6 post su come scegliere e iscriversi alla scuola elementare nei Paesi Bassi

tractatie Orso 2011Sulle nostre esperienze con la scuola elementare nei Paesi Bassi ho scritto e detto molte volte, ma è un discorso che torna con una certa stagionalità. Una domanda sul gruppo Facebook di Mammamsterdam mi ha fatto rovistare negli archivi e quindi per comodità degli interessati ho pensato di mettere insieme anche qui tutti a portata di mano i link di quello che ho scritto in proposito.

Un’ informazione che ho visto mancare nei vari post è la seguente: che documenti occorre presentare per iscrivere un bambino a scuola? Basta il BSN o Burgerservicenummer che da qualche anno sostituisce il codice fiscale olandese (infatti per chi aveva già il SOFI-nummer, è rimasto lo stesso identico) e che fa da identificativo del cittadino in tutti i dossier della pubblica amministrazione e che viene richiesto anche per stipulare assicurazioni, iscriversi dal medico di base ecc.

Se vi state ancora trasferendo nei Paesi Bassi e ancora non ne avete fatto richiesta, la maggior parte delle scuole accetta di farselo fornire dopo. Siccome con il BSN si arriva a tutta la documentazione relativa al cittadino (residenza, nascita ecc.) la cosa comoda è che in caso di cambiamenti, traslochi ecc. basta comunicarlo una volta e automaticamente tutti gli altri enti interessati vengono messi al corrente.

1) Come funziona la scuola elementare nei Paesi Bassi

Questa vecchia intervista è stata uno dei miei primi contatti con Genitoricrescono, che leggevo regolarmente ma ancora non scrivevo per loro.

2) Come scegliere la scuola adatta ai tuoi figli

Alcuni studi pubblicati all’ epoca mi sono serviti per una riflessione sui criteri in base a cui scegliamo la scuola per i nostri figli. Alcuni sono abbastanza lampanti, su altri ho dovuto riflettere grazie a quegli studi e come sempre ci ho intrecciato alcune mie constatazioni.

3) Aspetti specifici sulla scuola elementare nei Paesi Bassi

Qui forse ripeto alcune cose ma entro più nel dettaglio, descrivendo cosa e chi troviamo dentro una scuola elementare olandese, che figure professionali vi lavorano. Inoltre aggiungo una nuova figura che è stata introdotta più di recente, l’ assistente sociale (Maatschappelijke werk(st)er). Molte scuole hanno la loro assistente sociale fissa che per alcune ore alla settimana è presente a scuola e su segnalazione degli insegnanti assiste le famiglie il cui bambino ha problemi che magari non si limitano all’ ambiente scolastico, ma vanno oltre.

Fa insomma da ponte tra il mondo della scuola e il mondo del bambino in generale, anche fuori dalla scuola. Noi l’abbiamo scoperta quest’anno, perché a seguito dei problemi che descriverò in parte nel post successivo e delle misure che abbiamo preso con la scuola, a un certo punto la coordinatrice interna ci invita a un incontro con la nostra assistente sociale. E noi non avevamo idea di cosa ci aspettasse, uno dice assistente sociale, dice che sono preoccupati perché il bambino a molto tempo sembra sempre infelice a scuola, e in macchina mi sono addirittura chiesta ad alta voce:

“Ma non sarà che questi pensano che ha l’ aria infelice perché lo maltrattiamo o lo trascuriamo?” (In realtà mi sono detta: “questi stronzi deficienti”, perché oggettivamente abbiamo tante di quelle cose da imputare a quella scuola che all’ epoca il rapporto di fiducia da parte nostra si era logorato e stavamo solo aspettando che finisse l’ ultimo anno e poi al diavolo).

Ecco, se il rapporto di fiducia si è un pochino ripreso lo dobbiamo all’ assistente sociale, una signora cordiale, empatia, a cui dopo tre parole non abbian più dovuto spiegare niente perché eravamo tutti esausti, ai ferri corti e completamente sfiduciati dalla scuola. Per la prima volta, in quella scuola mi sono sentita capita, presa sul serio e aiutata proprio con soluzioni pratiche. Molte cose le avevamo già intraprese da tempo per conto nostro, ma ecco, una famiglia un po’ meno testarda, informata e con meno risorse di noi avrebbe davvero bisogno di qualcuno così che gli indica le strade percorribili per aiutare un bambino che si è incartato nell’ esperienza scolastica.

Ci siamo visti tre volte per fare il punto della situazione, ci ha dato anche un paio di consigli pieni di buonsenso ma a cui noi non eravamo arrivati da soli e, come dicevo, ha ripristinato un po’ di fiducia nell’ operato della scuola. Una persona che sa esattamente quali sono le risorse disponibili a una famiglia in difficoltà per tanti motivi, dentro e fuori la scuola, che ti aiuta a usarle, che tiene d’ occhio l’ aspetto ampio di una situazione da risolvere, fa moltissimo. A noi, l’ ha fatto.

4) Bullismo

Chi mi segue da un po’ sa che abbiamo avuto un paio di anni difficili a scuola, che a un certo punto a figlio 2 l’ abbiamo proprio cambiata nel giro di una settimana e che a figlio uno ci avevo anche provato a cambiarla lo scorso anno, per fargli finire le elementari in un ambiente forse più sereno, poi un po’ la scuola non si trovava, un po’ a lui dispiaceva lasciare gli amici, un po’ ci siamo detti che forse lo stress del cambiamento e di riabituarsi a un ambiente tutto nuovo glielo potevamo risparmiare mettendo più energie nel convincere la scuola vecchia a venirgli incontro una buona volta, siamo rimasti dove siamo e non è detto che sia andata male. Ma all’ inizio non lo sapevamo.

Sul bullismo a scuola questo è un post piezz’ e core scritto per Genitoricrescono.

5) I compleanni a scuola

Insomma, per uscire dal tono miserere parliamo anche delle belle cose che si possono fare a scuola. I compleanni in Olanda sono molto sentiti e quindi è utile sapere come vengono festeggiati a scuola, perché io i primi anni mi incartavo e poi ci vanno di mezzo i figli che fanno brutte figure.

Devo anche dire che un paio di anni fa Orso mi ha chiesto esplicitamente per favore di fare dei pensierini di compleanno come tutti, con un sacchetto, delle schifezze dolci e un regalino, e io mi sono adeguata.

6) La prima elementare in Olanda

Ecco, cercando in giro per archivi ho ritrovato anche questo post in cui spiego cosa fanno i bambini di 4 anni quando entrano in prima elementare in Olanda, ovvero, cosa fanno tutto il giorno a scuola.

È un post vecchissimo e ho notato con mio grande orrore che nel 2008 io scrivevo sul blog vecchio robe come: “il mio cucciolo”. Se lo rifaccio, per cortesia, abbattetemi.

Che dire, abbiamo appena concluso un ciclo delle elementari con figlio 1, e abbiamo scoperto che iscrivere un figlio alle superiori ad Amsterdam richiede conoscenza, strategia e tattica. Tutto ciò ve lo racconterò in uno o più post a parte. Per adesso, se vi vengono in mentre altre cose da sapere sulla scuola elementare, parliamone tra i commenti e dove necessario scriverò dei post ad hoc.

Il perfetto antistress

bax cellophan

(La foto non c’ entra, ma me l’ ha fatta Marina un paio di anni fa e mi piace).

Uuuuuffff, chi è che lo diceva che novembre è il mese dell’ introspezione, del raccolto, dell’ adattamento al buio e alle giornate brevi, insomma, del letargo? Io ho corso ininterrottamente come una trottola e ancora non mi sono fermata. Sarei stanca, ma come si fa a riposarsi? Sarei stressata, ma come si fa a destressarsi? Bè un sistema io ce l’ avrei se avessi tempo di praticarlo e ve lo racconto oggi su Genitori Crescono. Che è vero che l’ uncinetto per me da un paio d’ anni è una panacea antistress, ma come fai a uncinettare quando guidi, corri, cucini, stiri, metti a posto, carichi, scarichi, ammansisci i figli, trasporti i figli, ti trattieni dallo strangolare i figli che invece di collaborare fanno i tiratardi ipocondriaci?

Qui ci sono cose, cosine, cosette, la chiusura dell’ anno e l’ inizio del nuovo anno, un natale da organizzare, che ho una gran voglia di natale, a questo giro, ma tocca prima aspettare che passi Sinterklaas. I bimbi crescono, io che rotolo in giro come una trottola, maschio alfa che tiene botta, zio Italo e Paula che reggono il forte e ci facciamo un mucchio di risate insieme, che in fondo il privilegio di vivere insieme da adulto il quotidiano con tuo fratello o sorella è una chance rara che per quanto breve, va colta al volo per ripristinare tante modalità comunicative che ti porti dentro come un’ unghia incarnita (mio fratello è venuto per aiutarmi con Da Gustare e ne ho approfittato per metterlo al lavoro anche per tutte le altre cose).

Sono successe cose molto serie e molto stressanti questi ultimi due anni che vi racconterò in un’ altra occasione, presto, e che mi hanno dato modo di riflettermi e confrontarmi con molte persone. Ma sono risultate in cose belle.

E infine un’ anteprima che per me è come un regalo di Sinterklaas anticipato: ci sarà un libro di ricette, collettivo, il prossimo anno, e ci saranno altri libri collettivi e non, tutte cose che senza il web, e quindi senza di voi, non ci sarebbero state. Per ora grazie.

Ora devo trovare 5 minuti per farmi una skypata in pace con mia madre che da settimane mi vede solo correre e mi manda sms angosciati del tipo: ciccia, stai bene? Mi sto preoccupando, ce la fai? Hai un attimo per venire su skype? E a me mia madre che si preoccupa per me, a torto, che io quando corro sto benissimo, ecco, mi stressa assai.

Eeeh, come vorrei trovare due minuti per sferruzzarmi uno sciallino.

#mettilatoppa: la vocazione del tappabuchi dall’ ormone dei figli

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Serena ha perfettamente ragione: quante volte nella vita ci tocca mettere toppe umane e metaforiche, e magari non ce ne importa niente, non abbiamo la vocazione, non lo sappiamo fare e non abbiamo neanche tempo? Epperò lo fai, perché ti tocca, o pensi che ti tocchi. L’ ultima toppa l’ abbiamo messa io e Oum Kelthoum (si, a volte mi prende la deriva Malaussèniana) ai nostri figli maschi undicenni.

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Scialba non sciacqua (e manco insapona)

doppia lavastoviglieScialba non è kosher, ma possiede ugualmente due lavastoviglie. Indispensabili per il ménage de tous le jours perché la crisi ha colpito anche la Maison della Zozza, come tutti. Non avendo più personale fisso in cucina, ma assumendone a cottimo solo in occasione di cene e feste,  la doppia lavastoviglie è indispensabile per ottimizzare il disbrigo della cucina. Non tanto per separare gli utensili adoperati per la carne da quelli adoperati per il latte, ma proprio per ottimizzare il lavoro senza penalizzare il bon-ton, perché come saprete tutti,  c’ est le bon-ton qui fait la musique, c’ èst le bon-ton qui fait gastronomique. Continua a leggere Scialba non sciacqua (e manco insapona)

“La risposta del cavolo” e il metodo Summa

Cop_SUMMAIstruzione preliminare se vi steste chiedendo: ma a che cavolo serve un libro del genere? Guardatevi questo video che spiega esattamente a cosa è servito a Chiara. Io lo dico a modo mio qui sotto.

Che scrivere libri non fosse catartico l’ avevo bello che capito con Statale 17, storie minime transumanti, che era stata la mia risposta di pancia e sentimentale al senso di perdita e disorientamento che ti succede dopo un disastro naturale che cancella coordinate presenti, passate e future. Ma in certe circostanze, così mi hanno assicurato i vari lettori con cui ci siamo sentiti in proposito, è un grande aiuto per chi legge.

Il mio secondo libro, già dal titolo, La risposta del cavolo, guida semiseria per genitori disperati alle domande dei bambini su sesso e società, sembrava una cosa diversa. Che ti vuoi catartizzare, i miei figli hanno sempre fatto e continueranno a farmi ininterrottamente domande che richiedono una risposta lucida e immediata e me le faranno tipicamente in quei momenti no. Ma il bello di scrivere libri è la condivisione.

Infatti nel libro ho potuto raccontare non solo i fatti nostri, ma anche quelli di tanti bambini e genitori che ce li hanno voluti raccontare e questo mi ha portato, strada facendo, ad elaborare una mia teoria sulla visione del mondo che trasmettiamo implicitamente (e anche esplicitamente) ai bambini quando rispondiamo alle loro domande. Qualsiasi domanda. Insomma, strada facendo è diventato un libro serio, e non solo più la raccolta di aneddoti divertenti da cui è partito.

Tantevvero che sono riuscita a convincere Massimo Giuliani, un uomo che non potrei descrivere meglio di quanto faccia lui stesso, come “Fabbricante professionista di metafore. Sperimentatore dilettante di sé ipertestuali.” a scrivere una prefazione, dopo che mi aveva detto due cose carine alla mia richiesta di dare un’ occhiata alle bozze.

“Senti, mi sono commossa, mi fai la prefazione?”

“Tu non lo sai, ma è sempre stato il mio sogno fare una prefazione a qualcuno”.

Poi uno dice le amicizie virtuali che si fanno reali. Perché io di Massimo so tante cose e ci scriviamo e leggiamo vicendevolmente da anni, ma giusto ad agosto ci siamo visti in faccia per un caffè all’ Aquila, città in cui abbiamo vissuto in momenti diversi.

Alcune cose scritte da Massimo si ritrovano nello spazio dedicato dall’Unità a La risposta del cavolo. Che se permettete, vedere il proprio nome sull’ Unità, io che la prima educazione al sesso, mondo e società me l’ ha data la santa zia Filomena, maestra, monaca di casa e scrittrice pure lei (nella mia famiglia siamo portatori insani del gene della divulgazione, evidentemente, e già da 4 generazioni documentate), dicevo, zia Filomena che ha fatto da padre a mio padre orfano e quando lui insegnava, si teneva i soldi per le sigarette e la benzina e lo stipendio lo dava a lei da mettere nel libretto postale. Zia Filomena che porella, lo dico nel libro, mi ha insegnato a 4 anni che se un uomo ti possiede carnalmente poi diventa il tuo padrone e quindi meglio evitare alla base e rimanere libere di corpo e di pensiero. E zia Filomena, di nuovo, l’ anno che mio padre decise di farsi in tenda con un collega il giro delle capitali europee e saputo che andavano pure in URSS, a lei che era la presidentessa delle donne cattoliche, teneva l’ elenco dei terziari francescani eccetera, dissero che per avere il visto per l’ URSS occorreva essere membri del PCI. Apriti cielo, minacciò di sequestrare i soldi risparmiati pur di non perdersi l’ anima di questo nipote tirato su come un figlio.

Se l’ avesse fatto papà non sarebbe partito, non avrebbe conosciuto mamma, non si sarebbero riprodotti, io non nascevo e di conseguenza i miei figli col cavolo che sarebbero riusciti a farmi domande del cavolo a cui avrei dato risposte del cavolo. Poi uno dice le coincidenze.

Ma la vera scoperta nata dalla condivisione è stata la presentazione fatta da Silvia Tropea, che come opperbaas di GenitoriCrescono, ovvero grande capa parimerito con Serena e Avvocata Nostra, ha detto cose illuminanti e geniali. Cioè, io non credevo davvero di essere stata tanto intelligente a scrivere questo libro, ma Silvia dice che la cosa veramente interessante dello stesso è che dietro c’ è un metodo.

“Insomma, la tua Weltanschauung,” mi fa l’ amica Monica filosofa Pythya. Che qui gli amici filosofi, estetologi, estetisti, si sprecano.

Ragazzi, ciò il metodo e pure la Weltanschauung  (seguite pure il link se anche voi, come me, i concetti filosofici ve li dovete ripassare).

Che in soldoni si riduce a questo, il mio metodo: Genitori, la vita è dura. Ci avevano promesso la nuvoletta rosa, i trottolini amorosi, i sorrisi sdentati e le guanciotte, i piedini paffuti e lo strazio di tenerezza che ti viene quando guardi tuo figlio dormire. Non solo il figlio bambino, perché mio padre faceva lo stesso anche quando eravamo più alti di lui, quando chiudeva l’ albergo e veniva a dormire, si affacciava un attimo in camera nostra per guardarci dormire. Pochi ci hanno avvertito su tutto il resto. Le notti insonni, i pannolini caccosi, la depressione postnatale, la depressione che nei blogger genera inevitabilmente il post di Natale, i bulli a scuola, la gente che, qualificata o meno, sta lì tutto il tempo a predire che tuo figlio è/diventerà dislessico, autistico, nevrotico, isterico, celiaco e peggio. E sarà tutta colpa tua che sei un genitore incapace.

Invece non è vero. Io dico solo che se ce l’ hanno fatta i nostri genitori a tirar su noi fino all’età riproduttiva, un minimo di credito ce lo dobbiamo dare, perché  l’ evoluzione della specie esiste e noi sicuramente faremo meglio dei nostri genitori. Genitori, facciamoci coraggio, siamo tutti nella stessa barca e già che ci siamo, possiamo anche farci una nuotata per rilassarci in una bella giornata di sole, e poi riprendere la navigazione.

Insomma, il metodo consiste molto semplicemente nel chiederci: ma noi che visione del mondo abbiamo? E che visione del mondo vogliamo trasmettere ai nostri figli? E una volta che ce lo siamo chiesti, prendere posizione. Nulla di più, ma prendere posizione, anche nel segreto della nostra testa, delle volte si fa fatica. E poi diciamocelo, mica è solo una questione di spiegargli i semini e le ovette. Dobbiamo spiegargli il rispetto di sé e del proprio corpo come difesa dalla vita, i pericoli e le bellezze di usare Internet, il mondo che cambia intorno a noi. Se non ce lo siamo chiariti noi, rischiamo di dare messaggi confusi ai bambini. Ma il bello è proprio che i nostri figli, anche con le loro domande o con le risposte che si danno da soli, ci aiutano a capire meglio il mondo che ci circonda. Insomma, la genitorialità è un viaggio bellissimo da affrontare insieme. Facciamolo.

“Spero innanzitutto di avere dimostrato che esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”
(I. Calvino)

Autostima, un corso accelerato, e “La risposta del cavolo”

Questo mese su Genitori Crescono è il mese dell’ autostima e da qualche settimana la feroce redazione non sta pensando ad altro. Lunedì 5 uscirà la prima puntata di un minicorso di autostima da me scritto a quattro mani con il Gasp, con la motivazione: siamo talmente diversi che qualcosa di buono potrebbe uscirne (parlando di autostima). Siccome domani starò pochissimo connessa, ve lo dico adesso.

E allora, in piena full immersion, visto che di puntate al minicorso di autostima ce ne sono quattro, stasera mentre tentavo di addormentare a chiacchiere l’ indisciplinato Figlio 2, gli ho chiesto:

“Ma a te, cosa ti piace di te stesso?”

“Vuoi dire della mia vita?”

“Si, anche ma proprio cosa ti piace di Orso”.

“La cosa più importante? Posso dirlo? Tu. Cioè, anche Ennio e papà, la famiglia”.

Eh, hai voglia ad aggiustare, qui è la prima risposta quella che conta. Alla faccia dell’ autostima, il corso bisognava farlo scrivere a Orsetto mio bello, che però per quanto lo riguarda, l’ autostima un po’ se la perde per strada ed è per questo che la sera cerco di fargli i messaggi subliminali mentre si sta addormentando.

Il punto è che ormai, arrivata oltre il mezzo del cammin di nostra vita, che autostima vuoi avere, quello che sapevi fare l’ hai bello che dimostrato a te stessa e agli altri. Tante cose che vedevi come insormontabili, le hai fatte. Signore benedetto, ho persino pubblicato un libro. E sto per pubblicarne un altro. Abbiamo passato gli ultimi giorno con la mia editrice nonché editor a fare la revisione finale delle bozze su Skype e, signori, direi che ci siamo.

Io già che c’ ero ho iniziato ad organizzarmi le presentazioni in Italia con le amiche, già che pensavo di scendere verso il 5 dicembre per qualche giorno, almeno rivedo anche la mia mamma con calma, che quest’ estate abbiamo avuto scarogna e a Natale non ci vediamo.

La mia editrice, che è donna prudente, ci ha provato a rimettermi con i piedi per terra:

“Scusa, come fai ad essere così sicura che per allora è pronto?”

“Perché mi fido di te, no?”

E come si intitola tanto capolavoro delle patrie lettere? Che domande.

La risposta del cavolo, ecco come si intitola. Perché, cosa credevate?