Arnhem sotto la pioggia

Quando scendi al di sotto dei grandi fiumi nei Paesi Bassi, dicono che il clima cambi, le persone siano più socievoli e i negozi di scarpe più belli. Tutto vero.

Oggi piove, e potrebbe non essere la giornata ideale per andare a visitare il museo Kroller-Muller, che io adoro per l’uomo che cammina di Giacometti, e i Van Gogh che sono più belli di quelli ad Amsterdam. Questo perché la signora Kroller-Muller era collezionista e se li era comprati, quelli di Amsterdam sono stati donati allo stato dalla famiglia.

Il punto è che il museo si trova all’interno di un parco nazionale, e lo raggiungi a piedi o in bicicletta, e i goccioloni che colano dagli alberi sull collo o mi si spiaccicanp splat-bestemmia in testa non fanno per me.

Ma il bello di Arnhem è che ci sono le salite e le discese e le villotte in salita e in discesa. E il cimitero di guerra e i percorsi in bici lungo il vecchio fronte della battaglia di Arnhem, verde e idilliaco e frondoso, come tutti i posti concimati dal sangue. Enjoy.

addio al celibato ad Amsterdam

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Una delle cose più criminali che si sono inventati ad Amsterdam e che in genere vedi occupate da gruppi che celebrano addii al celibato, sono queste birrerie a pedali.

Già la viabilità in centro ha tutti i suoi limiti, ma trovarsi in mezzo ai piedi una quindicina di maschi sbronzi che pedalano come possono mentre bevono e si estrinsecano, ti fa ritrovare la fede nella madonna. nel senso che preghi che il povero sposo ci arrivi, non dico sano e salvo, ma almeno vivo, al matrimonio, se non altro per riguardo alla sposa, che una ci mette tanto entusiasmo ed energie ad organizzarsi un matrimonio, che pare brutto sabotarglielo.

Che una si chiede, almeno in questi casi, cosa ci fosse di male nella cara, vecchia spogliarellista che esce dalla torta.

Cosa che un mio amico che si affitta con la sua barca per eventi di vario tipo tra i canali, si è ritrovato la settimana scorsa a bordo.

Poi qualcuno mi spiegherà in generale il gusto di mettersi due tette finte in testa per festeggiare quelle a cui si unirà nella buona e nella cattiva sorte, ma visto che nella vita ho dato lezioni di cucina e degustazioni di vino a gruppi di ambo i sessi, finché non mi cadono nel canale alla guida di mezzi impropri, chi sono io per fermarli?

Una vecchia conoscenza

Oggi prendo il traghetto in Tasmanstraat e ritrovo una vecchia conoscenza del 2000: il vecchio traghetto in servizio sulla tratta poi dismessa CS-Java Eiland

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Il più piccolo e l’unico con una cabina coperta sotto. quello che quando sei in piedi dietro, a gambe larghe, ti fa fare esercizi di equilibrio a tutte le onde.

Così, in attesa del traghetto (Aan de Amsterdamse grachten)

Aan de Amsterdamse grachten) (Ai canali di Amsterdam) è una delle mie canzoni popolari preferite, quelle che mi vengono le lacrime quando le ascolto. Questa mi fa piangere perché è un’ode d’amore alla mia città, quella che nelle intenzioni avrei voluto scrivere io, ma con le percussioni più energiche e un contrabbassista serio. E comunque ve l’ avevo già citata da queste parti.

E che l’ argomento mi prenda si capisce anche da un altro vecchio post, su un’ altra canzone popolare d’ amore per Amsterdam, che eventualmente vi potete ritrovare qui.

Anche se non è in senso stretto una smartlap, la tipica canzone popolare del Jordaan (che poi maschio alfa sostiene da anni che ci sono delle affinità sospette tra le canzoni giordanesi e certe cose che gli capita di sentire alle sagre paesane in Italia) perché la vera autentica smartlap parla per definizione di sfighe, che manco una canzone di Mina o Mia Martini, per dire, ma sfighe vere. Come il bambino del macellaio, Keesje, un angioletto tutto ricciolidoro che un giorno si taglia i piedini sulla’ affettatrice del padre – no, ma il gegno che le pensa certe canzoni – ma poi per fortuna il fato, dio, la madonna, qualcosa di superiore gli procura dei piedini d’ oro così Keesje sorride di nuovo.

Poi la prossima volta che mi sbronzo vi raccontol’ altra canzone popolare che mi fa piangere, che è la Zuiderzeeballade, poi non dite che non mi sforzo di fare cultura su questo blog.

20140521-183646.jpgComunque, si diceva di Aan de Amsterdamse grachten, oggi dopo aver accompagnato la classe di Ennio che partiva per la gita scolastica, tre giorni in ostello e 30 km. in bicicletta per arrivarci, dopo averli abbracciati, salutati, stressati i genitori ormai al lavoro di quello che piangeva disperato perché si era perse le chiavi della bici ma poi qualcuno ne ha portato un paio al bidello e si, erano le sue (ho mandato la foto di lui sollevato che partiva ai genitori, porelli), persa la partenza del primo plotone con mio figlio intanto che rivoltavo tasche e borsa del piangente, salutato, ricevuta telefonata da Orso col mal di pancia a scuola, fatto due commissioni e mentre mi avvicinavo al traghetto (ta-da-dan, attimo di suspence)

mi sono ritrovata questi su in costume circondati da fotografi e cameramen, vai a sapere perché

e questi (mi mancano gli aggettivi, scusate)

mi hanno sfiatato la canzone che sempre mi fa piangere.

Ma andassero a pascere. Fuori Amsterdam.

Per fortuna è arrivato il traghetto.

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Ma aridatece Wim Sonneveld: http://youtu.be/MhdQ59LHorQ

o Tante Leen: http://youtu.be/hRkvWeN8JyI

o almeno, se volte vedere che effetto fa al popolo la canzone, eccovela in una versione che pensavo improbabile, invece la fanno sempre al Prinsengrachtconert, un concerto estivo di musica classica eseguito su pontoni ormeggiati sul uno dei canali principali, dove la gente si ormeggia ore prima con le barchette pur di starci, e dove resta anche sotto la pioggia, come vedete dagli impermeabilizzi goldoni.

Ecco, se dovete cantarmi Aan de Amstrdamse grachten fatelo come si deve. Grazie Joseph Calleja, diretto da Joseph Pappano. Voi ascoltatevela, ma fate soprattutto caso alla gente intorno (e il signore con i gatti, non vi perdete quello, che i gatti fanno SEO e qui le visite languono).

Angoletti nel centro di Amsterdam

Oudeschans è stato il mio primo indirizzo ad Amsterdam, una stanza in soffitta di fronte alla Montelbantoren, la vecchia torre di guardia al porto che oggi si guarda il Nemo, il museo progettato da Renzo Piano.

È un angolo tranquillissimo e grazioso in pieno centro e ho sempre considerato un privilegio averci potuto vivere per un po’ anche se dopo sono scappata dal padrone di casa noioso e dagli sbalzi termici di una soffitta senza riscaldamento con bagno e cucina sotto.

Per caso adesso è anche il primo indirizzo temporaneo di mio fratello e così ne ho scoperto, a distanza di quasi 20 anni, degli angoli nascosti nuovi.

La cosa che più gli invidio sono i rintocchi dell’orologio della torre, per sapere sempre che ore sono. Non sono la sola: cercatevi e ascoltatevi questa canzone di Michelle Shocked, che da giovane è vissuta anche lei ad Amsterdam: It’s 5am in Amsterdam (and that’s how I know)

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Il tempio del jazz olandese

Questo è il Muziekgebouw aan het IJ, una delle sale concerti più belle di Amsterdam.

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E quel rettangolo scuro è la Bimhuis, il tempio del jazz olandese. Sul lato destro del rettangolo, che è il fondale del palco c’è questo finestrone enorme che si affaccia sulla città. Adesso che le serate si allungano, provate a immaginarvi quel crepuscolo che il tempo di oggi non regala alla foto.