MIA 2014 e il trionfo del fuffismo e del dio SEO

Non c’ è più religione, le stagioni si sono ribaltate e anche il Macchianera Italian Awards non è più quello di una volta. Quest’ anno me ne sono fatta una ragione e ho deciso che a questo gioco io non ci gioco più. Se fare il blogger significa stare a 90 gradi in nome del SEO, che poi manco è vero, e scrivere tuffa, che la gente accorre, i click salgono e gli inserzionisti pagano, mi dispiace. Io scrivo in rete perché mi piace e perché ho qualcosa da dire. Si chiamano contenuti. Ognuno ha i suoi, ognuno ha il suo pubblico.

Per chi non lo sapesse, c’ era una volta la blogfest a Riva del Garda, che noi a distanza seguivamo in streaming, con emozione, anche l’ anno che ci fu il nubifragio, le tende volavano e toccava aspettare che si ricomponessero tutti.

Perché il blog è una fede e MIA era il suo profeta. O una roba del genere. Era. Fu. Sarà. Insomma quelle cose lì. Vi avverto, questo è una metapost, un post autoreferenziale, un refugium peccatorum in questa valle di lacrime che manco i blogger sono più blogger. Sono influencer. O qualcosa del genere.

Si iniziava così, qualcuno ti diceva (o ti dicevi): ma perché non apri un blog? e magari una serata di insonnia, andavi su google, seguivi le istruzioni, ti sceglievi una piattaforma gratuita, e di solito la sceglievi ad minchiam a meno di non seguire già una serie di blogger e limitarti a fare quello che fanno loro.

E ti facevi un blog e ci scrivevi robe senza pretese, uno sfogo di qua, una constatazione di là, commenti o traduzioni o esegesi di un articolo/libro/saggio che ti aveva colpito, postavi le foto dei bambini, gatti, cani. Erano blog di chiacchiere, tematici tipo di di commento ai poster sovietici d’ epoca (giuro, esisteva e lo seguivo con gioia) o anche eclettico, di ricette con i chupa chups come ingrediente di base, di piante, di animale, quello che vuoi e che sai. O anche che non sai, che va bene lo stesso.

Poi forse diventa una cosa seria o forse no, qualcuno ti segue, qualcuno ti raccomanda agli amici, qualcuno ti chiede di scrivere per altri siti più grandi e seguiti. Il giorno che uno dei blogger tuoi di riferimento, quelli da 35 commenti a ogni loro post, ti lascia un commento ti sembra di toccare il cielo con un dito, conosci gente fai cose.

Poi ci sono quelli che da lì si sentono di colpo i fighi del net e si reinventano figure e professionalità e alcuni lo fanno bene e con dignità, altri si montano la testa e cominciano a scrivere per il SEO e i follower scervellati che qualunque cosa scrivano stanno lì a cinguettare nei commenti: siiiiiiiiih, sei grandeeeeeh, sei mitikooooooh. E tu scuoti la testa e ti dici: mah, erano tanto bravi e carucci prima, scrivevano cose belline, spiritose, ad hoc , che ti davano da pensare, che creavano belle discussioni, e adesso, signora miaaah, le dinamiche della reteeeh, ne rovinano di più il SEO e i follower che la drogaaaah.  Smetti di leggerli mentre loro attaccano con rubriche sul Fatto Quotidiano, Vanity Fair, D di Repubblica e altre belle cose.

Poi sono arrivati quelli che si dicevano: mi apro un blog così lavoro da casa e guadagno. e hai voglia a dirgli che no, non funziona così, ma mica perché lo diciamo noi duerni e puri, è perché lo dicono i mercati, fatti un business plan serio e te ne accorgi da te. Ma nulla duri, si facevano il blog per guadagnare. Un paio ci saranno anche riusciti, non dico di no, ma se scrivi in inglese e ti rivolgi a una audience internazionale forse viene meglio.

Ecco, anche il Macchianera Award, per gli amici MIA era iniziato così, come blogfest a Riva del Garda: una robina carina, simpatica, per nerd e i loro amici, che ci si scrive, ci si legge, ci si racconta e a questo punto incontriamoci dal vivo, con le vallette della prima ore che poi ti diventano dive del web, ma vengono sempre a dare una mano agli amici, qualche sponsor.

Certo, ti ritrovavi con GenitoriCrescono in finale come “Miglior blog per mamme e bambini” che francamente faceva pensare un po’ a quei ghetti per ragazze madri indigenti all’ epoca in cui la ragazza madre dava scandalo, appunto le Casa della madre e del bambino, ma vabbeh, ai nerd si perdona. Glielo si fa notare, e l’ anno dopo la categoria diventa “Miglior blog per genitori e bambini” e tu apprezzi che nel tuo piccolo hai contribuito a un piccolo cambiamento epocale. Sei stata trendsetter persino per i nerd prima che tutte le pubblicità cominciassero a contemplare padri accudenti, imbranati e decereerati coma mai, che va bene il padre accudente ma di mamma ce n’ è una sola.

Quello che io personalmente ho sofferto di più ad accettare è stata la comparsa di categorie da votare che con i blog di una blogfest c’entravano poco. Va bene l’ apertura a Twitter, e il miglior tweet dell’ anno, e l’ hashtag e il personaggio web, ma chiedermi di votare programmi radio, TV, libri, risse in rete, personaggi? Boh.

Quando mi cominci a chiedere di votare la miglior webAgency, la miglior campagna ADV (chedè? boh, non sono così nerd), il miglior brand online, per carità, tutte cose attinentissime il web e la Rete, chi dice di no, per me però è chiara la direzione che ha preso la cosa. Non è più una blogfest e va bene così.

Quell’iniziativa carina e un po’ nerd che erano i Macchianera Awards si sono trasformati negli anni nel trionfo dell’autoreferenzialità. Io come blogger non mi ci riconosco più, è un problema mio e dei miei quattro amici blogger, pace.

Il peccato vero è che ai miei tempi (che non sei un blog vintage se non ti puoi vantare del fatto che quando hai aperto tu il blooooooooog, che sei stata una delle primeeeeeee, e pure io dico ai miei tempi, quando fare il blogger non era un prolungamento della tua presenza sui social media, o viceversa, adesso non mi ricordo) la Rete premiava i contenuti interessanti. Scrivevi cose che potevano avere un pubblico e questo pubblico ti trovava.

Quando mi sono chiesta come mai io in Rete ho conosciuto tante persone belle, interessanti, con cui ci siamo conosciuti fuori rete, abbiamo lavorato insieme, creato cose bellissime e intelligentissime, la risposta è stata: perché la rete è una grande selezionatrice. Questo era vero e lo resta, perché le persone con affinità e interessi comuni fanno subito a scegliersi e scremarsi.

Poi è partita l’ armata a cavallo degli scudieri del SEO: che un titolo interessante è peggio di uno banale che però contiene le parole chiave per farti ritrovare dai motori di ricerca. Diciamo che è iniziata la stagione del formalismo in rete: chissenefrega dei contenuti se il sito è raggiungibile, ritrattabile dai motori di ricerca, ha tanti visitatori e page-view al giorno e quindi ti fai pagare per farcirlo di pubblicità come un tacchino il giorno del Ringraziamento?

Be, Google c’ è da dire le dà delle soddisfazioni: l’ hanno capito anche loro, hanno cominciato a smanettare sull’algoritmo per riprivilegiare i contenuti.

Chi non ci è ancora arrivato sono forse i nerd del Macchianera Italian Awards: perché io non mi ci riconosco più ma tutti gli anni mi prendo quei 3/4 d’ ora per segnalare e votare i blog, i tweet, le persone e i soggetti che a mio avviso meritano, e vi assicuro che con tutte le categorie che si vanno aggiungendo è un lavoro.

E quando un’ amica dice: oh, ma l’ avete visto l’ amica nostra come deve aver toccato delle corde, il suo post è stato condiviso e rilinkato che non ci si crede, e un altro amico più presente al mondo rimpalla: vero, infatti mi è piaciuto così tanto che lo volevo proporre ai MIA 2014 come miglior post dell’ anno, e una dice: si, vero, bello facciamolo. E lo facciamo.

E scopri che quest’ anno il miglior articolo ha una categoria a parte e si vota qui. Scopri anche che come sempre accade, che i primi giorni di votazione basta che ti fai tremila account fasulli puoi votare tremila volte la stessa persona (e ogni volta che c’ è una votazione online si scopre questo trucco, un programmatore che sia uno che rimedi dall’ inizio esisterà?, yuhuuuuu c’ è qualcuno in ascolto?).

Poi scopri che non solo puoi dare voti ma anche toglierli. Poi ti fai un piccolo censimento tra amici e scopri che dei voti che abbiamo dato noi, i conti non tornano e capisci che se vuoi sostenere il tuo post preferito non solo devi dargli il tuo voto, ma ti devi anche mettere a togliere voti agli altri. Fino a che, forse non si scopre anche questo bug.

Tolgono infatti una categoria con questa motivazione: “Questo sotto42 è stato disabilitato a causa dei continui tentativi di inquinamento dei voti. Puoi continuare a votare per la migliore battuta attraverso la vecchia modalità, ovvero la segnalazione all’interno della form su Macchianera a questo indirizzo:http://www.macchianera.net/2014/06/19/mia14-macchianera-italian-awards-2014-1-prima-scheda-di-votazione-il-red-carpet/

E ti dici pure: e meno male che i nerd eravate voi. Ci sono sempre i wannabe del web che fanno squadra in nome del dio SEO, ogni anno dovete scoprirlo dopo giorni che si, anche qui c’ è una smagliatura nel sistema?

Allora ti dici che a questo gioco non ci vuoi giocare. Che segnalare persone intelligenti e che ti piacciono è una cosa, ma che persino un premietto carino, bellino, nerd fa parte di quei meccanismi da promozione di fuffa ad alto tasso SEO non è il web che pensavi tu. E non ti consola che pure Google sembra essere d’ accordo con te.

Macchianera Italian Awards, fammi sapere quando anche voi ricominciate a dare valore ai contenuti, all’ impegno, alle belle teste. Se gli sponsor vi autorizzano, of course.

6 post su come scegliere e iscriversi alla scuola elementare nei Paesi Bassi

tractatie Orso 2011Sulle nostre esperienze con la scuola elementare nei Paesi Bassi ho scritto e detto molte volte, ma è un discorso che torna con una certa stagionalità. Una domanda sul gruppo Facebook di Mammamsterdam mi ha fatto rovistare negli archivi e quindi per comodità degli interessati ho pensato di mettere insieme anche qui tutti a portata di mano i link di quello che ho scritto in proposito.

Un’ informazione che ho visto mancare nei vari post è la seguente: che documenti occorre presentare per iscrivere un bambino a scuola? Basta il BSN o Burgerservicenummer che da qualche anno sostituisce il codice fiscale olandese (infatti per chi aveva già il SOFI-nummer, è rimasto lo stesso identico) e che fa da identificativo del cittadino in tutti i dossier della pubblica amministrazione e che viene richiesto anche per stipulare assicurazioni, iscriversi dal medico di base ecc.

Se vi state ancora trasferendo nei Paesi Bassi e ancora non ne avete fatto richiesta, la maggior parte delle scuole accetta di farselo fornire dopo. Siccome con il BSN si arriva a tutta la documentazione relativa al cittadino (residenza, nascita ecc.) la cosa comoda è che in caso di cambiamenti, traslochi ecc. basta comunicarlo una volta e automaticamente tutti gli altri enti interessati vengono messi al corrente.

1) Come funziona la scuola elementare nei Paesi Bassi

Questa vecchia intervista è stata uno dei miei primi contatti con Genitoricrescono, che leggevo regolarmente ma ancora non scrivevo per loro.

2) Come scegliere la scuola adatta ai tuoi figli

Alcuni studi pubblicati all’ epoca mi sono serviti per una riflessione sui criteri in base a cui scegliamo la scuola per i nostri figli. Alcuni sono abbastanza lampanti, su altri ho dovuto riflettere grazie a quegli studi e come sempre ci ho intrecciato alcune mie constatazioni.

3) Aspetti specifici sulla scuola elementare nei Paesi Bassi

Qui forse ripeto alcune cose ma entro più nel dettaglio, descrivendo cosa e chi troviamo dentro una scuola elementare olandese, che figure professionali vi lavorano. Inoltre aggiungo una nuova figura che è stata introdotta più di recente, l’ assistente sociale (Maatschappelijke werk(st)er). Molte scuole hanno la loro assistente sociale fissa che per alcune ore alla settimana è presente a scuola e su segnalazione degli insegnanti assiste le famiglie il cui bambino ha problemi che magari non si limitano all’ ambiente scolastico, ma vanno oltre.

Fa insomma da ponte tra il mondo della scuola e il mondo del bambino in generale, anche fuori dalla scuola. Noi l’abbiamo scoperta quest’anno, perché a seguito dei problemi che descriverò in parte nel post successivo e delle misure che abbiamo preso con la scuola, a un certo punto la coordinatrice interna ci invita a un incontro con la nostra assistente sociale. E noi non avevamo idea di cosa ci aspettasse, uno dice assistente sociale, dice che sono preoccupati perché il bambino a molto tempo sembra sempre infelice a scuola, e in macchina mi sono addirittura chiesta ad alta voce:

“Ma non sarà che questi pensano che ha l’ aria infelice perché lo maltrattiamo o lo trascuriamo?” (In realtà mi sono detta: “questi stronzi deficienti”, perché oggettivamente abbiamo tante di quelle cose da imputare a quella scuola che all’ epoca il rapporto di fiducia da parte nostra si era logorato e stavamo solo aspettando che finisse l’ ultimo anno e poi al diavolo).

Ecco, se il rapporto di fiducia si è un pochino ripreso lo dobbiamo all’ assistente sociale, una signora cordiale, empatia, a cui dopo tre parole non abbian più dovuto spiegare niente perché eravamo tutti esausti, ai ferri corti e completamente sfiduciati dalla scuola. Per la prima volta, in quella scuola mi sono sentita capita, presa sul serio e aiutata proprio con soluzioni pratiche. Molte cose le avevamo già intraprese da tempo per conto nostro, ma ecco, una famiglia un po’ meno testarda, informata e con meno risorse di noi avrebbe davvero bisogno di qualcuno così che gli indica le strade percorribili per aiutare un bambino che si è incartato nell’ esperienza scolastica.

Ci siamo visti tre volte per fare il punto della situazione, ci ha dato anche un paio di consigli pieni di buonsenso ma a cui noi non eravamo arrivati da soli e, come dicevo, ha ripristinato un po’ di fiducia nell’ operato della scuola. Una persona che sa esattamente quali sono le risorse disponibili a una famiglia in difficoltà per tanti motivi, dentro e fuori la scuola, che ti aiuta a usarle, che tiene d’ occhio l’ aspetto ampio di una situazione da risolvere, fa moltissimo. A noi, l’ ha fatto.

4) Bullismo

Chi mi segue da un po’ sa che abbiamo avuto un paio di anni difficili a scuola, che a un certo punto a figlio 2 l’ abbiamo proprio cambiata nel giro di una settimana e che a figlio uno ci avevo anche provato a cambiarla lo scorso anno, per fargli finire le elementari in un ambiente forse più sereno, poi un po’ la scuola non si trovava, un po’ a lui dispiaceva lasciare gli amici, un po’ ci siamo detti che forse lo stress del cambiamento e di riabituarsi a un ambiente tutto nuovo glielo potevamo risparmiare mettendo più energie nel convincere la scuola vecchia a venirgli incontro una buona volta, siamo rimasti dove siamo e non è detto che sia andata male. Ma all’ inizio non lo sapevamo.

Sul bullismo a scuola questo è un post piezz’ e core scritto per Genitoricrescono.

5) I compleanni a scuola

Insomma, per uscire dal tono miserere parliamo anche delle belle cose che si possono fare a scuola. I compleanni in Olanda sono molto sentiti e quindi è utile sapere come vengono festeggiati a scuola, perché io i primi anni mi incartavo e poi ci vanno di mezzo i figli che fanno brutte figure.

Devo anche dire che un paio di anni fa Orso mi ha chiesto esplicitamente per favore di fare dei pensierini di compleanno come tutti, con un sacchetto, delle schifezze dolci e un regalino, e io mi sono adeguata.

6) La prima elementare in Olanda

Ecco, cercando in giro per archivi ho ritrovato anche questo post in cui spiego cosa fanno i bambini di 4 anni quando entrano in prima elementare in Olanda, ovvero, cosa fanno tutto il giorno a scuola.

È un post vecchissimo e ho notato con mio grande orrore che nel 2008 io scrivevo sul blog vecchio robe come: “il mio cucciolo”. Se lo rifaccio, per cortesia, abbattetemi.

Che dire, abbiamo appena concluso un ciclo delle elementari con figlio 1, e abbiamo scoperto che iscrivere un figlio alle superiori ad Amsterdam richiede conoscenza, strategia e tattica. Tutto ciò ve lo racconterò in uno o più post a parte. Per adesso, se vi vengono in mentre altre cose da sapere sulla scuola elementare, parliamone tra i commenti e dove necessario scriverò dei post ad hoc.

Non sono razzista ma… 12 FAQ sui rifugiati (prima parte)

Yeni Belqis

Il mio amico Luigi mi ha sfidato a raccogliere in 12 FAQ una prima infarinata di informazione corretta sui rifugiati. Ho fatto del mio meglio, perché l’esperienza mi suggerisce che c’è un grande bisogno di chiarezza su questi temi, vista anche l’insistente circolazione di bufale, pregiudizi e strumentalizzazioni. 

Ecco qui, dunque, il primo risultato di questa impresa a quattro mani. Spero apprezziate!

P.S. La vignetta è di Mauro Biani, che quest’anno su questo tema sta dando il meglio di sé. 

1. Basta chiamarli profughi o richiedenti asilo: sono clandestini che vengono in Italia pensando di trovare una migliore sistemazione.
Falso. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha sottolineato in più occasioni che gli arrivi via mare sono composti in gran parte da persone in cerca di protezione, soprattutto siriani ed eritrei, in fuga dalla guerra e da gravi violazioni dei diritti umani. Queste persone non…

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Sugli ordini online a certi editori italiani (poi uno dice: gli e-book)

posteSo che chiunque abbia abbastanza computer da leggere questo post, almeno una volta in vita sua ha bestemmiato mentre cercava di risolvere online qualche questione che in tempi non online lo avrebbe costretto a vestirsi, uscire, fare una fila, pagare e risolvere. Non negatelo, non è possibile. Ci hanno messo a credere che fare le cose onlàin, ci fa perdere meno tempo, ma i travasi di bile no, quelli ce li hanno regalati di bonus.

Poi avendo il marito che di lavoro gestisce progetti di costruzione di piattaforme, anche molto complesse, online, capite che a ogni tentativo mi becco pure l’ analisi ragionata di tutti i buchi che ci sono in suddetta piattaforma.

Guardate invece quelli che con le vendite onlàin ci vivono sul serio: una delle cose che più mi irritavano per esempio sul sito della ryanair, quando finivi di inserire partenza, arrivo e date desiderate per capire quanto poteva costare il biglietto, e non era detto che volessi prenotare, era che schiacciavi per vederli ‘sto volo e: gne gne gne, non hai barrato la casella per dire che accetti termini e condizioni, ricomincia da capo a riempire le altre. Che veramente ti veniva la tentazione di volare con Alitalia (è un paradosso, sereni, non viaggio con Alitalia per principio da almeno 25 anni). Adesso col nuovo sito la casella è scomparsa sostituita da: guarda che se schiacci sono cazzi tuoi, accetti contemporaneamente i nostri ter&cond si, si, si, toglietevi da los ballos e fatemi vedere ‘sto volo, va’, che necessito di una botta di evasione. Hanno rifatto il sito e hanno capito da soli come e perché io lo consulto, infatti hanno fatto direttamente la pagina con i voli in offerta, così non devo starmi ad ammattire a decidere dove andare, se ho un weekend libero e mi va di vedere dove potrei farmi venire voglia di andare a € 19.90.

Quanto sarebbe bello se gli editori cartacei e non imparassero dalle linee aeree. Non dico si risolverebbe la crisi della carta stampata, ma darebbero una segnale al pubblico che li ama, li segue, e comprerebbe pure i loro fogli ad averli nell’ edicola sottocasa. Che sempre più spesso non hai, visto che abbiamo la fuga di cervelli, in Italia i lettori diminuiscono e secondo me le due cose sono collegate.

Non so voi, ma io sono cresciuta con Tex e il Comandante Mark, fumettisticamente parlando, e a un certo punto con maschio alfa abbiamo deciso di collezionare certi fumetti della Bonelli. Facile, ti fai l’ abbonamento e te li fai mandare a casa. No.

Facile, ti compri ogni volta che vieni in Italia quello che trovi e gli arretrati li ordini e te li fai mandare a casa. No.

Fondamentalmente per ordinarsi degli arretrati, uno va sul sito dell’editore, inserisce un sacco di dati inutili tra cui l’ indirizzo di un amico o parente compiacente a cui mandarli in Italia, poi viene in vacanza in Italia, recupera il pacco e per una settimana si spalma sotto l’ ombrellone a leggerli, che è il nostro concetto di vacanza (oddio, c’ è chi va a fare turismo sessuale con i minorenni nel mondo, a noi concedeteci questa piccola, privata perversione, che poi i nostri, di minorenni, almeno sono costretti a leggere in italiano).

Ieri maschio alfa si è messo dietro al computer:

“Non mi accetta Civitaretenga come località, dice Navelli”.

“Ah, già, è vero, la posta sta a Navelli”.

“Quindi metto via Umberto I, Navelli?”.

Eh, ma questi paesi savoiardi hanno tutti una via Umberto I, e se ce l’ avesse anche Navelli? mi chiedo. Poi vabbè, i piccoli paesi savoiardi sono piccoli e tutti sono parenti fra loro.

“Vabbè, se leggono il nome dell’agriturismo lo sanno che è per la signora”.

“Si, ma il nome dell’ agriturismo non me lo fa mettere, c’ è solo una casella Nome e una Cognome”.

“Ah”.

“E mi chiedono il codice fiscale. Italiano”.

“Facciamo una cosa, mettici il mio di nome e cognome, che la signora forse mi riconosce prima, ed eccoti il codice fiscale”.

“Io non capisco: adesso che ho finito tutto mi danno una casella: presso“.

“Presto, mettici il nome dell’ Agriturismo, almeno lo capiscono dove mandarlo”.

Per fortuna sono paesi piccoli e sono sicura che se mando mia madre ad avvertire quelli delle poste di Navelli, che sono tanto gentili, capace pure che le telefonino quando arriva il pacco, che nei paesi, savoiardi o meno, spesso va così.

Interessante comunque come il concetto di fanz all’ estero non sia pervenuto alla Sergio Bonelli editore, come neanche quello di funzionalità della piattaforma web. Bello, bello, bello il mio Nicola Micheli della CloudJam  che quando mi ha fatto il sito di Da Gustare mi ha sfinito ipotizzando tutte le situazioni in cui l’ user non sgamato si poteva incartare e decidere di non prenotare (e io perdevo un cliente).

Una cosa del genere l’ ho avuta qualche anno fa quando ho deciso di fare un abbonamento al mio mensile preferito, che oltretutto aveva lanciato una campagna i solidarietà tra i lettori affezionati: abbonatevi o ci va male.

Loro almeno il concetto di abbonamento all’ estero con relativo sovrapprezzo per la consegna lo avevano previsto. Solo che poi nel compilare i dati, pur avendo previsto: Paesi Bassi come destinazione, eh, niente, la casella provincia prevedeva solo le province italiane e senza riempirla non si andava avanti. Affanculo loro e la campagna di solidarietà, non li ho più letti. Meritano di chiudere se questo è il livello.

Poi uno dice gli e-book. E che e-book.

Orange is the new black (nazionalismi calcistici)

 

 

 

oranje bovenVoi mettetevi nei miei panni e poi ditemi: poverina. Perché qui sono mesi che la Orange fever va avanti a ritmi che voi non vi potete immaginare e se dio esiste adesso hanno perso e ci possiamo rilassare un attimo.

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No, per dire, quello che vedete qui sopra è il giornalino aziendale del trasporto fluviale che augura il meglio agli oranje e così i loro clienti vedono, si immedesimano e partecipano e si crea fidelizzazione.

Se non ci credete guardatevi intorno quanti prodotti da mesi vengono venduti in versione arancione. Non dico i semplici ammennicoli del tifoso come vestiti, scarpe, cappelli, bandiere, festoni, trombette, toh, al limite pure le lattine di birra edizione speciale.

No, dico tortine, cracker, limonata per bambini, mouse, frullatori, persino il gesso agli ospedali.20140710-111438.jpg

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Dov’ è, dico dov’ è Marianne Thieme e il suo partito per gli animali, quando ce ne sarebbe bisogno?

 

 

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Figlio 1, l’ unico, vero appassionato di calcio della famiglia, che non si capisce da dove gli viene e poi uno pensa seriamente all’ opzione lattaio, persino lui ha dichiarato solennemente il primo giorno della prima parità dell’ Olanda:

– Io comunque ai mondiali tengo per l’ Italia?

– Ma davvero? mi fa piacere, ma non devi farlo per me

– No, è che mi sono scocciato.

– Di cosa?

– Ma di tutto, sta dovunque, anche nei negozi che non c’ entrano niente.

Lì ho capito di aver davvero fatto un figlio olandese, che la sobrietà ce l’ ha talmente nei geni da perdersi per strada le altre manifestazioni frivole e criptofasciste dell’ Orange Fever.

20140710-111719.jpg20140710-111331.jpgPerché se date un’ occhiata i Batavi come si combinano il circondario, non dico che come un sol uomo tirano fuori abbigliamenti arancione, le parrucche con le corna e le trecce arancioni, i cappelli con le tette, le bandiere, i colori per pittarsi la faccia, e ci si presentano pure in pubblico, ma proprio inseriscono questa passione anche nella vita professionale, uno non ci crederebbe che il resto dell’ anno il loro motto nazionale si Doe maar gewoon, dan doe je gek genoeg (comportati banalmente, che già così sei fin troppo stravagante) e la stravaganza, si sa, in questo paese va punita a mazzate. Basta che non sit ratti di calcio.

Così si vedono palazzoni per uffici coperti da teloni 30 x 10 che dichiarano: anche X tifa Oranje (dove a X potete tranquillamente sostituire qualsiasi banca, assicurazione, supermercato, ditta di logistica, il pizzicagnolo dietro l’ angolo. Solo i grandi uffici internazionali di avvocati e fiscalisti mantengono un profilo basso).

Per fortuna hanno perso, perché gli olandesi il meglio di loro lo danno nella sconfitta. Improvvisamente diventano tutti dei lord inglesi che danno la mano agli avversari e finalmente tacciono per un istante, invece di seppellirti dei loro commenti, opinioni, arroganza varie e rompicoglionaggine sparsa, quella per cui metà dei proverbi inglesi del ‘600 li citano (Dutch Courage = la sbruffonaggine indotta dall’ uso smodato di alcol ne sarebbe uno).

Adesso per un paio di giorni ce li godiamo così,  li facciamo discettare di tutti i falli, errori arbitrali, cattiverie ai loro danni che ci sono state, senza ricordargli, per pietà cristiana e poi in realtà perché gli vogliamo bene, di tutti i falli, sviste arbitrali, guardalinee cecati che ci sono stati nei giorni scorsi a loro vantaggio), ma tranquilli, sobri, rilassati, senza dover più dimostrare qualcosa al mondo.

Ci compreremo tutte le lattine di birra arancioni in svendita, aspetteremo che i festoni di plastica vengano distrutti dalla pioggia e dal venti e le bandiere stirate e riposte per il prossimo giro, e possiamo finalmente cominciare a discutere di cose serie. Tipo: allora anche quest’ anno venite in vacanza in Italia?

Un pensiero alla nostra regina Màxima, argentina di nascita: ma come hai fatto a sopravvivere all’ ultima settimana? Noblesse oblige.

 

MammAmsterdam per Radio Capital: parchetti per i bambini

Alle 12.10 circa mi sentirete su Radio Capital per dare consigli a un ascoltatore che verrà ad Amsterdam con un bambino di 4 anni e aveva bisogno di dritte. Fatemi fare mente locale e poi vi aggiorno, in particolare sui parchetti nascosti in pieno centro.

Fatti un bagno a Java Eiland

IMG_0115_2 IMG_0119Java Eiland è il nostro vecchio quartiere, dove siamo andati all’ asilo, a scuola, alle feste.

È un striscia lunga e stretta con tanti palazzoni e 4 canali, e all’ interno dei blocchi formati dai canali ci sono 4 giardini con il tema delle 4 stagioni e la pista ciclabile che li attraversa da un capo all’ altro dell’ isola. Venendo dalla stazione e dal ponte ci arrivate con il bus 42, oppure dal lato opposto con il tram 10 che ha lì il capolinea in Azartplein.

Tosariruin, il primo,  è il giardino d’ inverno, con un muro ondulato di mattoni ad altezza crescente per proteggere i rododendri dal vent. Il palchetto è semplice, uno scivolo, due altalene, una vasca della sabbia, ma sottovento, che non bisogna mai sottovalutarla ad Amsterdam una postazione riparata, e il muro che fa da scuola di roccia a tutti i ba,bini. Ennio ha iniziato ad insistere a salirci da un anno e mezzo, e io incertissima lo seguivo mano a mano che la strada si abbassava e il muro si alzava, per poi fare le acrobazie per rirpendermelo senza arrampicarmi io. Ma ha imparato prestissimo a salire e scendere dal lato alto, cosa che sicuramente gli è stata utile sul Gran Sasso.

Segue Imogirituin, con le fontanelle, bellissime per i giochi d’ acqua, e le siepi per il nascondino e i gingko biloba. È il posto dove ho insegnato ai bambini a saltare nelle pozzanghere prendendo la rincorsa e facendo sciaff con l’ acqua chew schizza da tutte le parti, e un signore anziano con il cane che si è fermato almeno cinque minuti a guardarci e io ridevo all’ idea che dentro di sè stesse scuotendo la testa e dicendosi: queste madri di oggi. O magari voleva solo unirsi.

Segue il Taman Sapituin, che è il giardino d’ estate ed è fantastico per giocare ad acchiapparella o a pallone. Idealmente era una vasca interrata ovale con delle colonne ad altezze digradanti, ma sempre tipo 2 m., circondata da cespugli che attirano le farfalle, e l’ idea era quella delle farfalle svolazzanti intorno alle colonne. Che dirvi, il drenaggio resta un problema da queste parti, e siccome si riempiva sempre d’ acqua e più che le farfalle ci potevano fare le lezioni di nuoto, un certo punto hanno riempito tutto di terra, ci hanno fatto crescere l’ erba e le colonne ad altezza sgabello con una stella sopra vengono rielaborate liberamente dai bambini.

Segue il Kratontuin, il mio preferito per la collinetta e gli alberi di ciliegio che fioriscono in primavera, con una serie di gradino e lastroni di pietra decorativi. Oltre alle varie arrampicate e corse in discesa sulla’ erba, noi lo usavamo per rotolarci abbracciati: mi sdraiavo per terra, mi stendevo il figlio di turno sulla pancia e poi rotolavamo in giù, ovviamente io mi tenevo su gomiti e ginocchia per non schiacciare il bambino quando finivo sopra. Che a una neomadre fa tanto bene per recuperare addominali e pavimento pelvico.

Dopo il Kratontuin si apre il più grande di tutti, quello che vedete in foto, e che è il Bogortuin. Questo è il posto dove all’ inizio e alla fine dell’ anno scolastico i bambini vanno a nuotare, quelli attrezzati in costume, il resto in mutande. Ci sono le scalette per arrampicarsi, l’ acqua viene controllata spesso, ma essendo un collegamento aperto con il lago, però separata dalle rotte dei barconi, si scambia spesso. In quel bacino c’ è anche la scuola di vela e canoa. Nel pratone, che viene abbondantemente usato per feste e pic-nic e a un certo punto c’ è persino un tavolozze dalla forma dell’ isola per sedersi, ci sono un campetto da basket, una sabbierà e tantissimo spazio. Certo, quando i figli avevano uno e tre anni, e ci mettevo mezz’ ora di sfinimenti a prepararli e convincerli a uscire, e alla fine ci arrivavamo e io ero esausta e mi sognavo che si mettessero a giocare con la sabbia e i giochi vari per consentirmi di riposare e che so, fare due chiacchiere, me ne partivano sempre, contemporaneamente, uno a sud per precipitarsi in acqua, l’ altro a est per buttarsi sotto il tram. E quando era ora di tornare a casa, scene da tregenda per convincerli a mollare tutto.

Adesso che da lì accanto parte il nuovo traghetto per nord spesso e volentieri vanno da soli in bicicletta a trovare gli amici e a nuotare e poi rientrano a casa.

Dio, c’ è. Poi prendete anche voi il traghetto per nord, quando scendete andate a destra e vi ritrovate in un bosco bellissimo, il Vliegenbos. Di cui vi parlerò un’ altra volta.

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De Wallen

De Wallen è la parte più antica di Amsterdam, quella racchiusa tra i tre valli di difesa dal porto: Ouderzijds Voorburgwal, Ouderzijds Achterburgwal, Klovenierburgwal (che è quello che parte dal Nieuwmarkt, la piazza della pesa pubblica).

De Wallen è anche il nome che in olandese si dà al celebratissimo quartiere a luci rosse,m che lo trovate all’ inizio dei due Ouderzijds, all’ altezza del Nieuwmarkt. Ma se scendete lungo il Kloveniersburgwal, o se da Piazza Dam prendete la Damstraat e poi girate a destra su uno qualsiasi dei Wallen, arrivate alla fine a un complessione dell’ Università di Amsterdam, con il Crea Cafè dove vi consiglio di fare merenda.

Da lì, risalendo verso il Nieuwmarkt lungo Ouderzijds Achterburgwal troverete sulla destra una galleria coperta con le bancarelle dei libri che riesce sul Kloveniersburgwal. Le cartine la indicano ma non ha un nome, comunque fa parte del complesso Oudemanshuis dell’università. A metà di questa galleria a sinistra avrete il cortile dell’ università con le panchine, a destra uscite in questo giardinetto nascosto che vedete in foto. un momento di pausa e distensione durante una passeggiata a piedi per il centro di Amsterdam.

Oude Schans

Se siete stati a visitare il museo Nemo e volete addentrarvi a piedi verso il centro, fatelo dal Nieuwe Schans, che riconoscete per la Montlbantoren con la punta bianca. A un certo punto, dopo la torre, troverete un vicoletto che poi fa un giro dietro una casa e riesce ed esattamente lì dietro c’ è un bellissimo palchetto giochi attrezzato.

Comunque come vi dicevo, dovunque andiate ad Amsterdam trovate se non proprio dei parchi giochi completi, almeno un giardinetto con una panchina e uno scivolo e il mio consiglio è di approfittarne, perché dando anche ai piccoli dei sacrosanti momenti di pausa (tempo permettendo) vi seguiranno più volentieri.

Se non vi volete portare dietro un passeggino, o i bambini magari sono troppo grandi, non dimenticate che un monopattino certe volte è la soluzione geniale per coprire grandi distanze. Se i bambini si stufano lo piegate e ve lo mettete nello zaino (noi giriamo sempre con una borsona tipo ikea ripiegata in borsa) altrimenti loro con delle rotelle sotto ai piedi vi seguono più volentieri. I pattini in centro invece non li consiglio, il lastricato a pietre e mattonino è una scocciatura.

Buona passeggiata e se avete anche voi un palchetto preferito ad Amsterdam segnalatecelo nei commenti. Un altro post sui grandi parchi seguirà, prima o poi.

Rifugiati: quando ci sfugge l’essenziale

Come le dice Chiara Peri le cose, lei che ci lavora, io non le leggo da nessuna altra parte.

Yeni Belqis

È incredibile che all’arrivo di queste persone, donne e bambini, ragazzi, non sia prevista la distribuzione di acqua, cui hanno provveduto dei volontari. 

Padre Giovanni è da molti anni il presidente del Centro Astalli, l’associazione per cui lavoro. Chi lo segue su twitter sa che non è un burocrate. Incontra e ascolta rifugiati ogni giorno, è costantemente presente nei servizi di prima accoglienza e spesso e volentieri anche negli edifici occupati e in tutti quei luoghi poco comodi e talora indegni in cui si svolge la quotidianità di queste persone.

Ieri sera era a Lampedusa, per l’anniversario della visita di papa Francesco che ricorre oggi. Nella giornata di ieri sull’isola sono sbarcate oltre 300 persone. Lui è andato sul molo e ha notato una banalità: nella macchina della prima assistenza alcune cose non sono previste. Ad esempio, dare un bicchier d’acqua a chi arriva e deve attendere sul molo. Dare…

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Entomologia

IMG_9809“Guarda mamma, c’è un’ape morta”.
Se la osserva attentamente, poi mi raggiunge:
“Io proprio non capisco come facciano le api a volare: sono pesanti, non sono per niente aerodinamiche, hanno le ali piccolissime”.
“Forse perché le sbattono velocissime?”

Io certi giorni comunque mi sento proprio come un’ape. Corro ad attaccarmi al barattolo del miele.

E comunque il mio miglior trattato di Entomologia è stato Il carnevale degli insetti di Stefano Benni che ho recitato insieme a Quelli di Astaroth e che vi ripropongo qui: http://www.youtube.com/watch?v=Spk6OuH-wa8

Scialba della Zozza e l’uso strategico della bocca per allietare la quotidianità

boccaBonjour mes petits amis, mi state bene, vi sono mancata? eh, si, quest’ inverno mancava la neve ed invece di andare a St. Moritz abbiamo optato per una crociera in veliero, poi il vento è caduto, poi sono arrivati i Quaranta Ruggenti, poi il marinaio è sempre il marinaio e noi ne avevamo una quarantina a bordo, insomma, sono stata un pochino off-line.

E in mare, specie quando cala il vento, sapete com’ è, si diventa meditativi, occorre inventarsi un modo per passare il tempo e com’ è, come non è, mi sono ritrovata a riflettere su tutte le belle cose che facciamo quotidianamente e per cui usiamo la bocca.

Voi ci avevate mai pensato? alle infinite prospettive che una bocca, truccata adeguatamente, ovvio, che apre nei momenti di noia e quotidianità?

Poi consideriamo che Dior non fa shipping a domicilio all’ altezza del 23esimo parallelo e quindi la soluzione migliore quando ci si sta per imbarcare sono le soluzioni di maquillage semipermamenti.

Il laser per depilarsi definitivamente (si, so che state per chiedermelo, anche lì, e dopo tanti ripensamenti e considerazioni l’ ho fatto anche’ io, non mi vedete un pelo che sia uno sulla lingua). Lo smalto al fornetto, basta scegliere bene un colore che stia su tutto che poi in mezzo ai Quaranta ruggenti hai voglia ad abbinare. io ho scelto una sfumatura sobria, il nr. 35 Alito di Paguro nella conchiglia, che col tema marinaro sta tanto bene. E infine, si, infine, il trucco permanente a bocca e occhi, una cosina leggera visto che in veliero si sta sempre un po’ più informali che in yacht.

La cosa fondamentale è abituarsi a vedersi sempre truccata alla perfezione senza lasciare macchie di rossetto in giro. No, ma davvero, Chi ha quindi quegli amanti un pochino feticisti, quelli che godono di più a vederti con le macchie di Coral Red o Plum Extreme sparse su lenzuola, biancheria intima, tende della doccia, guancia della suocera ai saluti di rito, che a farsi fare un pompino come si deve, ecco, deve cambiare trucco o cambiare amante. Quello che al momento è più semplice. In veliero, mi dicono, si fa prima a cambiare amante.

Vi elenco quindi in comodi punti consultabili, che sono rientrata dopo 8 mesi di navigazione quasi in solitaria, a parte i quaranta marinai, tutti ruggenti, per accorgermi che in Bloggolandia di questi tempi vanno di moda i post a punti. Il che mi conferma che nessuno è più in grado di concentrarsi su nulla e che ci attende un futuro di sveltine appoggiati alla basculante del garage. Ma come dice sempre il Vate, “chi si accontenta gode”. Vai con i punti.

1) In barca nessuno ti porta il caffè a letto perché si rovescerebbe per strada. Occorre quindi arselo da soli ed ho scoperto che per svuotare l’ imbutino della caffettiera il modo migliore è inclinarlo sopra la pattumiera e soffiarci dentro dal lato opposto. Poi si lava il tutto e si ricarica la macchinetta. Semplice, no?

2) Dimentichiamoci anche le uova alla Benedict, l’ unica speranza di non spalmare la colazione sulla’ oblò alla prima straorzata del timoniere è mangiare solo uova sode. Per sgusciarle rapidissimamente basta fare due bichini piccini ai poli opposti dell’ uovo, poggiare le labbra su uno dei due e soffiare forte. L’uovo si stacca magicamente dal guscio ed esce, forzandolo, dal foro opposto. Non provateci con l’amante, non a 2000 miglia nautiche dal porto più vicino.

3) Non avendo neanche nessuno a rifarti il letto, ed essendo lo spazio in cabina quello che è, le lenzuola non si possono ripiegare in due persone. Anche qui la boccuccia santa viene in nostro aiuto, soprattutto a chi non ha l’apertura alare del condor. Basta afferrare le due cocche opposte del lenzuolo dal lato più corto, afferrare tra le labbra o i denti più o meno il centro e tenendo così fermo il lenzuolo si possono accoppiare le due cocche da un lato tenendole con una mano sola e ritrovandoli l’ altra libera per afferrare il lato opposto. Facile, no?

Ricordatevi, met petits choux de Bruxelles, la bocca risolve tante, ma tante situazioni quotidiane a cui non avreste mai pensato. Fatene tesoro, e fatemi sapere.