Occorre preoccuparsi per l’ adolescente solitario?

Io se ripenso alla mia gioventù posso dire serenamente che la cosa di cui ho più sofferto è stata la solitudine. Non tanto perché mi mancassero gli amici, sono sempre stata il tipo del timido audace che fa battutine e battutone per vedere l’ effetto che fa, e socialmente questo funziona. Ma ero la bambina atipica in un paesino culturalmente molto omogeneo, dove tutti erano cugini fra loro. Io avevo solo mio fratello piccolo in un’ altra classe e ci difendevamo come potevamo.

Però diciamo anche che un po’ me la cercavo, perché non riuscivo proprio a sopportare i gruppi del tipo in cui versi il cervello alla cassa comune pur di non emergere troppo. A volte, per dei periodi, avevo qualche amica con gruppo proprio e mi aggregavo, ma non sono mai stata tipo da compagnia. Ricordo dei pomeriggi passati a giocare da sola sotto casa, a palla, scavando tunnel nella sabbia e cazzeggiando in genere ed ero felice lo stesso. Oppure andavo a trovare qualche amica solitaria anch’ essa e chiacchieravamo. Con Loredana, per esempio, non so cosa ci siamo dette per anni, ma ci eravamo trovate. Avevo anche l’ amica tiranna, quella che ogni semestre aveva un’ altra amica del cuore che non ero io, e un po’ ne pativo, un po’ eravamo legate a doppio filo. Perché Sarah era ancora più sola e isolata di me, avevamo tutte e due la madre straniera e quindi una visione del mondo più ampia, parlavamo due lingua in casa, le nostre nonne e i nostri padri erano amici e per un po’ ci hanno provato anche le nostre madri, che il comune background straniero fa tanto per la socializzazione, signora mia.

Al liceo la socialità di gruppo indotta era dominata da Comunione e Liberazione e anche se all’ inizio un paio di volte ho accettato i loro inviti, ho capito subito che la causa comune non faceva per me. più che liberatoria, quella comunione lì la vedevo troppo costretta  a paletti, legacci, accettazione suina di cose stabilite dall’ alto, capi e capetti carismatici e privi di contenuti propri. Meglio sola, anche se ci patisco da matti, che male accompagnata, che ci patirei di più.

La mia prima amica del cuore e resta finora la mia migliore amica, è Vic, e ci siamo conosciute all’ università. E poi nel corso degli anni sono diventata miss Network, che conosce infinite persone e socializza con tutti, anche se non sono mai io a fare il primo passo, perché resto timida. Per dire che più uno va avanti con gli anni, pi`¨allarga i propri orizzonti, pi`¨riesce a fare cose che gli piacciono e che inevitabilmente lo portano a conoscere altra gente a cui piace la stessa cosa, più la cosa si risolve.

Dei miei figli uno è l’ affascinatore di folle, che ha bisogno dell’ apprezzamento del gruppo, e questo nei primi ani di scuola lo portava a fare il clown, e tutti gli volevano bene. Che faticaccia, però, e infatti quando ha smesso ha avuto problemi vari a riscattarsi un posto nel gruppo. Figlio 2 invece da quando è nato è sempre bastato a sé stesso, tanto che a 4 anni la maestra del doposcuola si preoccupava di vederlo giocare sempre da solo o con il fratello e ha preso provvedimenti.

A me sembra comunque che il bambino solitario venga spesso visto come un problema, e se da un lato capisco i genitori che se ne preoccupano, dall’ altro, avendo il fondo orsesco pure io, e che in questi anni mi si sta acuendo enormemente, mi verrebbe da dire: ma lo vogliamo lasciare in pace se sta bene con sé stesso?

Ultimamente mi ha scritto un’ amica molto cara e che sento tanto affine, ma molto recente, che a fine estate mi ha affidato sua figlia diciottenne con un’ amica, e mi chiedeva se secondo me, avendoci parlato fuori dalla normale vita a casa con i genitori, facevano male a preoccuparsi del fatto che era diventata molto solitaria. Ecco cosa mi diceva:

“siamo un po’ preoccupati perché, nonostante lei appaia serena , abbiamo l’ impressione che sia sola o comunque con troppe poche amiche, che a tratti spariscono anche quelle. Nonostante vada spesso a vari compleanni è da un po’ che non ha altre forme di socializzazioni a parte il catechismo ed il teatro. Non avverte il bisogno di condividere la sua vita con gli altri e a noi tutto ciò sembra strano, anche l’ultimo ragazzo che si è interessato a lei non ha avuto neanche la possibilità di frequentarla. Tu che l’hai vissuta lontana da noi dacci un tuo parere ed aiutarci a capire se sono paturnie da pseudo incapacità genitoriali o condividi le nostre impressioni”.

Di botto mi sono ricordata di me a quell’ età. E mi sento di dire che se un’ adolescente è comunque sereno, comunque quello che deve fare lo fa, meglio non preoccuparsi troppo. Molti bambini e molti ragazzi, spesso hanno una marcia in più che nel loro ambiente quotidiano li frena più che aiutarli, perché nessuno li capisce. E allora scelgono anche loro per la tecnica: meglio solo che male accompagnato. Per questi ragazzi però è fondamentale avere una finestra sul mondo, mandarli fuori, magari anche con un lavoretto estivo o come ragazza alla pari, farsi un giro o portarli con sé, perché si rendano conto che ci sono tante vie, tante alternative, tanti ambienti, e che basta riuscire a trovare quello a sé congeniale.  Che detta così la faccio semplice, ma so benissimo pure io quanto dubbi, ripensamenti, fughe in avanti e all’ indietro, comporta il crescere.

Capisco anche che a molti adolescenti anche la scoperta delle infinite possibilità che ci sono dietro la porta di casa potrebbero creare insicurezze e farli chiudere ancora di più nel proprio guscio. Poi ci sono quelli che magari già erano timidi o un po’ insicuri e bastano un paio di batoste di seguito per buttarli giù. Ci sono quelli cupi che si dipingono le pareti della camera di nero, e quelli che stanno sempre a masturbarsi per fatti loro piuttosto che affrontare il mondo.  Si legge in giro di hikikomori, gli adolescenti che si tappano in casa dietro al computer e vivono solo davanti allo schermo. Ci sono quelli che si sfracellano di canne o si ubriacano, con o senza gli amici. E come genitori è normale che se tuo figlio da adolescente prende delle derive che ti devi ancora spiegare, hai paura proprio che prenda una cattiva strada, e come fai a rassicurarti senza andare in panico o assillarlo gratis?

Ma nel caso di E, e anche di C. figlia perfetta di una mia altra amica di blog, direi che sono solo dei normali pesci fuor d’ acqua. Ragazzi che vedono oltre, che sanno che dietro le mura del paesello ci sono infinite possibilità e fintanto che devono aspettare dell’ occasione per uscirne, tocca portare pazienza. Ma non lo dice nessuno che devi per forza adeguarti alle compagne di scuola cretine che ti tolgono il saluto, ti escludono o spargono chiacchiere alle tue spalle. Che devi per forza divertirti con gli amici scout che anche li ci potrebbero essere tante di quelle dinamiche da gineceo, tipiche dei gruppi chiusi, che lèvati. Che tu provi a fare attività di volontariato che ti mettono a contatto con problemi più grandi di te, come per esempio aiutare alla mensa dei poveri e conoscere tante situazioni, e le tue compagne stanno lì a preoccuparsi del colore di smalto che devono mettersi per andare a fare il turno.

E poi il futuro, santo cielo, il futuro. Se penso alle prospettive di futuro che un genitore oggi prevede per i propri figli adolescenti ci sarebbe da spararsi, e un ragazzino più sensibile della media queste cose le percepisce, un telegiornale lo sente, vede i genitori che fanno fatica o temono per il proprio lavoro. E si chiede come andrà a finire per lui o lei da grande. R non sempre gli adulti riescono a dare risposte adeguate, perchè neanche ci fanno caso quali sono le domande.

Non so se vi ricordate, voi adolescenti degli anni ’80, come ci è toccato crescere a noi: tra Chernobyl che ci avrebbe riempito di tumori tutti quanti, la bomba atomica che sembrava sarebbe caduta da un momento all’ altro, il buco nell’ ozono che ci avrebbe ustionati tutti, hai voglia a sperare nel futuro. In una delle presentazioni delle Risposta del cavolo una donna ha raccontato del terrore che aveva lei da ragazzina all’ idea che Russia e America avrebbero fatto scoppiare la terza guerra mondiale, e non sapendo a chi chiedere, le venne in mente di parlarne in confessione e per fortuna le capitò un sacerdote intelligente che la seppe rassicurare.

Ecco, i nostri figli hanno una figura di riferimento al di fuori dei genitori a cui fare le domande che gli fanno paura? Io spero sempre che i nostri continuino a chiedere a noi, ma so che nell’ adolescenza diventa più difficile parlare di tutto con i genitori, anche per proteggerli dalle nostre paure, ed allora spero davvero che tutti abbiamo l’ insegnante comprensibile, l’ allenatore modello d vita, lo zio o la zia o il genitore del tuo migliore amico. Per questo considero un enorme privilegio avere a volte le nipoti e le figlie degli amici che mi danno uno specchio degli adolescenti di adesso, e sono orgogliosa dei miei amici che mi considerano affidabile abbastanza da mandarmi i loro figli e fidarsi di me quando hanno dei dubbi.

Perché dopo lunga ed esaustiva analisi che vi risparmio, pare che con E. ci abbia preso in pieno e i suoi genitori si sono sentiti confermare quello che pensavano già anche loro, ma che essendo giustamente i genitori, avevano il dubbio di non sbagliarsi. Che poi ci vuole poco di questi tempi a ritrovarti un figlio bimbominkia EMO e poi che fai, mica lo puoi prendere a calci fino a che rinsavisce?

Insomma, l’ adolescente può diventare improvvisamente solitario per tanti motivi e pur non escludendo anche quelli seri e preoccupanti,  magari in fondo è una fase temporanea e sta bene così. Per questo una volta ai certi maschi faceva bene la vita militare (ma ad altri li ha rovinati) e se non vanno all’ università ad arrangiarsi da soli, uno stage, un lavoretto stagionale, un campo di volontariato, ma anche solo andare a lavorare dagli zii all’ estero fanno molto per aprire gli orizzonti nell’ età difficile.

Certo, poi la mia consanguinea che si è fatta bocciare da due facoltà diverse, era andata a fare la cameriera nel locale fighissimo di lap-dance dove guadagnava molto e rientrava sempre a mattina dopo essersi ubriacata con i colleghi dopo il lavoro, mandata dallo zio d’ America a vedere cosa voleva fare e trovando la sua strada con una facoltà che le era tagliata addosso, e intanto fare lavoretti per mettere i soldi da parte, è riuscita a ubriacarsi in un locale, farsi spintonare da fidanzata altrui gelosa, rompersi un polso, preventivo operazione 15.000 dollari che non ha nessuno e rispedita a casa da sua madre che già solo alla notizia ha ricominciato a farsi alternativamente di Valium e Prozac (sto inventandomela questa, ma che mia zia iperventili non ho dubbi), non sembra corroborare quanto ho detto sopra. Ma il fatto è che la consanguinea non è mai stata un adolescente solitario e silenzioso. Avercene.

 

Liberiamo una ricetta: la ricetta del cavolo

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L’ iniziativa di blogger Liberiamo una ricettaha una genesi che vi risparmierò ma che ha a che fare con amicizie virtuali che talvolta sono belle come quelle reali, con la netiquette, col fatto che se sei una bella persona anche dal web si capisce e viceversa.

Quest’ anno quindi è stata riproposta con una coda che a me piace molto: usare l’ iniziativa per aiutare la mensa dei rifugiati del Centro Astalli dei gesuiti di Roma. Ho un paio di amici che lavorano per il Centro Astalli e anche grazie a loro sono al corrente delle infinite attività umanitarie di cui si occupano. In fondo al post troverete le istruzioni su come dare un contributo importante dentro casa nostra, a un’ iniziativa concreta e trasparente

Ma si diceva, la ricetta da liberare.  Che altro poteva proporvi l’ autrice di un libro che si chiama La risposta del cavolo se non una ricetta del cavolo? Completa di storia e foto. Altre ricette ‘letterarie’ sono state raccolte su Zebuk.

La storia

Orso da un annetto sta riducendo sempre più il numero di cose che accetta di mangiare, anche se mangia di buon appetito tutto il resto. ma insomma, io già soffro con un vegetariano in casa, figuratevi se posso essere felice di fare sempre le stesse 5-6 cose?

Dal punto di vista pratico il grosso problema era il pranzo a scuola: qui si mangiano panini e lui era arrivato a rifiutare tutto, tranne l’ uovo sodo a fettine e il burro di arachidi. Pensate un po’ come mi sono ridotta, io che ho lottato contro il burro di arachidi ai miei figli in tutte le mense di nido e doposcuola, sono arrivata a comprarglielo. Fair trade (per un periodo insisteva per quello della Nestlé, ma sul mio cadavere la Nestlé) ma mi ero arresa.

Mi è venuto incontro maschio alfa che si è messo a pensare cosa piaceva a lui da piccolo nel pane. Io lo so cosa piaceva a me, la mortadella, ma questo reprobo di mio figlio non la vuole. Maschio alfa ha cominciato a fare prove empiriche ed è tornato a casa con quello che qui si chiama il gebraden gehakt (trad.: il macinato brasato) Che ha incontrato il gradimento di figlio2 .

Ora il gebraden gehakt io me lo sono studiata, perché non sia mai che ai miei figli dia roba con conservanti, addensanti, carne di batteria, sale, grassi insaturi eccetera e ho capito che in fondo era il polpettone. Fatto bello sodo, con tanti farinacei dentro per renderlo compatto come un salame da tagliare con l’ affettatrice, ma polpettone.

E fingendo di niente gli ho detto: Orso, ma non ti piacerebbe in fette più spesse? Si, gli sarebbe piaciuto. E non è che ce lo vogliamo fare da soli. Si, potremmo.

Ora, siccome uno dice il virtuale, ma a me quando si è rotto il robot da cucina e stavo studiando vari modelli costosissimi da ricomprarmi e ho chiesto consiglio alle blogger che non conosco, ma pratico su facebook, Pentapata me lo ha offerto e detto fatto, mi è arrivato a casa. L’ Orrido, perché così lo chiamavano loro, è un bravo ragazzo e fa il suo dovere, ma per l’ uso a cui serviva a loro (svezzamento pupo) era stato una delusione e stava da un po’ in garage a prender spazio. Poi uno dice il mondo virtuale, mi è arrivato a casa in un bel pacco enorme che occupa in effetti mezzo garage. Due delusioni si incontrano in un gesto utile.

Da quando ho l’ Orrido ho potuto ricominciare a farmi le verdure sminuzzate tipo dado fatto in casa con cui io sopravvivo all’ inverno. E quindi comprando il macinato per il polpettone, ho preso un mucchio di verdure tra cui quel cavolo a punta sopra, che ditemi se non è bellino, biologico e costava € 1,49, che ce lo lasciavo?

Io adoro il cavolo che è una verdura meravigliosamente sana, ma non so mai bene cosa farci, e se lo lessi comincia a dare odore di cavolo che non a tutti fa piacere. Per cui pensavo di sminuzzarlo in mezzo al resto delle verdure e imboscarlo sano sano com’ è, in tutti i soffritti, sughi e minestrine che faccio.

Dado di verdure fatto in casa

Si fa così, tanto non è ancora questa la vera ricetta del cavolo: lavate, sbucciate e tagliate a pezzettoni le seguenti verdure a piacere: cipolle, porro, aglio, carote, sedano o sedano rapa, zucchine, cavolo, biete varie, spinaci, tutti gli odori che potete, prezzemolo basilico, quello che avete a disposizione e preferite. Almeno cipolla sedano e carota però mettetecele (io ho messo il sedano rapa). Sminuzzate tutto nell’ Orrido o altro robot, insieme a manciatine di sale grosso, deve risultare piuttosto salato alla fine. Mettete tutto in un colino e lasciatecelo almeno una notte, semmai con un piatto e un peso sopra per scolare tutto l’ eccesso d’ acqua. Il giorno dopo lo imbarattolate e conservate in frigo fino a consumazione, io l’ ho tenuto anche un mese. O lo surgelate in miniporzioni. Io lo uso tutte le volte che non sono riuscita a comprare verdure fresche per improvvisare piatti sani e nutriente: nelle polpette a chili, per esempio, a volte in peso pari a quello della carne, così i bambini che non amano le verdure le mangiano senza accorgercene. [fine della ricetta bonus]

Poi da una cosa nasce l’ altra. Il polpettone è piaciuto, il macinato di manzo bio era in offerta al super e che faccio, ce lo lasciavo? Sabato si sono festeggiati in famiglia i compleanni congiunti di Ennio e mio cognato piccolo (a mio cognato 11 anni fa abbiamo messo a credere che Ennio era il suo regalo di compleanno) e io mi sono offerta di portare il polpettone, visto che ci sto prendendo gusto a farlo, ma qui lo mangiamo solo in due (figurati se a Ennio può piacere una cosa che piace a suo fratello).

Io mi sono ricordata che mia madre e mia nonna in Polonia facevano i Gołąbki, che significa piccioncini e sono degli involtini di riso e carne avvolti nelle foglie di cavolo, e detto fatto, mi si è sincretizzato il cavolo, il polpettone, il macinato brasato ed ecco qua il piccioncione da compleanno.

La ricetta del cavolo della casalinga pigra

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Comprate un bel cavolo, pulitelo dalle foglie esterne e poi staccate alcune foglie esterne grandi e pulite. Potrei dirvi di lessarle, scolarle e farle asciugare su un canovaccio pulito, ma la casalinga pigra mette tutto direttamente sul piatto del microonde (pulitelo magari prima) e fa girare tutto per 10 minuti. Le foglie escono asciutte, cotte e morbide e la puzza di cavolo non si sente e non sprecate un canovaccio pulito. Tagliate la parte dura e curva in basso dello stelo della foglia, che così si appiattisce, e foderateci una forma da cake.

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Stendete un primo strato di polpettone e schiacciatelo bene, poi alcune uova sode sgusciate in fila, poi un altro strato di polpettone, schiacciate bene per compattarlo, ripiegate le foglie di cavolo esondanti dalla forma sopra, rifinite con un’ altra foglia su misura che copra tutta la carne, metteteci sopra una foglia di scarto che si bruciacchierà e potrete buttare, e passate in forno caldo a 180 per un 60 minuti o più se avete una forma molto grande, o fate prima un paio di polpettoni di prova per capire quanto ci mette nel vostro forno, che le ricette al forno sono sempre così tocca conoscere il forno e adeguarsi. Dopo abbassate il forno e lo lasciate un’ altra oretta a 40-50 gradi così vi si caramellano le voglie di cavolo scoperte.

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A questo punto io spegno il forno e lascio tranquillamente raffreddare così com’ è, magari aiuta, se vi piace, metterci un peso sopra, ma in genere basta così. Per la festa l’ ho fatto il due giorni prima, il giorno prima l’ ho tolto dalla forma e l’ ho lasciato a sgocciolare su una tavoletta di legno, poi prima di uscire l’ ho rimesso nella forma per proteggerlo e arrivati a destinazione, senza forma e sottosopra, in modo da finire di asciugare e colorare anche le voglie di cavolo inferiori, un ulteriore passata in forno a 180 gradi per riscaldarlo, e servito. Un successone.

Cosa dite, il polpettone? Ah, si.

Il polpettone io lo faccio a occhio, mettendo nell’ Orrido in 3 parti uguali:

1) pane secco grattugiato grossolanamente (o fette biscottate sbriciolate)

2) con una cipolla, verdure varie, magari del dado preparato prima, gli avanzi di cavolo se volete, le verdure in fondo mettetene quante ne volete, anche più`del pane e del formaggio, e

3) un tocco di feta, o se preferite la ricotta, dategli una salata extra, e se prima di iniziare ho grattuggiato nell’ Orrido dei resti dei pecorini vecchi, mettete anche quelli. Per legare, una o due uova, che facilitano anche lo sminuzzamento se usate le fette biscottate. A questa massa aggiungete una massa uguale o maggiore di macinato di manzo. Potete impastare  a mano, ma con un ulteriore giro di Orrido anche il macinato diventa più fine e la pasta è più omogenea. Se lo preferite senza foglie di cavolo basta avvolgerlo bene nella carta da forno, metterlo sulla placca o in una teglia e lasciar cuocere per un’ oretta a 180 gradi. Lasciatelo raffreddare nella carta e mangiatelo a fettine fini come ripieno di un panino, oppure come secondo in fettone più grandi.

Versione vegetariana

Potete anche decidere di mettere delle lenticchie scolate bene al pappone, al posto della carne macinata, fargli fare un giretto di Orrido anche a loro e procedere con o senza foglie di cavolo come preferite.

Ce l’ avete fatta? Siete arrivati fin qui? Siete ancora vivi? Ma siete fantastici, posso offrirvi una fetta di polpettone?


col cavoloimage-x-generic-portraitLe storie sono per chi le ascolta, le ricette per chi le mangia. Questa ricetta la regalo a chi legge. Non è di mia proprietà, è solo parte della mia quotidianità: per questo la lascio liberamente andare per il web.

Il Centro Astalli – JRS opera a Roma e in altre città italiane dal 1981, grazie all’impegno concreto di centinaia di volontari.
Accompagnare, servire, difendere i diritti dei rifugiati di tutto il mondo: questa è la missione che il Centro Astalli ha scelto di portare avanti nella realtà italiana. In un anno quasi 21.000 persone si sono rivolte ai servizi del Centro Astalli: mensa, ambulatorio, assistenza legale, scuola di italiano, centri di accoglienza, case famiglia.

La mensa del Centro Astalli è aperta cinque giorni a settimana, e ogni giorno prepara più di 400 pasti caldi. Il costo dei pasti: 5eur per un giorno, 25eur alla settimana o 100eur al mese. Si può donare qualunque cifra, utilizzando il conto corrente postale, n. 49870009, intestato a: Associazione Centro Astalli – via degli Astalli 14/A – 00186 Roma o tramite Bonifico Bancario, Banca popolare di Bergamo, sede di Roma, via dei Crociferi 44: IBAN IT 56 N 05428 03200 000000098333.

Indicheremo nella causale la dicitura “#liberericette”, per far sentire la nostra presenza. Voi ci sarete?

“La risposta del cavolo” e il metodo Summa

Cop_SUMMAIstruzione preliminare se vi steste chiedendo: ma a che cavolo serve un libro del genere? Guardatevi questo video che spiega esattamente a cosa è servito a Chiara. Io lo dico a modo mio qui sotto.

Che scrivere libri non fosse catartico l’ avevo bello che capito con Statale 17, storie minime transumanti, che era stata la mia risposta di pancia e sentimentale al senso di perdita e disorientamento che ti succede dopo un disastro naturale che cancella coordinate presenti, passate e future. Ma in certe circostanze, così mi hanno assicurato i vari lettori con cui ci siamo sentiti in proposito, è un grande aiuto per chi legge.

Il mio secondo libro, già dal titolo, La risposta del cavolo, guida semiseria per genitori disperati alle domande dei bambini su sesso e società, sembrava una cosa diversa. Che ti vuoi catartizzare, i miei figli hanno sempre fatto e continueranno a farmi ininterrottamente domande che richiedono una risposta lucida e immediata e me le faranno tipicamente in quei momenti no. Ma il bello di scrivere libri è la condivisione.

Infatti nel libro ho potuto raccontare non solo i fatti nostri, ma anche quelli di tanti bambini e genitori che ce li hanno voluti raccontare e questo mi ha portato, strada facendo, ad elaborare una mia teoria sulla visione del mondo che trasmettiamo implicitamente (e anche esplicitamente) ai bambini quando rispondiamo alle loro domande. Qualsiasi domanda. Insomma, strada facendo è diventato un libro serio, e non solo più la raccolta di aneddoti divertenti da cui è partito.

Tantevvero che sono riuscita a convincere Massimo Giuliani, un uomo che non potrei descrivere meglio di quanto faccia lui stesso, come “Fabbricante professionista di metafore. Sperimentatore dilettante di sé ipertestuali.” a scrivere una prefazione, dopo che mi aveva detto due cose carine alla mia richiesta di dare un’ occhiata alle bozze.

“Senti, mi sono commossa, mi fai la prefazione?”

“Tu non lo sai, ma è sempre stato il mio sogno fare una prefazione a qualcuno”.

Poi uno dice le amicizie virtuali che si fanno reali. Perché io di Massimo so tante cose e ci scriviamo e leggiamo vicendevolmente da anni, ma giusto ad agosto ci siamo visti in faccia per un caffè all’ Aquila, città in cui abbiamo vissuto in momenti diversi.

Alcune cose scritte da Massimo si ritrovano nello spazio dedicato dall’Unità a La risposta del cavolo. Che se permettete, vedere il proprio nome sull’ Unità, io che la prima educazione al sesso, mondo e società me l’ ha data la santa zia Filomena, maestra, monaca di casa e scrittrice pure lei (nella mia famiglia siamo portatori insani del gene della divulgazione, evidentemente, e già da 4 generazioni documentate), dicevo, zia Filomena che ha fatto da padre a mio padre orfano e quando lui insegnava, si teneva i soldi per le sigarette e la benzina e lo stipendio lo dava a lei da mettere nel libretto postale. Zia Filomena che porella, lo dico nel libro, mi ha insegnato a 4 anni che se un uomo ti possiede carnalmente poi diventa il tuo padrone e quindi meglio evitare alla base e rimanere libere di corpo e di pensiero. E zia Filomena, di nuovo, l’ anno che mio padre decise di farsi in tenda con un collega il giro delle capitali europee e saputo che andavano pure in URSS, a lei che era la presidentessa delle donne cattoliche, teneva l’ elenco dei terziari francescani eccetera, dissero che per avere il visto per l’ URSS occorreva essere membri del PCI. Apriti cielo, minacciò di sequestrare i soldi risparmiati pur di non perdersi l’ anima di questo nipote tirato su come un figlio.

Se l’ avesse fatto papà non sarebbe partito, non avrebbe conosciuto mamma, non si sarebbero riprodotti, io non nascevo e di conseguenza i miei figli col cavolo che sarebbero riusciti a farmi domande del cavolo a cui avrei dato risposte del cavolo. Poi uno dice le coincidenze.

Ma la vera scoperta nata dalla condivisione è stata la presentazione fatta da Silvia Tropea, che come opperbaas di GenitoriCrescono, ovvero grande capa parimerito con Serena e Avvocata Nostra, ha detto cose illuminanti e geniali. Cioè, io non credevo davvero di essere stata tanto intelligente a scrivere questo libro, ma Silvia dice che la cosa veramente interessante dello stesso è che dietro c’ è un metodo.

“Insomma, la tua Weltanschauung,” mi fa l’ amica Monica filosofa Pythya. Che qui gli amici filosofi, estetologi, estetisti, si sprecano.

Ragazzi, ciò il metodo e pure la Weltanschauung  (seguite pure il link se anche voi, come me, i concetti filosofici ve li dovete ripassare).

Che in soldoni si riduce a questo, il mio metodo: Genitori, la vita è dura. Ci avevano promesso la nuvoletta rosa, i trottolini amorosi, i sorrisi sdentati e le guanciotte, i piedini paffuti e lo strazio di tenerezza che ti viene quando guardi tuo figlio dormire. Non solo il figlio bambino, perché mio padre faceva lo stesso anche quando eravamo più alti di lui, quando chiudeva l’ albergo e veniva a dormire, si affacciava un attimo in camera nostra per guardarci dormire. Pochi ci hanno avvertito su tutto il resto. Le notti insonni, i pannolini caccosi, la depressione postnatale, la depressione che nei blogger genera inevitabilmente il post di Natale, i bulli a scuola, la gente che, qualificata o meno, sta lì tutto il tempo a predire che tuo figlio è/diventerà dislessico, autistico, nevrotico, isterico, celiaco e peggio. E sarà tutta colpa tua che sei un genitore incapace.

Invece non è vero. Io dico solo che se ce l’ hanno fatta i nostri genitori a tirar su noi fino all’età riproduttiva, un minimo di credito ce lo dobbiamo dare, perché  l’ evoluzione della specie esiste e noi sicuramente faremo meglio dei nostri genitori. Genitori, facciamoci coraggio, siamo tutti nella stessa barca e già che ci siamo, possiamo anche farci una nuotata per rilassarci in una bella giornata di sole, e poi riprendere la navigazione.

Insomma, il metodo consiste molto semplicemente nel chiederci: ma noi che visione del mondo abbiamo? E che visione del mondo vogliamo trasmettere ai nostri figli? E una volta che ce lo siamo chiesti, prendere posizione. Nulla di più, ma prendere posizione, anche nel segreto della nostra testa, delle volte si fa fatica. E poi diciamocelo, mica è solo una questione di spiegargli i semini e le ovette. Dobbiamo spiegargli il rispetto di sé e del proprio corpo come difesa dalla vita, i pericoli e le bellezze di usare Internet, il mondo che cambia intorno a noi. Se non ce lo siamo chiariti noi, rischiamo di dare messaggi confusi ai bambini. Ma il bello è proprio che i nostri figli, anche con le loro domande o con le risposte che si danno da soli, ci aiutano a capire meglio il mondo che ci circonda. Insomma, la genitorialità è un viaggio bellissimo da affrontare insieme. Facciamolo.

“Spero innanzitutto di avere dimostrato che esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”
(I. Calvino)

Autostima, un corso accelerato, e “La risposta del cavolo”

Questo mese su Genitori Crescono è il mese dell’ autostima e da qualche settimana la feroce redazione non sta pensando ad altro. Lunedì 5 uscirà la prima puntata di un minicorso di autostima da me scritto a quattro mani con il Gasp, con la motivazione: siamo talmente diversi che qualcosa di buono potrebbe uscirne (parlando di autostima). Siccome domani starò pochissimo connessa, ve lo dico adesso.

E allora, in piena full immersion, visto che di puntate al minicorso di autostima ce ne sono quattro, stasera mentre tentavo di addormentare a chiacchiere l’ indisciplinato Figlio 2, gli ho chiesto:

“Ma a te, cosa ti piace di te stesso?”

“Vuoi dire della mia vita?”

“Si, anche ma proprio cosa ti piace di Orso”.

“La cosa più importante? Posso dirlo? Tu. Cioè, anche Ennio e papà, la famiglia”.

Eh, hai voglia ad aggiustare, qui è la prima risposta quella che conta. Alla faccia dell’ autostima, il corso bisognava farlo scrivere a Orsetto mio bello, che però per quanto lo riguarda, l’ autostima un po’ se la perde per strada ed è per questo che la sera cerco di fargli i messaggi subliminali mentre si sta addormentando.

Il punto è che ormai, arrivata oltre il mezzo del cammin di nostra vita, che autostima vuoi avere, quello che sapevi fare l’ hai bello che dimostrato a te stessa e agli altri. Tante cose che vedevi come insormontabili, le hai fatte. Signore benedetto, ho persino pubblicato un libro. E sto per pubblicarne un altro. Abbiamo passato gli ultimi giorno con la mia editrice nonché editor a fare la revisione finale delle bozze su Skype e, signori, direi che ci siamo.

Io già che c’ ero ho iniziato ad organizzarmi le presentazioni in Italia con le amiche, già che pensavo di scendere verso il 5 dicembre per qualche giorno, almeno rivedo anche la mia mamma con calma, che quest’ estate abbiamo avuto scarogna e a Natale non ci vediamo.

La mia editrice, che è donna prudente, ci ha provato a rimettermi con i piedi per terra:

“Scusa, come fai ad essere così sicura che per allora è pronto?”

“Perché mi fido di te, no?”

E come si intitola tanto capolavoro delle patrie lettere? Che domande.

La risposta del cavolo, ecco come si intitola. Perché, cosa credevate?