10 cose da non dire a chi ha a che fare con l’ ADHD

Ci sono scesa un po’ a patti nel frattempo, ma scoprire da adulto che hai l’ ADHD è sempre una botta. Facciamo finta che tutti abbiamo un minimo presente di cosa sto parlando quando dico ADHD, tanto questo post è appunto per ricordarci cosa ne pensa chi ne sa poco e niente. Poi quando ho sedimentato ancora un po’ cercherò di spiegare cosa sia esattamente, come me l’hanno diagnosticata (e le cantonate prese per strada) e le fonti di informazione affidabili che ho trovato in giro e ve ne scriverò a parte.

Ammetto di aver sofferto a non dirlo prima. Non a caso quando proprio non ce la facevo più a tenermela, mi sono limitata a una roba un po’ generica. Non so, magari lo sarebbe lo stesso se mi avessero diagnosticato i piedi piatti, la celiachìa o la presbiopia (ah, fermi, quest’ultima me l’ hanno appena scoperta e dopo 4 decenni da ‘cecata’ non riesco ancora a farmene una ragione, io con gli occhiali da lettura vedo appannato, con quelli vecchi da miope/astigmatica no). Comunque ti ci devi abituare. E io intanto che mi abituavo cercavo di tenere a mente i lati positivi che mi ricordava la mia psicologa. Tutto questo ha portato a una bellissima chiacchierata con Miss Nathalie Finch che essendo per mestiere dall’altro lato della scrivania qui ha spiegato ottimamente come funzionano le diagnosi ai bambini.

Io intanto parlo per me che sono adulta. Ci vuole un po’ di tempo per capire che una serie di cose che mi hanno sempre dato noia nella vita (e fingo di andarci su leggera, eh) in realtà non le posso proprio influenzare. Il tuo cervello funziona così, con quei doni e quei limiti e basta farsene una ragione. Disse quella che ha passato 47 anni a sentirsi disadattata e diversa dagli altri, ma in fondo siamo tutti i diversi di qualcun altro, so what’s new?

Ancora più difficile è dirlo in giro, perché la gente che ti ha sempre conosciuto (e apprezzato) così cosa vuoi che ti dica? E la gente che ti conosce poco, cosa vuoi che ti dica? E in generale, ma dell’ ADHD cosa si sa in giro? Non chiedetelo a me che forse per motivi di pura sopravvivenza ancora non mi metto per bene dietro google per informarmi, quindi posso solo dire quel paio di cose su cui sono inciampata io. Che sono ridotte, personali e di parte, quindi praticamente di nessuna utilità per chicchessia. O forse si.

Eccovi quindi le cose da non dire a che ha l’ADHD, tranne me che nel frattempo per scriverle me le sono elaborate, oppure ho già sfanculato il primo che me l’ ha dette e adesso posso gestire meglio i prossimi.

1) Ah, queste malattie di moda

Ecco, vai magari a dirlo a uno che ha un tumore raro, l’ebola, l’ AIDS o qualcosa di più facilmente quantificabile. Ah, non glielo diresti? Come mai? (E comunque è una sindrome, non una malattia).

2) Ah, ma è quella cosa dei maschietti troppo vivaci?

Si, quella, ma non viene solo ai maschietti. Viene anche alle femminucce. E non viene solo ai bambini. Ce l’ hanno anche gli adulti. E non si esprime solo con irrequietezza e vivacità, quello è il sintomo “facile” che non hanno neanche tutti. Insomma, io sono femmina, adulta e relativamente tranquilla fisicamente, anzi, proprio pigra. Ma ce l’ ho, talmente inequivocabilmente che quando mi è arrivata una bella diagnosi scritta la prima reazione di chi mi vuole bene e mia è stata: ma come mai non ci abbiamo pensato prima?

3) Si, ma secondo me non hai l’ ADHD (qualsiasi cosa ciò voglia dire), è che tu sei un tipico gemelli, sempre sognatore e con la testa fra le nuvole

Il meccanismo di minimizzare per consolare e sdrammatizzare lo capisco, è umano, io l’ho applicato allo sfinimento con gli amici (molti dei quali essendo più civili di me non mi hanno neanche sfanculata) ma non aiuta, anzi, irrita. Io sto facendo una fatica enorme per accettare questa cosa, perché la devo accettare, la devo capire e me la devo fare amica visto che me la devo tenere, per cortesia non banalizzare tutto questo, anche se è un processo invisibile e ti sfugge. E io sono già stanca di mio. Provaci tu a vivere ogni minuto, ogni giorno della tua vita con 40 schermi che urlano a tutto volume una cosa diversa nella testa, senza meccanismi efficaci per filtrarli, che poi l’ oroscopo lo riscriviamo insieme.

4) Si, ma adesso diagnosticano queste cose a chiunque e prima non ce l’ aveva nessuno, secondo me è una scusa (per vendere medicine, per dare una scusa ai pelandroni, per controllarci attraverso le scie chimiche, perché i vaccini e big pharma e il complotto plutogiudaicomarziano).

Questa mi fa incazzare, ma tanto, per motivi che non sono in grado di spiegare razionalmente. E piantatela di linkarmi Robinson perché sono perfettamente d’accordo con lui sulla situazione di iperdiagnosi negli USA, a cui sottendono metodi di testing e politiche scolastiche nei diversi stati, ma appunto, non è il mio caso e la diagnosi non me l’ha fatta una maestra stanca ma una batteria di gente che ne sa. Questo TED Talk mi piace, ci credo, ma appunto, l’ epidemia di ADHD di cui parla non è la mia

5) Ma mica prenderai le medicine?

Si, all’inizio non capivo se mi servissero o meno, se facessero una differenza o meno. Poi ne dovevo prendere due al giorno, e io a prendere al mattino ci arrivavo, ma la pasticca di mezzogiorno proprio non riuscivo a ricordarmela manco segnandomi l’allarme sul telefonino. Ho smesso di prenderla per sciagurataggine due settimane (ahò, in fondo ho l’ ADHD, ci sta che mi scordi di farmele riprescrivere quando finiscono) in cui dovevo organizzare un sacco di cose ed è stata un’ esperienza così stressante da farmi ricredere.

A me la medicazione fa davvero tanto, in meglio, non è detto che sia così per tutti. Proverò altre cose ma intanto va bene così. In Italia peraltro il Ritalin costa meno dell’aspirina, così, sempre per tranquillizzare i complottisti da Big Pharma, che mi chiedo cosa si prendano quando hanno il mal di testa. E no, non mi cambia il carattere. Sono sempre io. Riconoscibilissima. Ma mi stanco meno, mi stresso meno e ho più tempo di tirare fuori quei lati piacevoli, che sempre miei sono, e che conosciamo bene.

6) Ma sono psicofarmaci, sono pericolosissimi, è stato dimostrato che hanno sul cervello lo stesso effetto della cocaina

Ormai gli articoli allarmistici ad minchiam si riconoscono dallo stile e dalla mancanza di argomentazioni serie, sostituite dalla suggestione. Me ne avete spediti a chili con le migliori intenzioni, ma o ve li leggete voi criticamente prima o piantatela, che reggere una diagnosi del genere già è faticoso di suo. Si è vero, se sniffassi il principio attivo in quantitativi equivalenti alla dose di cocaina che mi brucerebbe il cervello avreste pure ragione. Ma a parte che nessuna ricetta ne contiene tanto, poi stare lì a polverizzare e sniffare, ma dai, siamo seri. le dosi che prendo io sotto assiduo controllo medico non sono neanche lontanamente paragonabili (a parte che continuo a scordarmi la seconda pasticca e quindi ne prendo ancora meno).

Facciamo così, tutti quanti abbiamo sicuramente dei conoscenti che ammettono di farsi di coca lucidamente nel weekend a scopo ludico e rilassante che tanto non gli succede niente, loro si che se la sanno gestire. Andate prima a dirlo a loro che si bruciano il cervello e regalano i soldi alle mafie che poi ci fanno cose che rovinano la vita, direttamente o indirettamente anche a noi. Il risultato è triplice, vi cavate dalle mie scatole, vedete a scopo di studio antropologico che vi rispondono loro e fate opera meritoria contro le mafie. Ah, già, ma voi magari vi fate le canne lucidamente e state benissimo. Vi dirò, sto bene pure io che non me le sono mai fatte.

7) Ma ai tuoi figli la daresti?

Se ve ne fosse necessità e alle stesse condizioni con cui la prescrivono a me, certo, di corsa. Il punto è che nei miei anni di volontariato a scuola ne ho visti alcuni di bambini ridotti talmente male a causa di un problema non meglio determinato, una bimba giù di morale, depressissima e con l’autostima a zero che faceva cose che oggettivamente rischiavano anche di metterla in pericolo (e mandare in galera noi sorveglianti).

Un altro ragazzino, neanche cattivo, visto che l’ ho conosciuto al nido di mio figlio e l’ho visto crescere, a un certo punto stava diventando un pericolo per sé e per gli altri quando partiva con i cinque minuti di aggressività. A scuola non si poteva dire niente per via della privacy, poi seppi che la madre, con una diagnosi e tutto, comprensibilmente aveva avuto paura delle medicine e rifiutava di farlo medicare. Fino a che non è finito in una brutta rissa, è intervenuta la polizia e i servizi sociali, qualcosa deve essere successo perché nel giro di una settimana è cambiato da così a così ed è tornato il ragazzino gentile che ho conosciuto da piccolo. Con grande sollievo di tutta la scuola. E della madre, con cui poi ho parlato. (Una dei rappresentanti dei genitori si lasciò sfuggire: “si vede che gli hanno cambiato dosaggio”).

Sono cambiati da così a così nel giro di una settimana, hanno finito bene la scuola e sono riusciti and andare alle superiori che volevano, sono diventai felici, hanno ricominciato a socializzare, a una è venuta la botta creativa che evidentemente prima era troppo deconcentrata per dedicarcisi, si è rimessa a fare danza che aveva dovuto interrompere e l’hanno scelta come comparsa per un musical nazionale che non vi cito, anche se lo stanno dando adesso.

Ma guarda, se sapessi che fanno bene così a prescindere pure io inizierei a prescriverle come party pill. Purtroppo non sono la pillola magica che funziona per tutto e tutti, non a caso sono controllatissime e per fortuna da noi si vendono solo su prescrizione di uno specialista. Come è giusto che sia.

8) Ma non si conoscono gli effetti a lungo termine

Oddio, in fondo è stata brevettata solo negli anni ’50, magari invece gli effetti su certi tipi di indicazioni sono pure noti. Se io fossi un’ adolescente magari me la prescriverebbero solo per un certo periodo, visto che i bambini crescono, si evolvono e tante cose passano.

E comunque farei una considerazione diversa:

Vedi sopra, la bimba depressissima e autostima a zero di cui vi dicevo sopra ha rischiato più di una volta, con le reazioni e le cose che faceva per disperazione, di sfracellarsi per sbaglio dal tetto, impiccarsi e simili. Se un bambino di manco 7 anni rischia questo, ma sai quanto gliene frega ai genitori l’ effetto che avrebbe potuto fargli fra vent’anni la pillola se nel frattempo a vent’ anni non ci sarebbe mai arrivato?

Insomma sembra la dietologa che voleva mettere a stecchetto mia nonna a 92 anni portati benissimo e dopo una vita di frugalità al limite degli stenti: “Dottoressa, ma alla mia età neanche un peccato di gola posso più fare, visto che degli altri non mi è rimasto niente?”

9 e 10) Eh, quando ho scritto il titolo ce le avevo tutte in mente, e forse anche qualcuna in più

Adesso mi sfuggono. Però cosa volete che vi dica, il sintomo fondamentale del deficit di attenzione con o senza iperattività (ADHD o ADD per gli amici) è quello di non avere filtri che dicano al mio cervello qual era di nuovo la cosa su cui mi dovevo concentrare proprio adesso tra le 30 – 40 che mi urlano in testa. Facciamo così se mi torna in mente ve lo dico un’ altra volta. Anche perché ce n’è da dire.

E a questo punto una domanda ve la faccio io: se non fosse un handicap – perché di questo si tratta – invisibile, come ce ne sono tanti, voi la stessa cosa la direste a qualcuno con una diagnosi più nota e visibile?

 

I gruppi gay con bambini

“Mamma, in Italia ci sono 16 gruppi gay”.

È da un bel po’ che le informazioni di Figlio 2 le prendo sul serio perché non abbiamo ancora capito dove e come, ma quel bambino è una miniera di informazioni. Adesso ci ha detto che possiamo chiamarlo Google, ovviamente pronunciato a modo suo in modo che assomigli al suo soprannome di casa.

“Sedici? Avrei detto di più, ma solo di uomini?”

“No, anche lesbiche. E spesso sono gruppi di due persone, ma ci sono anche dei bambini”.

Allora ho capito che era di questa notizia qui che stava parlando. Come abbia fatta a leggerla dal quotidiano che ho comprato in aeroporto e manco ho finito di leggere e sta ancora piegato in borsa, non lo so.

So solo che lui ha capito tutto, o quasi.

“Comunque quelli non sono gruppi gay, sono famiglie che si sono sposate all’ estero, e adesso le accolgono a Roma. Che non cambia niente per la legge, perché in Italia non ti puoi sposare se sei gay, ma cambia tutto nel farli sentire i benvenuti”.

Che poi che preciso a fare, lui è Google, queste cose le sa già da solo.

Il bello di avere l’ADHD

video“E quindi è tutta colpa tua, io l’ho ereditato da te”. Il ragazzino ride in faccia al padre nello studio della psicologa.
“Embè, di che ti lamenti, non hai sentito la dottoressa che ha appena finito di spiegarti tutte le cose bellissime che hai? Energia, creatività, la capacità di fare 30 cose tutte insieme. Meglio di così. Che volevi ereditare, dei soldi, che a parte che non ce l’ ho, sono pure una cosa tanto volgare?”

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Tempo fa lessi questo articolo di Pietro Barbetta, che tra l’ altro link a all’ inizio alcuni articoli sull’ argomento. Nell’articolo, che sottoscrivo in buona parte, anche se a una prima lettura mi fece incazzare, lo si dice senza mezzi termini:

“Oggi il bambino vivace è diventato un ADHD. Acronimo americano buono per il DSM, altro acronimo americano. Oggi parliamo per acronimi, gli acronimi coprono le origini, gli acronimi svolgono solo funzioni. Oggi non importa più neppure sapere da quali parole sono composti gli acronimi, anzi è meglio che non si sappia.

ADHD significa attention deficit hyperactivity disorder, ovvero disordine da deficit di attenzione e iperattività. I bambini vivaci sono patologizzati e le competenze per il loro trattamento sono diventate tecnologiche. In primo luogo farmaci. Si sostiene che i bambini affetti da ADHD hanno comportamenti impulsivi, che possono diventare adulti con disturbi di personalità (antisociali, borderline). Avete mai incontrato un bambino non impulsivo? Si è mai pensato, prima di quando l’ADHD diventasse una diagnosi diffusa, che l’impulsività non fosse una caratteristica costitutiva del bambino?”

Negli ultimi 2-3 anni ho avuto per caso o per voglia, a che fare con diverse famiglie che si sono trovate a gestire un percorso diagnostico sull’ADHD. E ho imparato alcune cose che in perfetto stile Mammamsterdam non potevo evitare di condividere con tutti voi. Eccoci qui.

*****qui inizia una delle mie ben note digressioni sul tema, se vi volete saltare le verbosissime considerazioni preliminari e andare direttamente alla comoda lista a punti in cui vi elenco il bello di avere l’ADHD, saltate tutto a piè pari e ci vediamo in fondo dopo le altre stellette*****

Non ci sono mancati i casi di diagnosi ad mentula canis, come la mia amica convocata dalle maestre dopo un paio di mesi di prima elementare che con toni allarmantissimi le ingiungevano di drogare il figlio, violento e ingestibile oltre ogni dire, o altrimenti non glielo tenevano in classe. Dopo la prima botta di disperazione, seguita dalla botta di rabbia, è saltato fuori che da due mesi il bambino passava ore e ore a fare i giochetti col computer in corridoio, con l’occasionale supervisione del bidello. Motivo? Boh.

I genitori sempre e comunque disperati, e nel frattempo anche incazzati con la scuola, e preoccupati del futuro scolastico del bambino che intanto aveva perso due mesi, gli cambiano immediatamente scuola, trovandone una privata dalle monache che lo prende, con giardino e supporti vari, a caro prezzo ma non puoi far perdere altro tempo a un bambino in prima elementare. Nel frattempo sempre con grandi patemi e dispendio di nervi e soldi, il bambino è stato esaminato, testato, rivoltato come un calzino da persone competenti, come dire psicologi e psichiatri infantili. Per concludere che non ha assolutamente niente, al limite è un po’ vivace e bastian contrario, ma non si droga la gente per questo. La nuova scuola non ha nulla da ridire sul suo comportamento e se ce l’ ha, se lo gestiscono in altri modi. I genitori sollevatissimi. Io incazzata per la proprietà affettuosa transitiva.

“Ma almeno hai denunciato la prima scuola e le maestre? Con quello che ti costa il diritto all’ istruzione di tuo figlio?”
“Sai com’è, ne siamo usciti talmente sfiniti che proprio non ho voglia più né di vederli né di sentirli.”

E come darle torto. Poi su questa mania di dare il ritalin a normali bambini vivaci ormai se ne leggono e sentono di tutti i colori, che uno è per forza contrario per principio.

Il motivo per cui l’articolo citato all’ inizio e altri simili mi fanno un po’ incazzare è che sembrano voler bagatellizzare, in un certo senso chi il deficit di attenzione ce l’ha sul serio. Da persona notoriamente molto distratta, mi rendo conto perfettamente di quello che intende dire una definizione che ho trovato in giro: avere un deficit di attenzione è come avere in testa 40 televisori, tutti al massimo del volume e ognuno su un canale diverso. Non fai a tempo a riconoscere il tuo attore preferito in uno dei televisori che lo schianto del Boeing sulla’ altro, il concerto di capodanno sul terzo e una serie di altre cose interessantissime lottano per portare la tua attenzione sul loro programma. Mi viene il mal di mare solo a pensarci che c’è chi vive così.

Che specialmente in America, e piano piano nel resto del mondo occidentale, si diagnostichino (o si fingano di diagnosticare) sempre più spesso dei bambini con qualche acronimo lo sappiamo. È un bene, è un male? Io penso che lo si possa paragonare alle denunce per stupro: fino a che nel comune sentire uno stupro era colpa e stigma sociale della vittima a cui si rideva in faccia o peggio se provava anche solo a denunciare, secondo le statistiche di denuncia non esisteva quasi stupro nella società e se esisteva, capitava solo alle Marie Goretti che per evitarlo si facevano ammazzare. Chi sopravviveva, per definizione, era consenziente. Adesso che un minimo di sensibilità individuale e comune sentire in proposito è cambiato si assiste al boom di stupri, persino nella lontana India.Si stupra di più, oggigiorno, o si denuncia di più e ci si indigna di più? Ecco, con le diagnosi di ADHD secondo me è la stessa cosa.

Non è che quando eravamo piccoli noi non esistessero i bambini ADHD, dislessici autistici e che in qualche modo emergevano dal contesto e ‘davano fastidio’. Esistevano, ma erano considerati sfaticati o delinquenti a cui spezzare le reni. A bacchettate, se necessario. Mio padre, insegnante alle medie, raccontava dei genitori che gli si raccomandavano di menare al figlio se si comportava male, che poi a casa gli davano il resto loro. Trovateneme uno di quegli ex-bambini terribili che senza una famiglia illuminata e provvista di mezzi economici alle spalle sia riuscito bene nella vita. In genere hanno ripetuto 2-3 volte la terza media e poi hanno abbandonato per andarsi a trovare un qualsiasi lavoro fisico che non li stigmatizzasse troppo per quello che erano. Se gli andava bene.

Provateci adesso a 15 anni a cercare un lavoro in cui esprimersi per un figlio che a scuola ha sempre sofferto. Se ti va bene lo mettono in corridoio dietro a un computer con l’occasionale supervisione del bidello. Il quale bidello, se in età, magari ha avuto il culo di essere uno di quegli ex bambini a cui i parenti con qualche connessione sono riusciti a far avere il posto. Ma un meccanico, tornitore o fabbro che si prenda un ragazzo che poi impara un mestiere e riesce in qualche modo nella vita, e anche bene, non esiste più e se esistesse, lo metterebbero in galera se si prende un apprendista minorenne. Per non parlare delle assicurazioni. Quindi questi sfoghi sociale degli ex bambini senza diagnosi oggi si risolvono con diagnosi più o meno accurate, fino a che sembra che tutti i bambini di oggi abbiano una diagnosi. Nella scuola di mio figlio ADHD è quasi un insulto, come mongolo ai miei tempi.

Uno di questi bambini problematici a scuola l’ho conosciuto a scuola di mio figlio, nelle poco piacevoli circostanze raccontate qui. Il ragazzino che per mesi ha torturato e poi picchiato mio figlio lo conosco da quando aveva due anni, andavano insieme al nido. Sua madre la tenevo nel cuore, perché la vedevo sola a tirare su questi due figli molto vivaci, li vedevo arrivare a scuola sempre sull’orlo del ritardo, con lei che gli strillava di sbrigarsi. E in una scuola piccola come la nostra, dove oltretutto ero molto attiva e conoscevo tutti, sapevo che era un bambino non troppo cattivo, neanche troppo stronzo, ma abbastanza incontenibile, che faceva sempre a botte e si ficcava sempre nei guai. E quando comunicarono i problemi con nostro figlio, la scuola in nome della privacy si rifiutava di dirci cosa stesse succedendo, facendo accenni vaghi a una situazione che non erano in grado di risolvere come avrebbero voluto, e a un tirocinante assistente del maestro di ginnastica che lo avrebbe seguito durante le pause e in altri momenti, quando rischiava di non tenersi, non per sua volontà.

Insomma, la scuola è piccola e un anno e mezzo dopo il segreto di Pulcinella è stato svelato pure a me: a quel ragazzino era stato diagnosticato una ADHD, la madre rifiutava di farlo medicare, la scuola, il medico e l’ assistente sociale che li seguiva avevano le mani legate e potevano solo contenere i danni. Con l’intervento della polizia sollecitato da noi (la mia amica avvocata mi aveva rassicurato, all’epoca, dicendomi dei tanti ragazzini difficili salvati da una denuncia al momento giusto) evidentemente la madre ha capito che la cosa rischiava di sfuggire ulteriormente di mano. Io all’ epoca non lo sapevo, ma entro una settimana quel ragazzino l’ abbiamo visto cambiare da così a così (giro il palmo della mano verso il basso), tornando il bambino che conoscevo all’ asilo, l’amichetto del calcio di mio figlio, quello che raccoglieva da terra e accarezzava i piccoli che inciampavano e piangevano. È andato alle superiori, pare vada bene anche se, mi dicono, si fa le canne e continua con gli atteggiamenti da piccolo macho de noandri, ma insomma, un diploma lo ha preso, poi ognuno fa sempre a tempo a rovinarsi la vita nei modi che preferisce.

Insomma, a volte mi viene da pensare che in quel po’ di casi in cui la diagnosi viene fatta da esperti con cognizione di causa, alla medicazione si accompagna una terapia adeguata, un intervento per insegnare a chi ce l’ha a gestirsi imparando quelli che il medico scolastico mi definì “i trucchetti”, non c’è motivo per cui non si possa avere una vita e un percorso scolastico normali. E siccome evidentemente il discorso delle medicine non piace davvero a nessuno, si ricorre ad alternative in corso di studio. Un’altra amica mi aveva accennato alla mindfulness e tracchete, ho scoperto anche quella: un percorso che si chiama: Meditazione o medicazione?

*****fine della digressione*****

E poi mi sembra più costruttivo pensare in termini di opportunità. Eccovi quindi alcune cose che ho imparato sul bello di avere l’ADHD:

  • si ha una grandissima energia, fisica e mentale, che se ben incanalata e supportata dai “trucchetti” che dicevo (ognuno si inventa i suoi) può farti raggiungere tutti gli obiettivi che vuoi e magari anche un paio di quelli che non pensavi di raggiungere
  • si è molto creativi
  • si riescono a mandare avanti diversi progetti e idee e ragionamenti contemporaneamente. Magari è stancante per chi sta intorno, ma i risultati ci sono e si vedono, basta non perdersi i pezzi per strada (il cosiddetto multitasking comunque esiste anche scisso dall’ ADHD, capiamoci)
  • si riescono a fare cose che gli altri si sognano proprio perché metti insieme dei pezzi del puzzle che altri non noterebbero
  • molti ADHD sono mediamente più intelligenti della media
  • il cercare di compensare la distrazione, la memoria a breve termine, il perdersi tra gli infiniti canali TV che stanno accesi nella tua testa, ti insegnano a trovarti e usare automaticamente un sacco di strategie che chi funziona in maniera più regolare manco si sogna, anche se a volte servirebbero a tutti
  • impari a fare molte più cose con il pilota automatico

La cosa fondamentale, per chi ha (un bambino con) l’ ADHD è di non perder mai di vista questi lati positivi invece di concentrarsi solo su quelli negativi. Cercare le opportunità, costruirsi le scorciatoie (o allungatoie). E soprattutto accettare serenamente l’evidenza dei fatti, che ci sono delle cose che forse ti vengono meno bene, ma sono appunto piccoli aspetti del tutto. E il tutto in generale è che comunque hai quelle 39 marce in più, basta imparare a innescarle quando ti servono.

E infine, come disse il terapeuta di una famiglia che ho seguito: Per dirla proprio come sta, la diagnosi di XY si chiama XY. Lui è una persona completa con tutte le sue caratteristiche, non ce n’ è un’ altro come lui e quindi non si pu`ø ridurlo a un’ etichetta.

Ecco, sapere come sono fatte le etichette è un ottimo punto di partenza per poi farne a meno.

L’ eta adatta per restare incinta (16 anni e oltre)

Come forse sapete scrivo per Genitori Crescono che è il sito genitoriale più figo d’Italia, per le informazioni equilibrate e corrette, la mancanza di sensazionalismo, le belle teste – redazione e guest-blogger – che ci scrivono ma soprattutto per la splendida varia umanità che ci si raccoglie intorno e per le discussioni che quasi ogni articolo suscita, piene di commenti intelligenti, equilibrati, rispettosi, non giudicanti e che aggiungono sempre qualcosa che non sapevi o un altro punto di vista.

Fine dello spottino pubblicità & progresso.

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Il lavoro dei miei sogni

corpuscoli

Questo è il mese decisivo per il futuro di Ennio, che detta così sembra altamente drammatica, ma si tratta del mese in cui ci toccherà visitare scuole superiori, morire sui risultati del CITO-toets che faranno a febbraio, iscriverlo a un liceo, se i risultati ce lo consentono e aspettare gli esiti del sorteggio. Un momento nella vita di genitori e figli che urla allo psicofarmaco, invocato come ultimo sollievo. Continua a leggere Il lavoro dei miei sogni

Le palle fritte di Capodanno in Olanda

oliebollen

Se avete visitato l’ Olanda sotto le feste vi sarete accorti di quei baracchini che vendono i fritti delle feste, in particolare le tradizionali oliebollen. Sono delle frittellone tonde fatte con una pasta dolce in cui si mescolano uvette e mela. Per farvi gli auguri vi lascio qui la ricetta al grido ctonio di un mio compaesano abruzzese il cui motto era: la femmen de casa ha da puzzà de fritt’. E siccome non sia mai maschio alfa si lasci scappare un’ occasione di integrazione tra i pater familias abruzzesi, da quando gliel’ ho raccontata ogni volta che friggo, lui rientra, mi bacia, mi annusa i capelli e mi fa con tono tenero: “Uuuhm, che buon profumo di casalinga”. Che il segreto di un matrimonio duraturo è poi pur sempre quello di rispettare i miti culturali dell’ altro.

Per cui a Capodanno, io friggo. Per integrarmi, friggo anche oliebollen.

La maggior parte delle ricette olandesi prevede un sacco di lievito e lievitazioni corte e brutali, se a voi dà bruciore allo stomaco, datevi più tempo e meno lievito. Ma d’ altronde quando mai a Capodanno uno si preoccupa di un eccesso di ingredienti? Fate e ditemi come vi è venuta, ci sta bene sopra una bollicina da bere, non è eccessivamente dolce e per via della frutta facciamola passare per ricetta sana. Maggiori dettagli sulla frittura in genere li trovate oggi su Genitori Crescono nella mia rubrica di Sopravvivenza domestica minima.

Ingredienti:

  • 1 kg. di farina
  • 1 lt. di latte tiepido
  • 80 gr. di lievito di birra fresco (io dimezzerei tranquillamente)
  • 80 gr. di burro fatto ammorbidire
  • 3 cucchiai di zucchero semolato
  • 3 uova
  • un pizzico di sale
  • 250. gr di mele sbucciate e tagliate a dadini o grattugiate grosse
  • 250 gr. di uvette, fatte rinvenire mezz’ oretta in acqua tiepida
  • succo di limone per non far annerire le mele
  • zucchero a velo per cospargerle

Occorrono poi olio per friggere, come quello di semi di girasole, e ce ne vuole tanto.

Un secchio, o ciotolona grossa (ma grossa) per far ricrescere la pasta, un mestolino o meglio ancora un cucchiaio per fare le palline di gelato, carta assorbente, un tegame con un bel fondo spesso e una schiumarola. Le friggitrici elettriche, mah, fate voi, purchè non siano del tipo con il coperchio da tener chiuso diurante la frittura, perchè così si forma condenza, che ricade nell’ olio raffreddandolo, si frigge male, il cibo si impregna di grassi e una frittura impregnata e unta è il peggior peccato capitale che possiate commettere, quindi non fatelo.

  1. sciogliete il lievito in un po’ di latte tiepido aggiungetevi la farina e fatelo iniziare a ricrescere
  2. mettete a bagno le uvette, sbucciate e grattugiate o fate in blocchetti le mele e copritele con il succo di limone
  3. mescolate un po’ alla volta tutti gli altri ingredienti, cominicando dalle uova e il burro fatti ben sciogliere nella farina, e aggiungendolo zucchero e, poco alla volta, il latte, fino ad aver mischiato bene
  4. aggiungete le uvette e la mela dopo averli fatti scolare. La ricetta della nonna prevede che si aggiunga il succo di limone delle mele, io eviterei, ma fate voi
  5. dopo aver mescolato bene la pasta delle frittelle nella ciotolona o secchio, e deve rimanerci molto spazio per farla ricrescere, coprite con un panno e fatelo ricrescere in luogo caldo. Dopo 30 minuti (e ‘tte credo, con quel malloppone di lievito, se ne avete messo di meno datevi più tempo) sbattere brutalmente il lievito sulla spianatoia infarinata, fargli fare un bel giro per farne uscire l’ aria (io non lo faccio mai, ma la nonna olandese dicono faccia così) e rimetterlo a lievitare un’ ulteriore mezz’ ora.
  6. A qual punto mettete in cucina una ciotolina piena di bicarbonato per asssorbire gli odori di fritto, mettete una grossa pentola larga sul fuoco con l’ abbondante olio da friggere (io compro la lattina da 3 litri e pace, ma anche prenderne due non fa male) e fatelo scaldare. Immergetevi un cucchiaio di legno asciutto, quando cominica a fare le bollicine l’ olio è caldo, potete fare una prova con un pezzettino di pasta lievitata per vedere come va. con un mestolino o meglio il cucchiaio per il gelato, prendete una pallina di lievito (gli olandesi le fanno grosse come mele, io mi terrei sul formato mandarino del supermercato, così siete sicuri di friggerle bene dentro senza carbonizzarle fuori, come piace a loro, che poi ci devono mettere lo zucchero a velo per sbiancarle) e mettetela nell’ olio. Aggiungetene alcune ma non troppe, prima di tutto per non raffreddare l’ olio e poi perchè essendo pallottose devono avere lo spazio per farle girare e cuocere da tutti i lati.
  7. quando sono cotte (provatene sempre una all’ inizio per regolarvi sulla cottura dell’ interno, non devono seccarsi, ma neanche restare fluide) tiratene fuori un paio, rimettetene subito una dentro (l’ olio non deve rimanere sul fuoco senza niente dentro o si brucia in un amen e potete buttarlo), lasciate scolare sulla carta da cucina e continuate fino ad esaurimento della pasta.
  8. Servitele calde spruzzandole di zucchero a velo.

La perfetta casalinga olandese ovviamente frigge solo all’ aperto con la friggitrice apposita, o su un fornelletto trasportabile (io uso la piastra elettrica, ma ripeto, se chiudete la porta e usate il bicarbonato e magari aprite pure una finestra, ci si riesce benissimo in casa). Ricordo una mia ex-vicina trentenne che raccontava, nell’ appartamento nuovo che avevano comprato, di aver fatto mettere apposta una presa per la friggitrice nel box macchina per poterci friggere a Capodanno senza impuzzonire la casa.

Perchè maschi, femmine, giovani, vecchi, tradizionalisti o trendy, a tutti noi la vera anima della casalinga sunta fuori solo quando ci mettiamo a friggere. Enjoy.

Non so dove passerete capodanno, noi saremo di fronte alla casa di Anna Frank, perchè è su quel ponticello all’ incrocio tra Prinsengracht e Bloemgracht che si fanno i fuochi più belli di Amsterdam. Se a mezzanotte sarete lì e ci incrociamo, fatevi riconoscere.

Credits foto: rubata da plazilla.com

Ma che cos’ è questo amore (cit.)

Le due madri escono dalla piscina trascinandosi dietro quattro ragazzini eccitati, chi dal coraggio di aver fatto da solo e per la prima volta i tuffi dal trampolino grande, chi dalla sfiga di aver scordato gli occhialetti a casa e aver messo un muso fino a terra, seduto in un angolo della vetratona dietro cui le madri controllavano a distanza e all’ asciutto, chi ancora preso dall’ arrembaggio dal tappetino usato come zattera da tutti e quattro, chi assente e distratto a cui va ricordato di mettere un piede dietro l’ altro.

E poi le urla che vengono dal parcheggio come mettono piede fuori dalla porta automatica. Continua a leggere Ma che cos’ è questo amore (cit.)

Ottimi motivi per nascondere le diagnosi della famiglia al mondo esterno

Saranno alcuni anni che ho questo post in canna, e mi contraddico scrivendolo perché le sole parole sensate e che davvero mi hanno aiutato, che mi hanno guidata in cambiamenti comportamentali che davvero stanno facendo la differenza per il benessere di tutta la nostra famiglia, sono venute da chi ci era già passato. Allora mi sembra giusto rilanciare l’ aiuto, perché mio padre era un ragazzo semplice nelle sue reazioni, ma una delle cose che diceva sempre e mi sono sempre servite era la sua filosofia quasi buddista, se vogliamo: la vita è una ruota che gira, quello che ci immetti, ti tornerà indietro. E io ho già avuto tanto, fatemelo rimettere nel circolo.

Una famiglia in un percorso diagnostico è fragile, stanca, piena di dubbi, con poco tempo per fare tutto quello che deve fare. Se proprio vi preoccupate e volete esprimere partecipazione, portate una lasagna, venite un giorno a passarmi l’ aspirapolvere per casa o a stirarmi le camice con cui stiamo mantenendo l’ apparenza di poter continuare a lavorare e vivere come prima, quando non è così.

Da questa esperienza uno sfogo, un’avvertimento e un tentativo di condensare i buoni consigli che ci hanno aiutati negli ultimi mesi. E soprattutto: attenti a chi dite i fatti vostri. Adesso per coerenza vi dico i miei.

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Il perfetto antistress

bax cellophan

(La foto non c’ entra, ma me l’ ha fatta Marina un paio di anni fa e mi piace).

Uuuuuffff, chi è che lo diceva che novembre è il mese dell’ introspezione, del raccolto, dell’ adattamento al buio e alle giornate brevi, insomma, del letargo? Io ho corso ininterrottamente come una trottola e ancora non mi sono fermata. Sarei stanca, ma come si fa a riposarsi? Sarei stressata, ma come si fa a destressarsi? Bè un sistema io ce l’ avrei se avessi tempo di praticarlo e ve lo racconto oggi su Genitori Crescono. Che è vero che l’ uncinetto per me da un paio d’ anni è una panacea antistress, ma come fai a uncinettare quando guidi, corri, cucini, stiri, metti a posto, carichi, scarichi, ammansisci i figli, trasporti i figli, ti trattieni dallo strangolare i figli che invece di collaborare fanno i tiratardi ipocondriaci?

Qui ci sono cose, cosine, cosette, la chiusura dell’ anno e l’ inizio del nuovo anno, un natale da organizzare, che ho una gran voglia di natale, a questo giro, ma tocca prima aspettare che passi Sinterklaas. I bimbi crescono, io che rotolo in giro come una trottola, maschio alfa che tiene botta, zio Italo e Paula che reggono il forte e ci facciamo un mucchio di risate insieme, che in fondo il privilegio di vivere insieme da adulto il quotidiano con tuo fratello o sorella è una chance rara che per quanto breve, va colta al volo per ripristinare tante modalità comunicative che ti porti dentro come un’ unghia incarnita (mio fratello è venuto per aiutarmi con Da Gustare e ne ho approfittato per metterlo al lavoro anche per tutte le altre cose).

Sono successe cose molto serie e molto stressanti questi ultimi due anni che vi racconterò in un’ altra occasione, presto, e che mi hanno dato modo di riflettermi e confrontarmi con molte persone. Ma sono risultate in cose belle.

E infine un’ anteprima che per me è come un regalo di Sinterklaas anticipato: ci sarà un libro di ricette, collettivo, il prossimo anno, e ci saranno altri libri collettivi e non, tutte cose che senza il web, e quindi senza di voi, non ci sarebbero state. Per ora grazie.

Ora devo trovare 5 minuti per farmi una skypata in pace con mia madre che da settimane mi vede solo correre e mi manda sms angosciati del tipo: ciccia, stai bene? Mi sto preoccupando, ce la fai? Hai un attimo per venire su skype? E a me mia madre che si preoccupa per me, a torto, che io quando corro sto benissimo, ecco, mi stressa assai.

Eeeh, come vorrei trovare due minuti per sferruzzarmi uno sciallino.

Amore fraterno

IMG_4145Oggi dopo settimane di latitanza causa lavoro, e pazienza e sopportazione del casino ai minimi termini, non solo mi ha punto la vespa della casalinga accurata, ma mentre ripulivo la libreria dagli infiniti aggeggi che ci si accumulano, perché tanto entri in cucina con delle robe in mano e trac, le poggi lì, siamo riusciti a mettere i bambini a fare i compiti.

E non solo erano relativamente concentrati e relativamente diligenti, che si devono essere disallineati i pianeti o non si spiega, ma c’ era persino del silenzio, dopo che sono riuscita a proibire a Ennio di ascoltare musica intanto che lavoravano.

“Non capisci, ascolto musica E faccio i compiti”.

“A scuola lavori ascoltando musica? No, eh? qui uguale” che non so voi, ma io ho avuto tre settimanine di lavoro matto e disperatissimo, fisico e mentale, e comincio ad avere un’ età, io e i soci ci siamo meravigliati di quanto sia durata la ripresa, ma appunto, non siamo più dei ventenni, e io tutto posso sentire tranne del rumore molesto. Perché i bambini hanno questo di speciale, sono delle piccole fabbrichette di decibel molesti. Ed Ennio, che non si dica che la Madonna non mi ha fatto la grazie, è un po’ più fabbrichetta del bambino medio.

“Lo fai appostaaaaaah” urlava il fratello in cerca disperata di concentrazione.

“Cosa”, faceva lui con aria innocente cliccando apri-e-chiudi il pulsantino della penna.

“Ennio, piantala di provocare o ti trito”, intervenivo io, che la presenza dell’ adulto pare abbia un suo perché.

Poi silenzio, io spolveravo, spostavo, smistavo, sedavo un attacco di disperazione da domanda difficile, continuavamo e veramente mi chiedevo che droga gli avessimo dato a colazione per vederli così buoni e diligenti a fare gli esercizi che avrebbero dovuto consegnare la settimana prima, ma non formalizziamoci sulle date.

Fino a che il provocatore occulto non ha colpito ancora (povero, non è lui, è la sua natura, lo disegnano così) suscitando l’ ira funesta del fratello, che con urla belluine, l’un contro l’altro armato, di botto me li vedo a tentare di accoltellarsi con la penna.

“Fermiiii, FER-MI, ma siamo matti, è pericolosissimooooh” che vorrei veder voi a urlare nel momento in cui hai in mano una brocchetta blu di cristallo di Slesia e non osi tirar fuori il dodipetto per paura di vedertela sbriciolare tra le dita.

Si voltano e mi guardano esterrefatti:

“Mamma, ma questo è amore fraterno”.

Ah, vabbè, se me lo dite voi.

Caino e Abele, signora mia, a me mi spicciano casa.