Ricetta superveloce: crumble dolce o salato senza uova al semolino e zucchine

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Come vi spiegherò meglio domani, a gennaio ne approfitto per sistemare un po’ le cose in casa. E siccome quest’ anno sono riuscita a fare davvero le feste senza stress che vi consigliavo qui e qui  diciamo che la situazione generale di partenza è favorevole. Inoltre da mia madre in Polonia ho imparato una ricetta per un crumble di mele scandalosamente facile, allora ne ho approfittato per rielaborarlo in versione dolce e salata.

E siccome me ne sono ricordata dal verduraio turco ho preso al volo un pacchetto di semolino fine e tre zucchine e mi sono messa all’ opera. Con una piccola modifica se ne fa facilissimamente una versione vegana, per chi magari si ritrova ospiti vegani all’ ultimo momento e non sai mai cosa fare.

Premessa: in Polonia come in America le ricette che prevedono ingredienti secchi non pesano gli ingredienti ma ne calcolano il volume, che a me viene anche più facile. Inoltre fare una ricetta del genere è anche una scusa per svuotare i fondi delle confezioni di ingredienti e in questo usare i volumi è semplicissimo. Gli ingredienti eliminabili sono il pacchetto semivuoto di farina, un resto di noci, pinoli o nocelle varie, spezie assortite o meno, un resto di salmone affumicato, o cubetto di salame, o crosta di formaggio (questi ultimi non per il dolce e neanche per i vegani, ovvio). Insomma, intanto che preparate una cosa buona e facilissima ne approfittate per iniziare a riordinare a fondo la cucina e la dispensa. E cosa vuole di più una casalinga pigra per tener fede al proprio motto di massimo WOW col minimo sforzo?

Ricetta originale del crumble dolce di mele

4 mele

1 bicchiere di zucchero (circa 150 gr)

1 bicchiere di farina

1 bicchiere di semolino

spezie, noci, uvette a piacere

125 gr di burro, se per vegani sostituitelo con olio di cocco, che come il burro a temperatura ambiente solidifica

Scaldare il forno a 180 gradi. Sbucciare e grattugiare le mele evitando il torsolo, e mettetele in una ciotola con lo zucchero, mischiate e lasciate riposare. Mettete a bagno e poi strizzate le uvette o altra frutta secca a pezzettini, se ne utilizzate, unitele alla ciotola di mele e zucchero e mescolate. Mescolate la farina e il semolino, prendete una forma in silicone da dolci o una normale, foderata di carta da forno.

Se la forma è irregolare bagnate e ciancicate tra le mani la carta da forno strizzandone l’ acqua in eccesso e foderateci la forma. Mettete uno strato di farina/semolino sul fondo e scuotete la forma per fare uno strato omogeneo. Scucchiaiateci sopra una cucchiaiata di mele condite, un altro strato di farine e uno di ripieno e andate avanti così, regolandovi sullo spessore, fino a terminare con uno strato di farine. Sull’ultimo strato di mele versate tutto il liquido rimasto sul fondo della ciotola e mettete poi l’ ultimo strato di farine. Mano a mano che fate gli strati spingete forte per compattare e terminate con una bella pressatina in cima.

Tagliate a fettine sottili il burro o grasso di cocco e copriteci la forma e infornate. In genere in un’ ora è pronto, ma siccome io per fare gli esperimenti ho dimezzato gli ingredienti e ho usato due tegliette piccole, ho fatto 45 minuti e poi ho controllato e aggiunto del tempo. A un certo punto siccome mi sembrava che il burro restasse tutto in alto invece di calare e far appiccicare gli ingredienti tra loro ho preso una forchetta, inserito i rebbi qui e lì fino al fondo della forma per fare come delle canaline per farci scendere meglio il burro? Era necessario? e chi lo sa?

Quanto la torta vi sembra bella abbrustolita sopra cacciatela dal forno e fatela raffreddare completamente nella forma per renderla compatta. Se invece la volete servire calda con del gelato, fatelo in coppette e servitela al cucchiaio perché non si tiene ancora troppo insieme. Quella di capodanno fatta così era ottima.

Ricetta del crumble dolce di zucchine alla Mammamsterdam

1 grossa zucchina

1/2 bicchiere di zucchero (circa 75 gr)

1 bicchiere di farina

1 bicchiere di semolino

buccia grattugiata di un arancia (o altro agrume a piacere)

una manciata di uvette

125 gr di burro, se per vegani sostituitelo con olio di cocco, che come il burro a temperatura ambiente solidifica

Grattugiate la zucchina (che in perfetto stile casalinga pigra non va neanche sbucciata e si risparmia tempo) e per il resto proseguite esattissimamente come descritto sopra. Io ci ho messo anche della buccia di arancia grattugiata con le zucchine e le uvette non le ho ammollate, ma forse un pochino non gli avrebbe fatto male. Ho diviso a metà il mix di farina e semolino, e a parte le zucchine, aggiungendo zucchero e uvette solo alla metà delle zucchine. Con queste ho fatto il crumble che vedete sopra nella foto.

Ricetta del crumble salato di zucchine alla Mammamsterdam

1/2 grossa zucchina grattugiata

1 cipolla sminuzzata

1 bicchiere di farina

1 bicchiere di semolino

sale e pepe

un pezzetto di salmone affumicato a pezzetti

125 gr di burro, se per vegani sostituitelo con olio di cocco, che come il burro a temperatura ambiente solidifica

Questa mi è venuta meno bene e la rifarò per poi aggiornare la ricetta. Ho salato la zucchina sperando che come la versione con lo zucchero cacciasse molta acqua, e invece no. Ho soffritto la cipolla in olio di oliva, mischiato il tutto, aggiustato di sale e pepe e proceduto secondo la ricetta. L’ altro errore è stato quello di sostituire il busso in cima con olio di oliva che è rimasto tutto sopra. Mi è rimasta polverosa parte della farina e semolino per mancanza di umidità, e inoltre non ho passato i rebbi della forchetta per aiutare a scendere il grasso. Io dire quindi di passare intanto le zucchine con olio abbondante in padella in modo da fare venire la miscela più umida, usare magari un semolino di grana media invece che fine per far scendere meglio il grasso in superficie e direi che se ci si aggiunge del formaggio al ripieno, anche quello aiuta ad umidificare.

Ci riprovo e vi saprò dire meglio.

I baracchini delle aringhe ad Amsterdam

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Ad Amsterdam lo street-food preferito, dopo le patatine, è l’aringa, il prodotto che in passato ha arricchito tanti paesetti marinari.

L’aringa marinata gli olandesi la mangiano afferrandola per la coda e calandola dall’alto in bocca, masticandola cammin facendo.

Oppure a pezzetti e cosparsa di cipolla cruda a pezzetti. E da berci insieme, il Corenwijn. Che è l’unico modo che ho scoperto per mangiarla, mi ci vogliono un bel po’ di gradi alcolici in piccole dosi. (Il Korenwijn o Corenwijn, per chi me l’ ha chiesto, è un distillato olandese, un tipo di Jenever che viene prodotto usando cereali come segale, mais e orzo, e che ha un grado alcolico di almeno 38%. Scritto con la C è un marchio della bols che lo vende nelle tipiche ancorette di terracotta. Anche il jenever o il Corenwijn non lo bevo mai, tranne quel paio di volte con l’ aringa, quindi oltre ad essere un abbinamento tradizionale, la vostra sommelier preferita ve lo consiglia pure come una di quelle combinazioni che le rendono gradite due cose che spontaneamente, di suo, non ingerirebbe mai).

Questa sopra è una delle due migliori baracchine ad Amsterdam, la trovate sul ponte all’inizio del Singel, sopra le chiuse, all’angolo con Haarlemmeerstraat e Nieuwendijk.

L’altra, di cui non ho la foto, sta su uno dei ponti sulla Utrechtsestraat.

Assaggiatele e sappiatemi dire.

Ricetta: per un piatto di lenticchie (salsa al sambuco come bonus)

20060914vlierbes1Certo che il bello di essere una madre abruzzese talebana sul cibo mi concede non solo di avere un figlio che schifa la Nutella e il ciambellone, si nutre di nascosto di jaw breakers, ma con moderazione, perché le caramelle non fanno parte della dieta quotidiana ma dei piccoli peccati nascosti, come è giusto che sia ed è felice solo quando gli  proponi la bruschetta con l’ aglio e la zuppa di lenticchie di Santo Stefano;

non solo mi complica la vita da matti per l’ approvvigionamento, con tutto che abito di fronte a un supermercato della catena più fantastica d’ Olanda;

ma mi permette di tirarmela a bestia quando scoppiano risse di vario tipo intorno ai grandi protagonisti dell’ agro-alimentare, perché con aria piena di sufficienza posso dire: eh, ma io quel prodotto lì non l’ ho mai comprato. Che sarebbe anche vero, ma vuoi mettere farla cadere dall’alto, che poi io sono pure alta 1,79.

Insomma, in attesa che martedì arrivi il pallet di vino al mio amico importatore su cui mia madre ha caricato 6 scatole di pomodori fatti in casa e altri generi di conforto, mi consolo con un paio di ricettine autunnali, la zuppa di lenticchie che è un classico di famiglia, e la salsa alle bacche di sambuco, che mi sono inventata lì per lì.

Ricetta zuppa di lenticchie di Santo Stefano di Sessanio

A casa mia si usano da sempre le lenticchie di Santo Stefano, perché i chilometri zero non sono un’ opinione ma una necessità e poi perché il mio bisnonno faceva il carrettiere e questi paesi se li girava tutti. Però potete usare qualsiasi tipo di lenticchia scura, compatta, preferibilmente di montagna e che non si disfi durante la cottura.

Mettete una tazza di lenticchie a testa in un tegame, se vi piace il coccio usate il coccio, se avete acceso il camino fate come mia nonna che le metteva nella callara la mattina, ma un banale tegame sul gas va sempre bene, perché quello ho (il camino che vorrei, parliamone, solo ieri ho esposto a maschio alfa il mio progettino per quando avremo almeno € 35.000 che ci avanzano, ovvero mai, per ampliare il piano terra in giardino e metterci così un camino con forno a legna).

Nell’ acqua di cottura aggiungere uno spicchio di aglio rosso di Sulmona (o comunque uno spicchio di aglio fresco che sappia di qualcosa e non quelle robine depresse tre a tre nei sacchetti di rete che si perdono le foglie per strada) e una foglia di lauro. Lasciate cuocere circa una ventina di minuti fino a che le lenticchie non siano morbide, aggiungendo il sale verso la fine. Una volta che le avete pronte ci potete fare 3 cose:

1) impiattarle tel quel come sono e servitele con un filo di olio buono del sud, eventualmente una bruschetta o fetta di pane casareccio accanto e vai. Ottimo come conforto istantaneo e d’ estate ottime anche tiepide o fredde.

2) verso gli ultimi 5 minuti di cottura ci aggiungete dei pomodori da sugo a pezzetti per arricchire il brodo di cottura. Anche qui, ve le condite e mangiate come sopra, oppure

3) gli ultimi minuti di cottura ci buttate dentro una pastina a piacere, con o senza i pezzetti di pomodoro, la fate cuocere al dente, spegnete il fuoco e lasciate incoperchiato per un minuto e servite con olio eccetera. Noi ci mettiamo anche della pasta corta tagliata a mano fatta al volo mentre si cuociono le lenticchie. impastate a seconda dei commensali (1-2 o 3-4) uno o due uova con tutta la farina doppiozero che le uova si tirano, stendete la pasta a mano o col mattarello, e si fa in un attimo perchè non deve essere troppo sottile, e poi ve la tagliate a losanghette di circa 1,5 cm di lato (e queste sono le taccozze) oppure in tagliatelline spesse lunghe 3,5 cm e larghe quanto vi pare da 1 a 3 mm. (le sagnette). Quest’ultimo piatto lo potete chiamare sagn’ e ‘ndicchie così soddisfiamo anche la componente ctonia.

A un piatto così che ci volete aggiungere? un po’ di pecorino stagionato in scagliette, se proprio siete dei gastrofighetti e pace, pasto completo ed equilibrato. Infatti `e la mia salvezza le volte che non faccio a tempo a fare la spesa, anche se in settimana in genere le taccozze ce le sogniamo e ci limitiamo ai tubetti. Di una marca che non nomino, ma non è quella lì.

Salsa alle bacche di sambuco

Questa salsa me la sono inventata lì per lì visto che l’ altro giorno mentre aspettavamo Ennio, io sferruzzavo in macchina e Orso ha scoperto un cespuglio di sambuco carico di bacche come quelle della foto, e ha iniziato a raccoglierle in un sacchetto di plastica con l’ intenzione dichiarata di aggiungerci del nero di seppia e farne inchiostro. Non chiedetemi perché gli vengono queste idee, io ci ho rinunciato, tanto poi si distrae e non lo fa. Io ormai ho adottato il metodo resistenza e sopravvivenza passive, ovvero: tu fai il cavolo che ti pare, basta che non costi sforzo a me e tu mi torni vivo e vegeto a casa, se ne esce qualcosa di fantasticamente creativo bene, se esplode la casa ti trito e per il resto la vita è breve e non sprechiamo tempo a candeggiare le macchie (le macchie di sambuco MACCHIANO, sappiatelo, se ci tenete, mettetevi dei guanti di gomma nel manipolarli).

Insomma, dopo un giorno o due di abbandono sacchetto sul tavolo io ho deciso di marmellatizzarle. La rogna di chi fa seriamente le composte di mirtillo è che ci tiene a mantenere le bacche intere e quindi se le stacca una a una dal rametto, una fase perditempo che la casalinga pigra per definizione salta a piè pari. Io ho messo le bacche nello scolapasta, le ho lavate girandole delicatamente e mentre sgocciolavano, con le forbici, ho tagliato il grosso dei rametti.

Ho messo tutto in un tegame di acciaio a fondo pesante con coperchiuo, le ho fatte andare sul  fuoco più piccolo per alcuni minuti senza aggiungere niente e solo con il coperchio, poi le ho passate al passaverdura. Ho lavato la pentola e ci ho rimesso le bacche passate, il doppio in volume di mele a pezzetti con tutta la buccia (erano dell’ albero di mia suocera, quindi basta lavarle un po’), un po’ di zucchero a occhio e aggiungo un po’ d’ acqua con cui avevo risciacquato il fondo della ciotola in cui avevo passato le bacche, che mi sembrava un peccato sprecare i resti.

Ho fatto cuocere a fuoco lento con il coperchio fino a che le mele si erano ammorbidite, ho passato tutto al minipimer, ho aggiunto il succo di mezzo limone perché mi sembrava troppo dolce e ho messo in barattoli sterilizzati con l’ acqua calda, asciutti ma bollenti (volendo gli potete far fare un giretto di 10 minuti in forno a 180 gradi, ai barattoli). Li ho fatti raffreddare a testa in giù, ma in realtà il primo dei barattoli manco lo abbiamo fatto raffreddare, ci abbiamo subito affondato il cucchiaio.

Variazioni future

Se questo weekend riusciamo a cogliere altre bacche vorrei provare a farne:

1) una versione senza zucchero, magari usando mele dolci o aggiungendoci un pezzetto di zucca, mezza cotogna, insomma, frutta autunnale, e semmai correggendola ala fine con un tocco di aceto, per farne una salsa da servire con la selvaggina.

2) un’ altro tentativo come quello sopra, o magari anche con dello zucchero, ma poco, aggiungendo un peperoncino a pezzetti, senza semi o muoro, per farne una salsa piccante.

Buon weekend anche a voi. Adoro l’ autunno quando c’ è il sole, l’ ho mai detto?

L’ asta ittica e la lezione di cucina

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Sabato mattina mi alzerò all’ alba per andare qui

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farmelo pulire da questo signore e i suoi colleghi (” Signora, mi fa guardare come sfiletta le sogliole, magari imparo per rifarlo a casa”. “Si, ma io l’ ho fatto per trent’ anni in fabbrica, non si faccia impressionare da me”.)DSCF1767

Perché questo posto non è nato per venderti del pesce, che in realtà già è venduto ai migliori ristoranti di Parigi, ma per insegnare una cultura del preparare e cucinare e mangiare pesce, quello vero con gli occhi e le squame, non dei filettini anonimi in pescheria coperti da una marinata del barattolo. E io che ci sono cresciuta in un paese di pescatori e dietro un quartiere di pescatori e con zia Maria ci scambiavamo cassette di pesce contro polli arrosto e cornetti appena sfornati sopra la rete che divideva i nostri giardini sul retro. E quindi mi sono sentita per la prima volta a casa in Olanda chiacchierando con questa gente di paesi di pescatori del mare del nord.DSCF1838

E poi verso le 11.30 mi porto tutto questo nella showroom di Arclinea per la nostra lezione di pesce. E poi pranzeremo. E ci berremo sopra il Pinot Grigio di Ongaresca. Se vi interessa, fatemi uno squillo allo +31-20-419 7484. (Quella nella foto è la catalana di gamberoni della lezione dello scorso anno).

Luci e ombre di un weekend tra alcol, figli e amici, non necessariamente in quest’ordine

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Maschio alfa l’ ho visto poco questo weekend, non abbiamo neanche dormito insieme ma per amore del (poco) sonno dei figli ci siamo separati varie volte nel mezzo della notte. Ma per il resto quante cose non sono successe? Da una distilleria clandestina alla scoperta che l’ impalcatura davanti casa era miracolosamente scomparsa, a un trio di  minorenni under 12 in discussione sindacale sulle mansioni previste dal loro contratto, adesso vi rendiconto.

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Idroponica in rosa shocking

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Cosa sarà mai?

Ah, niente, giusto questo.

Visto qui.

E appena sopravvivo alle tasse, alle vacanze di maggio e alle pulizie di primavera, io il workshop per costruirmi un urban garden da salotto con i bottiglioni riciclati dei distributori d’ acqua me lo vado a fare.

Stay tuned, ci sono un mucchio di cose in ballo. E intanto segnatevi il 9 novembre. E cominicate a prenotare l’ aereo.

Orecchiette e garganelli al sabato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Giornate di sole, di corse, di dichiarazioni dei redditi, di gran mali di testa, figli sbolognati agli amici (Orso è uscito ieri mattina per andare ha scuola, ha giocato e dormito dal suo amico, è rientrato stamattina per pranzare con coi e nel pomeriggio è andato a dormire da un altro amichetto, che anche lui, figlio piccolo, si lamentava che solo sua sorella ha ospiti e giri di visite e così abbiamo preso due piccioni con una fava). E poi le votazioni, lo stress, i cadaveri che passano in riva al fiume, che io li voglia o non li voglia vedere, questo è l’ anno del fiume e dei nodi che vengono al pettine.

E allora ho preso il pettine per garganelli che mi ha regalato lei, la chitarra, un po’ di farine, attrezzi e ingredienti e me ne sono andata a fare la mia  prima lezione di Paste e Sughi da Arclinea. Perché a cucinare in compagnia si sta sempre, ma sempre bene e in questa showroom bellissima, che questo cuciniero giovanissimo mi mette a disposizione, perché l’ Italia e la cucina e un po’ di movimento in negozio fanno sempre piacere, si cucina anche meglio.
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E con il Boca 2007 si mangia anche meglio.
Il secondo round sabato prossimo dalle 15 alle 18, oggi abbiamo chiuso in orario perché Vincent andava al concerto di Eros Ramazzotti. Faremo ravioli e lasagna. Lo dico, in caso a qualcuno venga voglia di unirsi.

Quanto costa la felicità? 1: Meringhe

fotoSono una ragazza dai gusti semplici e a farmi felice ci vuole poco. Oggi quindi passavo di corsa sul Vijzelsgracht, e nella vetrina della pasticceria Holtkamp, una delle pasticcerie storiche di Amsterdam, ho visto un’ alzata stracolma di meringhe. Mi sono fiondata dentro, ne ho prese due e per € 1,90 per una mezz’oretta mi è passato il november-blues di questo aprile di pioggia che non se ne esce. Qui sotto spiego il perché e percome

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Liberiamo una ricetta: la ricetta del cavolo

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L’ iniziativa di blogger Liberiamo una ricettaha una genesi che vi risparmierò ma che ha a che fare con amicizie virtuali che talvolta sono belle come quelle reali, con la netiquette, col fatto che se sei una bella persona anche dal web si capisce e viceversa.

Quest’ anno quindi è stata riproposta con una coda che a me piace molto: usare l’ iniziativa per aiutare la mensa dei rifugiati del Centro Astalli dei gesuiti di Roma. Ho un paio di amici che lavorano per il Centro Astalli e anche grazie a loro sono al corrente delle infinite attività umanitarie di cui si occupano. In fondo al post troverete le istruzioni su come dare un contributo importante dentro casa nostra, a un’ iniziativa concreta e trasparente

Ma si diceva, la ricetta da liberare.  Che altro poteva proporvi l’ autrice di un libro che si chiama La risposta del cavolo se non una ricetta del cavolo? Completa di storia e foto. Altre ricette ‘letterarie’ sono state raccolte su Zebuk.

La storia

Orso da un annetto sta riducendo sempre più il numero di cose che accetta di mangiare, anche se mangia di buon appetito tutto il resto. ma insomma, io già soffro con un vegetariano in casa, figuratevi se posso essere felice di fare sempre le stesse 5-6 cose?

Dal punto di vista pratico il grosso problema era il pranzo a scuola: qui si mangiano panini e lui era arrivato a rifiutare tutto, tranne l’ uovo sodo a fettine e il burro di arachidi. Pensate un po’ come mi sono ridotta, io che ho lottato contro il burro di arachidi ai miei figli in tutte le mense di nido e doposcuola, sono arrivata a comprarglielo. Fair trade (per un periodo insisteva per quello della Nestlé, ma sul mio cadavere la Nestlé) ma mi ero arresa.

Mi è venuto incontro maschio alfa che si è messo a pensare cosa piaceva a lui da piccolo nel pane. Io lo so cosa piaceva a me, la mortadella, ma questo reprobo di mio figlio non la vuole. Maschio alfa ha cominciato a fare prove empiriche ed è tornato a casa con quello che qui si chiama il gebraden gehakt (trad.: il macinato brasato) Che ha incontrato il gradimento di figlio2 .

Ora il gebraden gehakt io me lo sono studiata, perché non sia mai che ai miei figli dia roba con conservanti, addensanti, carne di batteria, sale, grassi insaturi eccetera e ho capito che in fondo era il polpettone. Fatto bello sodo, con tanti farinacei dentro per renderlo compatto come un salame da tagliare con l’ affettatrice, ma polpettone.

E fingendo di niente gli ho detto: Orso, ma non ti piacerebbe in fette più spesse? Si, gli sarebbe piaciuto. E non è che ce lo vogliamo fare da soli. Si, potremmo.

Ora, siccome uno dice il virtuale, ma a me quando si è rotto il robot da cucina e stavo studiando vari modelli costosissimi da ricomprarmi e ho chiesto consiglio alle blogger che non conosco, ma pratico su facebook, Pentapata me lo ha offerto e detto fatto, mi è arrivato a casa. L’ Orrido, perché così lo chiamavano loro, è un bravo ragazzo e fa il suo dovere, ma per l’ uso a cui serviva a loro (svezzamento pupo) era stato una delusione e stava da un po’ in garage a prender spazio. Poi uno dice il mondo virtuale, mi è arrivato a casa in un bel pacco enorme che occupa in effetti mezzo garage. Due delusioni si incontrano in un gesto utile.

Da quando ho l’ Orrido ho potuto ricominciare a farmi le verdure sminuzzate tipo dado fatto in casa con cui io sopravvivo all’ inverno. E quindi comprando il macinato per il polpettone, ho preso un mucchio di verdure tra cui quel cavolo a punta sopra, che ditemi se non è bellino, biologico e costava € 1,49, che ce lo lasciavo?

Io adoro il cavolo che è una verdura meravigliosamente sana, ma non so mai bene cosa farci, e se lo lessi comincia a dare odore di cavolo che non a tutti fa piacere. Per cui pensavo di sminuzzarlo in mezzo al resto delle verdure e imboscarlo sano sano com’ è, in tutti i soffritti, sughi e minestrine che faccio.

Dado di verdure fatto in casa

Si fa così, tanto non è ancora questa la vera ricetta del cavolo: lavate, sbucciate e tagliate a pezzettoni le seguenti verdure a piacere: cipolle, porro, aglio, carote, sedano o sedano rapa, zucchine, cavolo, biete varie, spinaci, tutti gli odori che potete, prezzemolo basilico, quello che avete a disposizione e preferite. Almeno cipolla sedano e carota però mettetecele (io ho messo il sedano rapa). Sminuzzate tutto nell’ Orrido o altro robot, insieme a manciatine di sale grosso, deve risultare piuttosto salato alla fine. Mettete tutto in un colino e lasciatecelo almeno una notte, semmai con un piatto e un peso sopra per scolare tutto l’ eccesso d’ acqua. Il giorno dopo lo imbarattolate e conservate in frigo fino a consumazione, io l’ ho tenuto anche un mese. O lo surgelate in miniporzioni. Io lo uso tutte le volte che non sono riuscita a comprare verdure fresche per improvvisare piatti sani e nutriente: nelle polpette a chili, per esempio, a volte in peso pari a quello della carne, così i bambini che non amano le verdure le mangiano senza accorgercene. [fine della ricetta bonus]

Poi da una cosa nasce l’ altra. Il polpettone è piaciuto, il macinato di manzo bio era in offerta al super e che faccio, ce lo lasciavo? Sabato si sono festeggiati in famiglia i compleanni congiunti di Ennio e mio cognato piccolo (a mio cognato 11 anni fa abbiamo messo a credere che Ennio era il suo regalo di compleanno) e io mi sono offerta di portare il polpettone, visto che ci sto prendendo gusto a farlo, ma qui lo mangiamo solo in due (figurati se a Ennio può piacere una cosa che piace a suo fratello).

Io mi sono ricordata che mia madre e mia nonna in Polonia facevano i Gołąbki, che significa piccioncini e sono degli involtini di riso e carne avvolti nelle foglie di cavolo, e detto fatto, mi si è sincretizzato il cavolo, il polpettone, il macinato brasato ed ecco qua il piccioncione da compleanno.

La ricetta del cavolo della casalinga pigra

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Comprate un bel cavolo, pulitelo dalle foglie esterne e poi staccate alcune foglie esterne grandi e pulite. Potrei dirvi di lessarle, scolarle e farle asciugare su un canovaccio pulito, ma la casalinga pigra mette tutto direttamente sul piatto del microonde (pulitelo magari prima) e fa girare tutto per 10 minuti. Le foglie escono asciutte, cotte e morbide e la puzza di cavolo non si sente e non sprecate un canovaccio pulito. Tagliate la parte dura e curva in basso dello stelo della foglia, che così si appiattisce, e foderateci una forma da cake.

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Stendete un primo strato di polpettone e schiacciatelo bene, poi alcune uova sode sgusciate in fila, poi un altro strato di polpettone, schiacciate bene per compattarlo, ripiegate le foglie di cavolo esondanti dalla forma sopra, rifinite con un’ altra foglia su misura che copra tutta la carne, metteteci sopra una foglia di scarto che si bruciacchierà e potrete buttare, e passate in forno caldo a 180 per un 60 minuti o più se avete una forma molto grande, o fate prima un paio di polpettoni di prova per capire quanto ci mette nel vostro forno, che le ricette al forno sono sempre così tocca conoscere il forno e adeguarsi. Dopo abbassate il forno e lo lasciate un’ altra oretta a 40-50 gradi così vi si caramellano le voglie di cavolo scoperte.

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A questo punto io spegno il forno e lascio tranquillamente raffreddare così com’ è, magari aiuta, se vi piace, metterci un peso sopra, ma in genere basta così. Per la festa l’ ho fatto il due giorni prima, il giorno prima l’ ho tolto dalla forma e l’ ho lasciato a sgocciolare su una tavoletta di legno, poi prima di uscire l’ ho rimesso nella forma per proteggerlo e arrivati a destinazione, senza forma e sottosopra, in modo da finire di asciugare e colorare anche le voglie di cavolo inferiori, un ulteriore passata in forno a 180 gradi per riscaldarlo, e servito. Un successone.

Cosa dite, il polpettone? Ah, si.

Il polpettone io lo faccio a occhio, mettendo nell’ Orrido in 3 parti uguali:

1) pane secco grattugiato grossolanamente (o fette biscottate sbriciolate)

2) con una cipolla, verdure varie, magari del dado preparato prima, gli avanzi di cavolo se volete, le verdure in fondo mettetene quante ne volete, anche più`del pane e del formaggio, e

3) un tocco di feta, o se preferite la ricotta, dategli una salata extra, e se prima di iniziare ho grattuggiato nell’ Orrido dei resti dei pecorini vecchi, mettete anche quelli. Per legare, una o due uova, che facilitano anche lo sminuzzamento se usate le fette biscottate. A questa massa aggiungete una massa uguale o maggiore di macinato di manzo. Potete impastare  a mano, ma con un ulteriore giro di Orrido anche il macinato diventa più fine e la pasta è più omogenea. Se lo preferite senza foglie di cavolo basta avvolgerlo bene nella carta da forno, metterlo sulla placca o in una teglia e lasciar cuocere per un’ oretta a 180 gradi. Lasciatelo raffreddare nella carta e mangiatelo a fettine fini come ripieno di un panino, oppure come secondo in fettone più grandi.

Versione vegetariana

Potete anche decidere di mettere delle lenticchie scolate bene al pappone, al posto della carne macinata, fargli fare un giretto di Orrido anche a loro e procedere con o senza foglie di cavolo come preferite.

Ce l’ avete fatta? Siete arrivati fin qui? Siete ancora vivi? Ma siete fantastici, posso offrirvi una fetta di polpettone?


col cavoloimage-x-generic-portraitLe storie sono per chi le ascolta, le ricette per chi le mangia. Questa ricetta la regalo a chi legge. Non è di mia proprietà, è solo parte della mia quotidianità: per questo la lascio liberamente andare per il web.

Il Centro Astalli – JRS opera a Roma e in altre città italiane dal 1981, grazie all’impegno concreto di centinaia di volontari.
Accompagnare, servire, difendere i diritti dei rifugiati di tutto il mondo: questa è la missione che il Centro Astalli ha scelto di portare avanti nella realtà italiana. In un anno quasi 21.000 persone si sono rivolte ai servizi del Centro Astalli: mensa, ambulatorio, assistenza legale, scuola di italiano, centri di accoglienza, case famiglia.

La mensa del Centro Astalli è aperta cinque giorni a settimana, e ogni giorno prepara più di 400 pasti caldi. Il costo dei pasti: 5eur per un giorno, 25eur alla settimana o 100eur al mese. Si può donare qualunque cifra, utilizzando il conto corrente postale, n. 49870009, intestato a: Associazione Centro Astalli – via degli Astalli 14/A – 00186 Roma o tramite Bonifico Bancario, Banca popolare di Bergamo, sede di Roma, via dei Crociferi 44: IBAN IT 56 N 05428 03200 000000098333.

Indicheremo nella causale la dicitura “#liberericette”, per far sentire la nostra presenza. Voi ci sarete?

Siamo quello che mangiamo: Spätzle di spinaci

I figli sono partiti e finalmente con maschio alfa ci possiamo godere un po’ di cibo per adulti. Quello con i pezzetti sospetti, con gli ingredienti proibiti, con il peperoncino e con gli esperimenti. Allora ritrovandomi una busta di spinaci in frigo mi sono messa a gugolare: ricette con spinaci e dove ho visto Giallo Zafferano, ho capito che non dovevo cercare oltre perché le ricette di questo sito sono una garanzia, e ho trovato questa.

Gli Spätzle me li ha fatti conoscere la mia amica Vic che ha studiato tedesco e si era comprata l’ attrezzino per farlo, per cui sono sempre rimasti legati nella mia memoria gusto-olfattiva a lei e ai nostri anni da studentesse all’ Aquila. Nel frattempo mi sono ricordata che Betta mi ha regalato il ferro per i passatelli e secondo me va bene anche quello.

Solo che. Solo, che. Io di mestiere (uno dei tanti, ma mestiere è) le ricette le scrivo e mi basta leggerne una per capire che sapore potrebbe avere. E inoltre ho quella che, come si dice così bene in inglese, potremmo definire una attitude. Cioè, io le cose le devo per forza cambiare a modo mio, sono una donna di principi.

E i miei principi sostengono che lessare gli spinaci è un delitto contro la terra. Li distruggi, ti perdi nell’ acqua di cottura un mucchio di robe buone e ti rimane una cacchina verdastra da far raffreddare, strizzare e sminuzzare? E poi nella ricetta mi dici che all’ impasto va aggiunto un decilitro di acqua fredda? Lo spinacio se proprio gli devi fare la cattiveria di cuocertelo (l’ alternativa era un’ insalata di spinaci, noci e fiocchi al latte, ma io non amo particolarmente le insalate e poi è autunno e ci voleva una cosina calda e fondente) va scaldato appena, con dolcezza, specie quello fragile in busta che già è una cosetta patita di suo, ma dopo l’ ultima intasatura di lavandino per lavare bene lo spinacio ruspante, a questo giro stiamo sistemando casa, consegnando un libro e preparando due eventi, va bene la busta, credetemi. Per dire, dopo 4 anni abbiamo persino appeso la luce fuori dalla porta, così vedo come infilare la chiave.

Poi l’ altro mio principio è che in cucina bisogna evitare i lavori inutili. E infine, che non bisogna tagliuzzare prima quello che devi ridurre in purè dopo, basta un buon minipimer.

Ecco allora cosa è diventata in mano a me la ricetta, il dio degli  Spätzle mi perdoni.

-3 uova piccole biologiche

– 60 gr. di parmigiano grattugiato perché i primi Spätzle  che ho mangiato nella vita erano al formaggio e i ricordi vanno tesoreggiati, specie quelli gusto-olfattivi. E poi è inutile aggiungere il sale se puoi aggiungere il parmigiano

– 450 gr di spinaci in busta lavati e appassiti 5 minuti in una padella con olio e uno spicchio d’ aglio perché i figli sono partiti, siamo in piena profilassi da pidocchi e l’ aglio li tiene alla larga intanto che per una settimana metto in buste chiuse tutti i cuscini e i peluche. Che se così fossero infestati, in mancanza di cibo dopo due giorni muoiono. Ma anche così la mia amica Marta giura che mangiar aglio li tiene naturalmente lontani e noi ci vogliamo credere, e ci profiliamo mangiando

– la noce moscata era finita ma avevo il chiodo di garofano in polvere e noi siamo di bocca buona.

Tutti questi ingredienti, compresa l’ acqua di cottura degli spinaci, vanno minipimerizzati in una ciotola. Poi si aggiungono:

– 250 gr. di farina e si mescola con la bellissima spatola di Le Creuset, che se mi pagasse la pubblicità con una delle cocotte in ghisa, quella turchese per favore, ma mi sa che la fanno solo quadrata e mi accontento, ma non lo faranno mai quindi se qualcuno vuole farmi un regalo di compleanno, adesso lo sapete. Va bene anche il verde chiaro di Le Creuset.

Poi una volta mescolato, e se volete, fatelo pure riposare un pochino, passate il composto un po’ alla volta nell’ attrezzo per gli “spazzoli”, quello dei passatelli o semplicemente il passaverdura con i buchi più larghi (che alla fine ho usato quello, visto che dei passatelli mi si è pero il tondino con i buchi da inserire nella pressa), facendolo cadere in una pentola sottostante di acqua salata e bollete. Quando tornano a galla tirar fuori con lo scolapasta piccolo, far sgocciolare, mettere in ciotola e condire strato su strato con un filo di panna e una spruzzatina di parmigiano e una manciatina di noci sminuzzate. Poi sgoccioli bene lo strato successivo e ripeti.

Per completare  il condimento: io mi sono appena croccantizzata nel microonde della pancetta biologica a cubetti che va finita con discrezione,  maschio alfa non mangia carne e se li prende così. Ci sono piaciuti talmente tanto come piatto unico, che abbiamo deciso che senza le noci, peccarità, si possono rifare anche per i bambini.