Ricetta: per un piatto di lenticchie (salsa al sambuco come bonus)

20060914vlierbes1Certo che il bello di essere una madre abruzzese talebana sul cibo mi concede non solo di avere un figlio che schifa la Nutella e il ciambellone, si nutre di nascosto di jaw breakers, ma con moderazione, perché le caramelle non fanno parte della dieta quotidiana ma dei piccoli peccati nascosti, come è giusto che sia ed è felice solo quando gli  proponi la bruschetta con l’ aglio e la zuppa di lenticchie di Santo Stefano;

non solo mi complica la vita da matti per l’ approvvigionamento, con tutto che abito di fronte a un supermercato della catena più fantastica d’ Olanda;

ma mi permette di tirarmela a bestia quando scoppiano risse di vario tipo intorno ai grandi protagonisti dell’ agro-alimentare, perché con aria piena di sufficienza posso dire: eh, ma io quel prodotto lì non l’ ho mai comprato. Che sarebbe anche vero, ma vuoi mettere farla cadere dall’alto, che poi io sono pure alta 1,79.

Insomma, in attesa che martedì arrivi il pallet di vino al mio amico importatore su cui mia madre ha caricato 6 scatole di pomodori fatti in casa e altri generi di conforto, mi consolo con un paio di ricettine autunnali, la zuppa di lenticchie che è un classico di famiglia, e la salsa alle bacche di sambuco, che mi sono inventata lì per lì.

Ricetta zuppa di lenticchie di Santo Stefano di Sessanio

A casa mia si usano da sempre le lenticchie di Santo Stefano, perché i chilometri zero non sono un’ opinione ma una necessità e poi perché il mio bisnonno faceva il carrettiere e questi paesi se li girava tutti. Però potete usare qualsiasi tipo di lenticchia scura, compatta, preferibilmente di montagna e che non si disfi durante la cottura.

Mettete una tazza di lenticchie a testa in un tegame, se vi piace il coccio usate il coccio, se avete acceso il camino fate come mia nonna che le metteva nella callara la mattina, ma un banale tegame sul gas va sempre bene, perché quello ho (il camino che vorrei, parliamone, solo ieri ho esposto a maschio alfa il mio progettino per quando avremo almeno € 35.000 che ci avanzano, ovvero mai, per ampliare il piano terra in giardino e metterci così un camino con forno a legna).

Nell’ acqua di cottura aggiungere uno spicchio di aglio rosso di Sulmona (o comunque uno spicchio di aglio fresco che sappia di qualcosa e non quelle robine depresse tre a tre nei sacchetti di rete che si perdono le foglie per strada) e una foglia di lauro. Lasciate cuocere circa una ventina di minuti fino a che le lenticchie non siano morbide, aggiungendo il sale verso la fine. Una volta che le avete pronte ci potete fare 3 cose:

1) impiattarle tel quel come sono e servitele con un filo di olio buono del sud, eventualmente una bruschetta o fetta di pane casareccio accanto e vai. Ottimo come conforto istantaneo e d’ estate ottime anche tiepide o fredde.

2) verso gli ultimi 5 minuti di cottura ci aggiungete dei pomodori da sugo a pezzetti per arricchire il brodo di cottura. Anche qui, ve le condite e mangiate come sopra, oppure

3) gli ultimi minuti di cottura ci buttate dentro una pastina a piacere, con o senza i pezzetti di pomodoro, la fate cuocere al dente, spegnete il fuoco e lasciate incoperchiato per un minuto e servite con olio eccetera. Noi ci mettiamo anche della pasta corta tagliata a mano fatta al volo mentre si cuociono le lenticchie. impastate a seconda dei commensali (1-2 o 3-4) uno o due uova con tutta la farina doppiozero che le uova si tirano, stendete la pasta a mano o col mattarello, e si fa in un attimo perchè non deve essere troppo sottile, e poi ve la tagliate a losanghette di circa 1,5 cm di lato (e queste sono le taccozze) oppure in tagliatelline spesse lunghe 3,5 cm e larghe quanto vi pare da 1 a 3 mm. (le sagnette). Quest’ultimo piatto lo potete chiamare sagn’ e ‘ndicchie così soddisfiamo anche la componente ctonia.

A un piatto così che ci volete aggiungere? un po’ di pecorino stagionato in scagliette, se proprio siete dei gastrofighetti e pace, pasto completo ed equilibrato. Infatti `e la mia salvezza le volte che non faccio a tempo a fare la spesa, anche se in settimana in genere le taccozze ce le sogniamo e ci limitiamo ai tubetti. Di una marca che non nomino, ma non è quella lì.

Salsa alle bacche di sambuco

Questa salsa me la sono inventata lì per lì visto che l’ altro giorno mentre aspettavamo Ennio, io sferruzzavo in macchina e Orso ha scoperto un cespuglio di sambuco carico di bacche come quelle della foto, e ha iniziato a raccoglierle in un sacchetto di plastica con l’ intenzione dichiarata di aggiungerci del nero di seppia e farne inchiostro. Non chiedetemi perché gli vengono queste idee, io ci ho rinunciato, tanto poi si distrae e non lo fa. Io ormai ho adottato il metodo resistenza e sopravvivenza passive, ovvero: tu fai il cavolo che ti pare, basta che non costi sforzo a me e tu mi torni vivo e vegeto a casa, se ne esce qualcosa di fantasticamente creativo bene, se esplode la casa ti trito e per il resto la vita è breve e non sprechiamo tempo a candeggiare le macchie (le macchie di sambuco MACCHIANO, sappiatelo, se ci tenete, mettetevi dei guanti di gomma nel manipolarli).

Insomma, dopo un giorno o due di abbandono sacchetto sul tavolo io ho deciso di marmellatizzarle. La rogna di chi fa seriamente le composte di mirtillo è che ci tiene a mantenere le bacche intere e quindi se le stacca una a una dal rametto, una fase perditempo che la casalinga pigra per definizione salta a piè pari. Io ho messo le bacche nello scolapasta, le ho lavate girandole delicatamente e mentre sgocciolavano, con le forbici, ho tagliato il grosso dei rametti.

Ho messo tutto in un tegame di acciaio a fondo pesante con coperchiuo, le ho fatte andare sul  fuoco più piccolo per alcuni minuti senza aggiungere niente e solo con il coperchio, poi le ho passate al passaverdura. Ho lavato la pentola e ci ho rimesso le bacche passate, il doppio in volume di mele a pezzetti con tutta la buccia (erano dell’ albero di mia suocera, quindi basta lavarle un po’), un po’ di zucchero a occhio e aggiungo un po’ d’ acqua con cui avevo risciacquato il fondo della ciotola in cui avevo passato le bacche, che mi sembrava un peccato sprecare i resti.

Ho fatto cuocere a fuoco lento con il coperchio fino a che le mele si erano ammorbidite, ho passato tutto al minipimer, ho aggiunto il succo di mezzo limone perché mi sembrava troppo dolce e ho messo in barattoli sterilizzati con l’ acqua calda, asciutti ma bollenti (volendo gli potete far fare un giretto di 10 minuti in forno a 180 gradi, ai barattoli). Li ho fatti raffreddare a testa in giù, ma in realtà il primo dei barattoli manco lo abbiamo fatto raffreddare, ci abbiamo subito affondato il cucchiaio.

Variazioni future

Se questo weekend riusciamo a cogliere altre bacche vorrei provare a farne:

1) una versione senza zucchero, magari usando mele dolci o aggiungendoci un pezzetto di zucca, mezza cotogna, insomma, frutta autunnale, e semmai correggendola ala fine con un tocco di aceto, per farne una salsa da servire con la selvaggina.

2) un’ altro tentativo come quello sopra, o magari anche con dello zucchero, ma poco, aggiungendo un peperoncino a pezzetti, senza semi o muoro, per farne una salsa piccante.

Buon weekend anche a voi. Adoro l’ autunno quando c’ è il sole, l’ ho mai detto?