farla una cosa del genere. Ma posso ancora cambiare idea.

Dutch Design e li cillitt’

rammelaar

Non so se ci avete mai fatto caso, ma qui in NL da un paio d’ anni il passero solitario ci fa un cinguettìo. Ovunque ti giri il pennuto come elemento decorativo emerge in tutto il suo splendore. Avrei potuto fornirvi migliaia di esempi, comprese tutte le casette per gli uccellini variamente decorate che siv edono in ogni rivista di moda, ma vi bastino questi tre esempi, i primi due del designer Tord Boontje, che so ha un gran seguito anche in Italia e il terzo dell’ Hema, campione del design nazional-popolare. che poi lo so che è tutta colpa di Boontje, ogni volta che c’ è qualcosa di azzeccato tutti a copiare.

Mi astengo da tentativi di interpretazione, è domenica, i maschi sono in piscina dopo un risveglio traumatico, e io mi rifaccio un pisolo prima di accollarmi i figli per il turno pomeridiano. Cullata dal cinguettìo degli uccellini qui fuori.

Mi mandate anche voi le vostre foto passerottose?

Lady Madonna e i ricordi di gioventù

Sleeping Pugsley

Prima timidamente, con un paio di workshop del sabato, ho ricominciato a cantare, e mi sono messa a farlo con Kim Sutherland, una ragazza deliziosa, siamo quasi coetanee ma lei nasce in una famiglia di cantanti e ha passato la vita a lavorare sulla voce, io ci rientro a tratti nel lavoro vocale, e poi mi distraggo con dell’ altro. Diciamo che l’ ultima volta che ho fatto qualcosa in pubblico era inizio 2004 e io ero incintissima di Orso, che ti vuoi cantare, ce l’ avevo tutto contro il diaframma che si divincolava e calciava, quando non cantavo.

Poi ad agosto, prima che rientrassi dalle vacanze, Kim manda su Facebook l’ annuncio di questo coro del mercoledì sera, otto settimane e concerto per gli ospiti di una casa di riposo, che noi nel sociale non ci facciamo mancare nulla. Questa delle case di riposo che mettono a disposizione di cori, ensemble e artistoidi vari il teatro interno si usa molto ad Amsterdam e spesso, sempre da loro, è possibile affittare a prezzi amichevoli una saletta per le prove.

Insomma, mi iscrivo al volo e adesso il mercoledì canto due ore in una classetta molto brava e convinta e mi fa un gran bene. Kim continua a dire che ho una bellissima voce e di non dar retta a chi mi dice di lasciar perdere, io non sono assolutamente in grado di sentirmi o valutarmi, ma mi piace moltissimo lavorare con lei, in uno studio accogliente in Tussen de Bogen. Con il the, i biscottini e Puglsey che ronfa nel suo centino.

Solo che le ultime due settimane ho corso tanto che ero esausta. Mercoledì scorso mi sono ricordata alle 20 che alle 19.30 cominciava la lezione ed ero già stramazzata a letto. Ieri ero in fiera. Allora ho recuperato oggi con un’ oretta in un altro gruppo e mi sono portata dietro Ennio che avevo appena recuperato da un amico. La mia segreta speranza è che vedendo che anche i grandi hanno un coro, magari con il repertorio più interessante del coro dei bambini, che ne so, gli torna voglia di cantare. A me piacerebbe moltissimo fare lezione con uno di loro, la cosa vale anche per Orso (entrambi in un gruppo di adulti no, o è un disastro). Se avessi i soldi prenderei volentieri lezioni private tutti e tre. O quattro.

Insomma, adesso abbiamo imparato le due voci di Santa Lucia, lui si è ingozzato di biscotti e poi si è stufato (ovviamente, ha passato il pomeriggio a dar calci a un pallone).

A un certo punto ci mettono in mano il testo di Lady Madonna. Ah, già, il titolo di quella canzone famosa. Cantiamo la parte dei mezzo. Io ho il difettaccio che se non ho lo spartito non riesco assolutamente a ricordarmi una canzone che non conosco alla prima botta e neanche alla seconda, sono sempre incerta. E questa non la conoscevo, non mi diceva niente. Poi agli uomini dà la melodia più bassa. E poi mi fa:

“Barbara, il soprano fallo tu” e me lo accenna al piano.

E improvvisamente mi sono ricordata che io la melodia del soprano di Lady Madonna me la ricordo benissimo. Era il motivetto di un mio videogioco preferito quando ero ragazzina. ora mi ci vorrebbe TopGun per ricordarmi che videogame era.

Poi che mi dicevano che a stare in sala giochi perdevo tempo e soldi. Tutto torna utile e del videogame, come del maiale, non si butta via niente. Allora forse Ennio e orso non hanno tutti i torti se rifiutano di andare al coro per passare i pomeriggi con le musichette di MineCraft. (Sul mio cadavere, che glielo compro. Questa settimana, anzi, li ho messi a dieta da computer).

 

Vizio di famiglia

Che effetto ti fa riprendere un copione in mano 6-7 anni dopo, con il cast dimezzato, le scenografie essenziali, tutti con quei 6-7 kg in più e anche i costumi vanno rifatti. E pure ripensati.

Però quando un testo è bello, quando la lingua di quel testo è tutta pesata, calibrata, centellinata, ecco, allora ti riprendi il testo e ci metti pure molto più tempo di quello che pensavi, perché è  passato tanto tempo e riscopri tutto come la prima volta.

Domani apriamo la settimana delle lingua italiana con questo pezzo di Edoardo Erba, Vizio di famiglia, forse il più borghese dei nostri drammi, ma assolutamente intrigante e surreale. Erba che è un autore fantastico, infatti avevamo fatto un altro suo pezzo, nel 2009.

io canto, ve lo dico subito. I posti erano limitati, quindi provate a chiamare prima o a risparmiarvi la fatica. Alle 20, Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam, Keizersgracht 564.

 

 

Un altro negozio caruccio di inutilità varie

Questo è un negozio caruccio sul Prinsengracht di cui mi piace un sacco il nome, che tradotto sarebbe Signorina Scheggia. Se ci capitate fatevi un giretto (ma attenti alle schegge).

Vende mobili, servizi, cosette curiose, nuove, con l’ aria vintage, forse vecchie, chi lo sà. Tocca solo andarci.

http://www.juffrouwsplinter.nl/