È passato Natale, siamo tutti più buoni e se state facendo la dieta purificatoria in attesa degli stravizi capodanneschi, dopo essere sopravvissuti a quelli natalizi, un po’ vi invidio. O forse no. Noi per quanto ci riguarda a Natale ci siamo goduti il menu di Jamie Oliver per Allerhande, la rivista gratis dei supermercati fighi. E non l’ ho manco dovuto cucinare io. Continua a leggere Le tradizioni di Natale dei poveri migranti (e Capodanno ad Amsterdam)
Considerazioni sessual-filosofiche nello shopping natalizio
I discorsi profondi con i miei figli, inutile, nascono per lo più in macchina. Forse perché nella vita stiamo sempre andando da qualche parte e in macchina la metafora si fa movimento, forse perché l’ abitacolo dà un senso di cuccia (anche a letto, per esempio ci si confida di tutto a casa nostra), fatto sta che Orso ha colpito ancora. Continua a leggere Considerazioni sessual-filosofiche nello shopping natalizio
Tutorial narrativo di Natale: il ramo, ma non d’ oro
Quest’ anno in casa Diga la buona intenzione di procurarci un alberello di Natale c’ era stata, poi tra riordini vari che mi hanno consentito dopo 3, quasi 4 anni, di ritrovare non solo due scatole di decorazioni che devo ancora aprire e magari c’ è pure un presepe, ma anche una scatola misteriosa che forse contiene il mio meraviglioso servizio perduto di calici Cristallo di Censo (se avessi tempo di aprirmeli con calma), l’ Ikea che gli alberi di Natale li aveva finiti di sabato sera e il capo che ha decretato che meglio lasciar perdere, mi sa che mi ricompro un tralcio di pino per l’ olfattività e pace.
Ma le decorazioni vanno fatte. Così domenica mattina mentre attendevo il risveglio dei leoni mi sono fatta questo, usando un po’ di Lana d’ Abruzzo a tre fili color naturale di Roberta Castiglione, dei cuoricini in feltro in sconto all’ Ikea stessa e dei cuori in giunco, quello grosso dato gratis al capo dal nostro supermercato per la festa della mamma o san Valentino (“E dimmi bravo che l’ ho accettato”, “Bravo, amore, l’ ho sempre voluto ma mi dispiaceva sprecare dei soldi”) e un altro piccolo che mi ero comprata di nascosto, invece.
Il tutorial va preparato molto per tempo se volete farlo esattamente come noi. Se siete più bravi, invece, ce la fate in mezza giornata a procurarvi il tutto.
Il ramo
Approfittando di una bella giornata primaverile e in preda ai sensi di colpa di madre degenere, cedete alle insistenze di figlio 2 e portateli al parco. La bici di figlio 1 si scasserà e toccherà scarpinare per tutta la strada con due figli e due amichetti, percorso durante il quale litigherete ferocemente con figlio 2 che vuole assolutamente e a tutti i costi trascinarsi a casa un nodoso e fronzuto ramo. Dopo averci litigato ricorderete di aver fatto kung-fu da giovane, cosa che insegna che quando non puoi opporti è meglio cedere, ripensate a quel gancio della zanzariera distrutta che pende inutilizzato dal soffitto di figlio2 e visualizzate un bel progettino di crafting a base di uccelletti double-face in carta da parati.
Una volta a casa, abbandonate il ramo a sfrondarsi naturalmente in giardino sotto le intemperie e ripassate quando avrà perso foglie e corteccia.
Carte e colla
Nel frattempo tutte le volte che andate al fai-da-te fregatevi i quadratini esemplificativi di carte decorate in colori vivaci. Arriverete persino a comprare per tempo una costosa bottiglia di Modge Podge con annesso pennellone a spugnetta, come solo le vere autentiche crafter fanno (invece di un bottiglione di vinavil, ma pare la differenza sia fondamentale e non avendo usato di recente ne l’ uno ne l’ altro, boh, che vi devo dire, non lo so). Poi passate ad altro per alcuni mesi, in cui scriverete un libro.
Procurarsi la lana d’Abruzzo
Dopo aver scritto il libro e altre peripezie verrete convocate in Italia dall’ editore per una presentazione commovente a cura della vostra avvocata preferita (per dettagli vedi post precedente), inviterete altra collega di setta a gita sociale in Abruzzo e per strada passerete da Roberta a ricomprare matasse di lana che insisterete a smatassare di nascosto dentro il bagaglio a mano a Ciampino fallendo miseramente, e avrete modo di ammirare dal vivo a casa di Roberta le decorazioni meravigliose che ci si possono fare. Già che ci siete vi procurate un meraviglioso uncinetto in faggio artigianale misura 15. Ad avere anche il 12 e il 5, ci potevate fare un presepe stilizzato, ma non divaghiamo.
Gestire il furore creativo
Tornate con la tigna di mettervi a sferruzzare palle, ma la vita vi va contro fino a detta domenica mattina. Da premettere che a Ciampino avete attaccato discorso con giovane virgulto abruzzese diretto in Olanda in cerca di vita e lavoro, lo adottate perché dimostra di essersi organizzato per tempo e avere le idee chiare e lo mettete a cucinarvi ai figli mentre andate per aperitivi di Natale e sverniciarvi una scala da riverniciare, vivaddio, tra Natale e Capodanno.
E cedergli
Pertanto la domenica mattina inciampate per le scale nella carta vetrata, recuperate il ramo, lo scartate 30 secondi tanto per la forma, ma constatando che l’ effetto nature è tanto meglio, lo cominciate a decorare con tutti gli ammennicoli che avevate accumulato, con un paio di palle di Natale di cui viene bene solo la seconda, perché alla terza decidete di ingrandire e si incasina. Ma il sacro fuoco della crafter si è impossessato di voi e non molla fino a che maschio alfa scende abbrutito come è giusto che sia un padre di famiglia il sabato mattina, ammiri debitamente l’ atmosfera che state creando in casa, e vi proibisca di aprire le scatole di decorazioni fino a che non avete sistemato gli accumuli di 4 mesi di puttanate in soggiorno, che per ora giacciono in scatoloni in attesa di revisione definitiva. Cosa che farete perchè la moglie segue i consigli del marito, soprattutto se il poveretto ha la soglia di sopportazione al disordine infinitamente più bassa della vostra e se la casa non diventa un pelino vivibile, rischiate il divorzio tra Natale e Capodanno. Che sotto le feste, come mi ricorda saggiamente l’ Avvocata nostra, è brutto litigare, fatelo almeno per i vostri avvocati.
“La risposta del cavolo” e il metodo Summa
Istruzione preliminare se vi steste chiedendo: ma a che cavolo serve un libro del genere? Guardatevi questo video che spiega esattamente a cosa è servito a Chiara. Io lo dico a modo mio qui sotto.
Che scrivere libri non fosse catartico l’ avevo bello che capito con Statale 17, storie minime transumanti, che era stata la mia risposta di pancia e sentimentale al senso di perdita e disorientamento che ti succede dopo un disastro naturale che cancella coordinate presenti, passate e future. Ma in certe circostanze, così mi hanno assicurato i vari lettori con cui ci siamo sentiti in proposito, è un grande aiuto per chi legge.
Il mio secondo libro, già dal titolo, La risposta del cavolo, guida semiseria per genitori disperati alle domande dei bambini su sesso e società, sembrava una cosa diversa. Che ti vuoi catartizzare, i miei figli hanno sempre fatto e continueranno a farmi ininterrottamente domande che richiedono una risposta lucida e immediata e me le faranno tipicamente in quei momenti no. Ma il bello di scrivere libri è la condivisione.
Infatti nel libro ho potuto raccontare non solo i fatti nostri, ma anche quelli di tanti bambini e genitori che ce li hanno voluti raccontare e questo mi ha portato, strada facendo, ad elaborare una mia teoria sulla visione del mondo che trasmettiamo implicitamente (e anche esplicitamente) ai bambini quando rispondiamo alle loro domande. Qualsiasi domanda. Insomma, strada facendo è diventato un libro serio, e non solo più la raccolta di aneddoti divertenti da cui è partito.
Tantevvero che sono riuscita a convincere Massimo Giuliani, un uomo che non potrei descrivere meglio di quanto faccia lui stesso, come “Fabbricante professionista di metafore. Sperimentatore dilettante di sé ipertestuali.” a scrivere una prefazione, dopo che mi aveva detto due cose carine alla mia richiesta di dare un’ occhiata alle bozze.
“Senti, mi sono commossa, mi fai la prefazione?”
“Tu non lo sai, ma è sempre stato il mio sogno fare una prefazione a qualcuno”.
Poi uno dice le amicizie virtuali che si fanno reali. Perché io di Massimo so tante cose e ci scriviamo e leggiamo vicendevolmente da anni, ma giusto ad agosto ci siamo visti in faccia per un caffè all’ Aquila, città in cui abbiamo vissuto in momenti diversi.
Alcune cose scritte da Massimo si ritrovano nello spazio dedicato dall’Unità a La risposta del cavolo. Che se permettete, vedere il proprio nome sull’ Unità, io che la prima educazione al sesso, mondo e società me l’ ha data la santa zia Filomena, maestra, monaca di casa e scrittrice pure lei (nella mia famiglia siamo portatori insani del gene della divulgazione, evidentemente, e già da 4 generazioni documentate), dicevo, zia Filomena che ha fatto da padre a mio padre orfano e quando lui insegnava, si teneva i soldi per le sigarette e la benzina e lo stipendio lo dava a lei da mettere nel libretto postale. Zia Filomena che porella, lo dico nel libro, mi ha insegnato a 4 anni che se un uomo ti possiede carnalmente poi diventa il tuo padrone e quindi meglio evitare alla base e rimanere libere di corpo e di pensiero. E zia Filomena, di nuovo, l’ anno che mio padre decise di farsi in tenda con un collega il giro delle capitali europee e saputo che andavano pure in URSS, a lei che era la presidentessa delle donne cattoliche, teneva l’ elenco dei terziari francescani eccetera, dissero che per avere il visto per l’ URSS occorreva essere membri del PCI. Apriti cielo, minacciò di sequestrare i soldi risparmiati pur di non perdersi l’ anima di questo nipote tirato su come un figlio.
Se l’ avesse fatto papà non sarebbe partito, non avrebbe conosciuto mamma, non si sarebbero riprodotti, io non nascevo e di conseguenza i miei figli col cavolo che sarebbero riusciti a farmi domande del cavolo a cui avrei dato risposte del cavolo. Poi uno dice le coincidenze.
Ma la vera scoperta nata dalla condivisione è stata la presentazione fatta da Silvia Tropea, che come opperbaas di GenitoriCrescono, ovvero grande capa parimerito con Serena e Avvocata Nostra, ha detto cose illuminanti e geniali. Cioè, io non credevo davvero di essere stata tanto intelligente a scrivere questo libro, ma Silvia dice che la cosa veramente interessante dello stesso è che dietro c’ è un metodo.
“Insomma, la tua Weltanschauung,” mi fa l’ amica Monica filosofa Pythya. Che qui gli amici filosofi, estetologi, estetisti, si sprecano.
Ragazzi, ciò il metodo e pure la Weltanschauung (seguite pure il link se anche voi, come me, i concetti filosofici ve li dovete ripassare).
Che in soldoni si riduce a questo, il mio metodo: Genitori, la vita è dura. Ci avevano promesso la nuvoletta rosa, i trottolini amorosi, i sorrisi sdentati e le guanciotte, i piedini paffuti e lo strazio di tenerezza che ti viene quando guardi tuo figlio dormire. Non solo il figlio bambino, perché mio padre faceva lo stesso anche quando eravamo più alti di lui, quando chiudeva l’ albergo e veniva a dormire, si affacciava un attimo in camera nostra per guardarci dormire. Pochi ci hanno avvertito su tutto il resto. Le notti insonni, i pannolini caccosi, la depressione postnatale, la depressione che nei blogger genera inevitabilmente il post di Natale, i bulli a scuola, la gente che, qualificata o meno, sta lì tutto il tempo a predire che tuo figlio è/diventerà dislessico, autistico, nevrotico, isterico, celiaco e peggio. E sarà tutta colpa tua che sei un genitore incapace.
Invece non è vero. Io dico solo che se ce l’ hanno fatta i nostri genitori a tirar su noi fino all’età riproduttiva, un minimo di credito ce lo dobbiamo dare, perché l’ evoluzione della specie esiste e noi sicuramente faremo meglio dei nostri genitori. Genitori, facciamoci coraggio, siamo tutti nella stessa barca e già che ci siamo, possiamo anche farci una nuotata per rilassarci in una bella giornata di sole, e poi riprendere la navigazione.
Insomma, il metodo consiste molto semplicemente nel chiederci: ma noi che visione del mondo abbiamo? E che visione del mondo vogliamo trasmettere ai nostri figli? E una volta che ce lo siamo chiesti, prendere posizione. Nulla di più, ma prendere posizione, anche nel segreto della nostra testa, delle volte si fa fatica. E poi diciamocelo, mica è solo una questione di spiegargli i semini e le ovette. Dobbiamo spiegargli il rispetto di sé e del proprio corpo come difesa dalla vita, i pericoli e le bellezze di usare Internet, il mondo che cambia intorno a noi. Se non ce lo siamo chiariti noi, rischiamo di dare messaggi confusi ai bambini. Ma il bello è proprio che i nostri figli, anche con le loro domande o con le risposte che si danno da soli, ci aiutano a capire meglio il mondo che ci circonda. Insomma, la genitorialità è un viaggio bellissimo da affrontare insieme. Facciamolo.
“Spero innanzitutto di avere dimostrato che esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”
(I. Calvino)
Afterparty
Questa è la nave da crociera davanti alla scuola dei bambini stamattina. Mi piaceva quella luce nella foschia.
L’ afterparty è stato una figata. Ho saltato la festa di Sinterklaas dai suoceri, ma il regalo me l’ hanno portato i maschi e c’ era una maschera per le mani di Santasuocera, e a sera ci voleva tutto perché oltre a scaricare- caricare-riscaricare in fiera-ricaricare gli avanzi-scaricarli in casa e cercare di non inciamparti troppo bestemmiando, ho festeggiato spazzando 600 m2 e passando lo straccio con l’ acqua fredda a 150m2. La crema ci stava tutta.
Sui conti non ci siamo sbagliati troppo. All’ inizio si era detto: se ci stiamo molto attenti finiamo in pari, se ci dice bene ci siamo messi € 100 a testa in tasca giusto per non dire che ci abbiamo lavorato 5 mesi giorno e notte. Che bello che ho i soci simpatici e che sanno tenere bene i conti.
Solo che.
Solo che.
Quando fai una cosa bene, e se ne parla, e arriva gente, arriva tanta gente, e sono tutti felici tranne due o tre di cui l’ unica che non sono riuscita a chetare è stata la connazionale, gli altri si sono lamentati in un certo modo e gli abbiamo mandato a casa una bottiglia di vino per scusarci e 4 biglietti per il prossimo evento, perchè quello che è giusto è giusto. E anche, est modus in rebus, per cui se non ti conosco ma sei indisponente dal primo secondo che ti vedo all’ evento e mi parli urlando, e nei giorni successivi chi ti conosce ammette che si, sei un po’ una rompicoglioni, un po’ tanto, anche se fai la megamanager nella multinazionale e capisco che alla tua età possa dare alla testa, be, io sono meno pronta di riflessi del socio e non ci penso a dirti che ti rimborso il biglietto o ti mando il vino a casa. I biglietti men che meno, io ultimamente la gente indisponente la cancello dalla mailing list e pace. Funziona.
Solo che questo sarebbe il minimo. Il massimo è che un mucchio di gente che quando si fanno le cose insieme e gratis e per il piacere di farle e loro partecipano, però vengono a vendere, però non si capisce, e alla fine ti mandano un conto a casa di cui non si era mai parlato prima, inutile, anche se avevi fatto bene i conti, e che manco quei € 100 li incassavi, ma se andavi in pari andava bene, niente, vai sotto. E anche quest’ altro contatto esce dalla mia mailing list. Pulizie di fine anno. La gente, in qualche modo, proprio non riesce a capire che se hai un’ idea, e la realizzi in tempi impossibili e senza budget, ma con tanto lavoro e competenze pregresse, niente, proprio non gli viene in mente che lo puoi fare gratis e come fondamento per altre cose future in cui speri di guadagnare. Il concetto di non guadagnare a qualcuno è proprio estraneo, chissà come mai poi ricevono poco dalla vita.
Solo che.
Solo che salta fuori una dittarella, per carità, piccola, dignitosa, sono dieci anni che arranca perché evidentemente ha già uno stipendio fisso in casa. Oddio, per stare ad Amsterdam da 10 anni fare le cose che faccio io da 15 in proprio e come la mia vecchia ditta e io non ho mai sentito parlare di te, ovvio che più di tanto no lavori, non giri e non hai contatti. Io si.
E allora ti presenti, incazzata, con un avvocato, e il copyright, e il nome, e l’ azienda, e la proposizione DA proprio non la posso usare nel nome della nuova società. E vi porto in tribunale. Va bene, ma ci dici prima cosa vuoi? Magari si fa tranquillamente. Questo me lo dovete dire voi. Ma cosa. Quello che voglio, però se vi smaterializzate dall’ universo è meglio.
Il suo avvocato, porello, è un ragazzo tanto caruccio con due bambini piccoli e insonni. Sa benissimo che legalmente la sua cliente non ha mezzo appiglio. noi che siamo per l’ inclusione e nn per l’ esclusione le abbiamo proposto: senti, dai, ma in fondo noi offriamo un contenitore a cose che fai anche tu, giochiamo insieme, anzi, guarda, sai che facciamo? Ti diamo gratis un banner nel nostro sito, così quelli che cercano te, e proprio te, e per sbaglio capitano da noi, perché google è un po’ fesso e non lo capisce che quello che fai tu è unico, meraviglioso, insostituibile e noi non siamo degni di baciarti i piedi. No, io voglio il vostro dominio. Non per usarlo, eh, solo per non farlo usare a voi. Voi rpendetvelo senza il DA che sono felice. Ve lo pago ben i 60 euro che avete pagato voi per registrarlo.
Scusa, ma i mesi in cui ci abbiamo lavorato io e l’ uomo che pensa in codici HTML, quelli non contano? No perchè tanto a voi vi piace lavorare gratis, ricominciate daccapo. E tu chiudi il becco.
“Io però non sono molto contento che tu mi dica chiudi il becco, sappilo”.
“Capisci Anto, gli ha detto di chudere il becco e lui ci è rimasto malissimo, era stato conciliante tutto il temo, anche quando io mi sarei alzata e andata via”.
“A la casa sò? Cioè, viene a casa sua e gli dice di chiudere il becco?”
“Si. Io a quel punto ho detto che andavo al bagno e ci sono rimasta 20 minuti fino a che non si sono alzati per i saluti”.
“E poi?”
“L’ avvocato ancora non ci scrive niente, magari lo sa bene che non possono fare niente in giudizio. Lo so persino io che ho avuto anni fa il problema con i colleghi omonimi. A suo tempo era mia studentessa di italiano la maggior esperta di marchi, copyright e proprietà intellettuale d’ Olanda, quando ho detto che anche lei non mi poteva far niente, l’ avvocato ha detto che si, la conosce”.
Il name-dropping è veramente una cosa disgustosa, mi vergogno.
Insomma, noi pensavamo che dopo aver sgombrato la sede, pulito il pavimento, restituito i tavoli e le lampade e tutto quello che ci hanno prestato, avremmo dormito due giorni. Invece le incazzature e l’ adrenalina mi hanno tenuta sveglia fino a giovedì mattina. Lì sono crollata, mi sono messa a piangere, e maschio alfa mi ha spedita a letto, ha portato i bambini a scuola, rimandato un appuntamento e vegliato sul mio sonno.
“Ma alla fine ci avete guadagnato o rimesso?”
“Lo sapremo a gennaio, io adesso vado in Italie e quando torno siamo sotto Natale e si lavora”.
“Non possiamo tenere questo ritmo, né tu come lavoro né noi come famiglia”.
Orso, che non parla mai: “Mamma, io non voglio che vai in Italia”.
Poi stamattina, in ritardo, con la neve, si è nascosto sotto il tavolo e siamo usciti incazzati, camminando mezzo km. sotto la neve fino alla macchina con lo stampellato a fianco e Orso senza cappello.
“Io lo so perché abbiamo litigato bambini, è che nessuno di noi ha veramente voglia che io vada in Italia”.
È così. Per la prima volta sono troppo stanca per essere contenta di andare. Gli ho fatto i sacchetti del calendario dell’ avvento con i bigliettini dolci fino al 17, il resto lo faccio dopo. I panni sono lavati e piegati negli armadi. Nei sacchetti dell’ avvento mutande, calzette nuove e minestra in bustine, oltre a dolcetti vari. Se la caveranno benissimo, lo so. Ma la neve non aiuta le partenze, Orso me lo sono persa all’ uscita da scuola e ho guidato ovunque e inseguito l’ autobus per andare a vedere se era lì dentro. Poi l’ ho visto che camminava sul marciapiede con una palla di neve enorme nei guanti fradici.
“Questa però la lasciamo qui”.
Per fortuna al quarto treno cancellato causa neve, il quinto è partito. Vediamo l’ aereo, adesso.
non ritrovo ne la sim italiana ne il telefono vecchio di scorta che si era scassato,s ar`ø cinque giorni non reperibile.
Ma domenica alle 19 mi trovate nella sala Ametista del Palazzo dei Congressi in via Kennedy, Roma EUR, a presentare La risposta del cavolo e martedì da LePam con Luana Troncanetti per una presentazione congiunta a Tortoreto Lido, via Nazionale. lunedi sera spero di sbronzarmi, non so ancora se con i marchigiani o con il chietino. Brutta la vita di chi frequenta sommelier.