Buon Compleanno, Peppina

sorelle Silvestrone

Lo so che molti di voi in Italia stanno con la sindrome maledetta del Monday morning blues perché finalmente è passata l’ Epifania e vi tocca rientrare a lavorare ben due giorni dopo il resto d’ Europa (tranne la Polonia, pelandroni pure loro). coraggio, lo so, troppa vita e troppe vacanze fanno male alla lunga.

Io invece oggi mi sono svegliata ricordandomi di mia nonna Peppina, cioè Settimia Maria Giuseppa, classe 1907. A casa mia ci confondevamo sempre i festeggiamenti per la Befana per via del suo compleanno così vicino, quindi alla fine le calze le aprivamo il 7 gennaio e chi s’ è visto s’ è visto.

Di Peppina in genere racconto poco, ho anche poco o niente foto, tranne una fototessera in una cornice grande come una mattonella, per compensare, sulla mensola delle foto di famiglia. Le sue foto stanno tutte a Ofena. Quella che vedete sopra è una delle rare foto con quasi tutte le sorelle Silvestrone (erano 9 quelle viventi all’ epoca) da adulte, sul balcone della casa a Ofena. la crepa è un ricordino del terremoto del 2009.

Ultimamente mia madre ha ricordato il periodo difficile dopo la morte di mio padre. Erano rimaste lei e Peppina a casa, la nuora affezionata e rispettosa e la suocera estremamente difficile, stravolte dalla solitudine improvvisa. Mia madre mandava avanti da sola un albergo che prima gestivano in due e si faceva faticosamente strada tra carte, mutui, contenziosi e amministrazione varia che prima faceva mio padre. La cagna doveva partorire.

Una notte mia madre si svegliò con un dolore all’ addome che la trafiggeva da parte a parte.

“Ricordati, Gosiu, che se ti trafigge da parte a parte è la cistifellea:, le aveva sempre detto sua madre.

Per cui si alzò, passò da Peppina che era sveglia a letto, le disse: “Mà, vado in ospedale, tieni duro”.

Poi la operarono sul serio, Peppina si arrangiò, Paoletta, la mia amica e compagna di scuola fece un po’ di spola casa – ospedale, Peppina lavava i panni ospedalieri e ne mandava di puliti, nel frattempo la cana stava male e non partoriva. Il veterinario stabilì che i cuccioli erano morti e andavano rimossi o moriva anche lei.

Alla fine la cagna venne operata e riportata sopra in balcone, vicino a mia madre, che nonostante l’ obbligo di immobilità doveva andarle a mettere lo iodio per evitarle la mastite. Peppina cucinava e badava a entrambe, senza dire una parola.

“Io ero completamente stravolta in quel periodo, ma ho apprezzato moltissimo quello che ha fatto per me dopo la morte di tuo padre, che è stata una botta forse ancora peggio per lei. Aveva più di 90 anni, accidenti, come ha fatto”.

“Mà, questa ha il DNA delle matriarche del Gran Sasso. Con gli uomini in Puglia queste donne si sono sempre dovute risolvere da sole, nel bene e nel male, partorire da sole durante una bufera di neve e cose del genere. Ha solo tirato fuori risorse che ha sempre avuto.”

Che poi anche mia madre che quel DNA lì non ce l’ha, ha solo quello di sua madre che con due bambine piccolissime e il marito in campo di concentramento e la suocera difficile faceva la wodka e la vendeva al mercato nero. Ma è un’ altra storia.

Qualcosa di Peppina ho raccontato qui. Prima o poi racconterò altro. Per adesso, buon compleanno.

Fondamentali di vita e di felicità

Siamo un po’ stropicciati questa settimana, sono successe tante cose, spaventi, visite mediche d’ urgenza o programmate, ma stiamo bene e ne stiamo venendo fuori alla grande. Però stamattina che ci siamo svegliati un po’ stanchi, un po’ più stropicciati e un po’ più in ritardo, ho deciso di prendere l’ auto condivisa e portarlo io Ennio a scuola, per farci due chiacchiere e due coccole.

E siamo arrivati talmente presto che ho proposto di andare dal fornaio francese a fare le scorte di pane e prenderci un dolcetto. Non le tartelettes, che sono la nostra libidine, ma di prima mattina un po’ troppo goduriose (disse quella che mangiava caviale condito al cucchiaio per colazione), ma un sano e onesto croissant e un meno sano ma molto più libidinoso sacristain, che una cosa oggi l’ ho capita: il sacristia del mattino è anni luce più morbido, sfoglievole e burroso dello stesso sacristia al pomeriggio.

E mentre ce li mangiavamo appoggiati alla spalletta Art Nouveau del ponte, Ennio mi fa guarda, e l^`, da un lato del canale, a un metro dall’ acqua, arrivano cinque uccelli in fila che subito prima del ponte si sono sollevati, abbiamo visto che non erano in fila ma a cuneo, e sono andate a fare le prove di migrazione.

Che magari manco migrano più un sacco di uccelli, in inverno si sta benone anche qui e si trova tanto da mangiare, ma in primavera e in autunno li vdi a stormi fare le esercitazioni.

“E ieri a calcio Andreas mi ha trattato male, e non so se ci voglio andare ancora a calcio, cioè, certo che ci voglio andare e mi piace, ma…”

“Ennio, stiamo vivendo un perfetto momento di felicità, qui, io e te, il croissant e le anatre. La vita è fatta soprattutto di piccoli momenti di felicità, quando li abbiamo pensiamo a loro e non alle cose che ci danno fastidio”.

“Ci sono anche gli scocciatori”.

“Ma non contano”.

Morso al croissant.

“Hai ragione”.

“Forse ti vengo a prendere, ma non aspettarmi troppo, se posso vengo in orario e se non ci riesco stai con i tuoi amici finché avete voglia, ma altrimenti vai”.

“Quando vieni parcheggia qui così lo so”.

Mi sa che oggi pomeriggio ci concederemo un altro piccolo momento di felicità.

E ora, via, a spalar letame. Che nella vita fa molto bene anche quello.

Interculturalità e faccende domestiche

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Lavare i piatti è questione di metodo? Quale metodo? Per Genitoricrescono la Casalinga pigra oggi ne illustra ben tre. Interculturali addirittura.

Perché i metodi per i lavaggi piatti sono come le guerre di religione e le rovinafamiglie, hanno fatto più danni loro che l’epidemia di tosse asinina.

Comunque se qualcuno mi volesse dire il suo, di metodo, arricchiamo il campionario. Mi raccomando, ci conto.

Ora scusate ma devo andare a caricare la lavastoviglie.

Lavare i piatti è questione di metodo

Pensa se mi sposavo una stronza olandese

keep calm figliQuesto mese abbiamo avuto visite, amici, sconosciuti, mia mamma, partiva uno e arrivava l’ altro. la casa è un disastro e il maschio patisce una serie di stress suoi extramoenia, ma quando torna trova il casino e non riesce a rilassarsi (sapesse io che non lavoro fuori e corro tutto il giorno pensando: appena ho due minuti sgombro di qua, aggiusto di là, macchè).

Insomma tornavamo dal compleanno di famiglia a Rotterdam e mi chiede:

“Ma ti va di parlare con me?”

“Ma lo chiedi?”

E mi si sfoga un po’ sul lavoro, che mi fa sempre bene sentire che si fida di me e di quello che li posso dire per relativizzare le cose. Poi ci diciamo che tocca volerci più bene e coccolarci di più e sistemar casa che così stiamo meglio.

“E adesso non viene più nessuno?”

“Non che io sappia”.

“No, perché l’ altra volta mi sono ritrovato nudo di sopra in bagno e loro sono rientrati e io non sapevo bene che fare, insomma a volte mi manca un po’ di privacy, anche se poi mi è piaciuto molto conoscer gente, e ci hanno cucinato quelle cose buone e abbiamo chiacchierato. Ma va bene così, non credere che voglia dire che non, pensa se invece mi sposavo una stronza olandese, poi mi toccava stare in casa con lei’.

“Invece ti sei sposato questa stronza qui e ti tocca stare con lei”.

‘Si ma mi piace”.

L’ idillio viene interrotto sal sedile posteriore:

“Mamma, papà, io so per certo che voi due fate sesso qualche volta”.

Risposte simultanee:

“Certo amore, ci mancherebbe altro, ci amiamo, ci piacciamo, perché non dovremmo?”

“Orso, che schifo, ma come ti viene in mente una roba del genere?”

Poi che una si chiede l’ effetto che può fare ai figli vivere con noi due. Magari con la stronza olandese rischiavano di meno.

Keep calm e ricordatevi: i figli sentono tutto. Specie quello che non è rivolto a loro.