Trucchi per l’ AD(H)D: Manualità per teste in (troppo) movimento

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Come ho già avuto modo di dire in precedenza avere l’ADD o l’ADHD non è tanto caratterizzato da irrequietezza fisica, anche se questa è la caratteristica che il profano che non ne sa molto associa alla sindrome. Infatti si parla genericamente di ADD (Attention Deficit Disorder) con o senza iperattività (indicato nell’ acronimo dalla H di Hyperactivity) ma piùttosto da un continuo movimento nella testa e dall’ incapacità di filtrare e selezionare gli stimoli che ci arrivano da tutte le parti. Come difendersi da una testa in continuo movimento?

Di recente la mia amica P. che ha ricevuto la sua diagnosi di ADHD a 35 anni e che nel frattempo sta per finire la sua specializzazione come insegnante di yoga, mi ha raccontato che le prime volte che lei ha iniziato a meditare seriamente e si è ritrovata con lo spazio vuoto nella testa, momento tanto ambito da chi aspira al nirvana, lei si è assolutamente terrorizzata. Era la prima volta in quarant’anni che nella sua testa c’ era silenzio e lei non solo non ci era abituata, ma non sapeva più chi era e cosa doveva fare.

“Per fortuna la mia solita voce nella testa si è fatta risentire subito” mi ha detto, “dicendomi: ma no, cosa credi, sono sempre qui. Un sollievo che non ti dico”.

P. dice di aver fatto fatica ad avvicinarsi allo yoga, e in questo riconosco molto me stessa che quando ho provato a fare yoga o meditazione invece di rilassarmi mi innervosivo. Come cercavo di raggiungere il silenzio mi scattava in testa la lista della spesa: porca miseria, ho dimenticato di fare quella cosa urgentissima prima di uscire, e adesso? (e siccome l’ impulsività è la caratteristica principe di noi ADHD stavo per alzarmi dal tappetino e scalza e in calzamaglie correre a casa per farlo, ma mi trattenevo. E a me trattenermi costa fatica e mi mette di cattivo umore.) Insomma, passavo l’ora a pensare a tutte le cose che dovevo fare di corsa e invece di perdere tempo a stare lì a fare yoga avrei potuto farne 4 o 5 e mettermi più serena, aaaaaaarghhhh. No, per dire che a me non mi dovete venire a dire quanto sia rilassante lo yoga, perché potrei mordere. E neanche dirmi che se mi mettessi a correre mi farebbe tanto bene. A voi fa bene, mica a me.

“Infatti la mia insegnante dice sempre che a quelli come noi correre fa male, perché non ci fa l’effetto rilassante che fa agli altri, ma accentua ancora di più il movimento a vuoto infinito che abbiamo in testa”, mi conferma P.

Fondamentalmente l’ effetto speed. Che forse spiega perché non ho mai e poi mai sentito la necessità di sperimentare con le droghe. A me la camomilla, se funzionasse, sarebbe il massimo dello sballo mi sa.

Ecco, tu non puoi neanche dire in giro che hai le voci nella testa che la gente pensa subito a cercare la più vicina camicia di forza. Ma così è, abbiamo sempre compagnia noi AD(HD). Poi uno dice lo stigma sociale. Su questa cosa delle voci nella testa io e P. abbiamo tanto riso all’ epoca in cui, lo scorso anno, la sua bambina undicenne è stata testata e ha seguito un training intensivo di quasi un mese in un centro specializzato di neuropsichiatria infantile di Amsterdam, De Bascule.

Dice P. che quando sua figlia ha detto che lei non riesce ad addormentarsi per via delle voci nella sua testa lei per un attimo ha pensato: “No, dio, pure le voci in testa no”.  Ma mentre lo psichiatra serissimamente le chiedeva: “E queste voci come sono? Le senti da dentro la testa o da fuori? Sono voci di uomini o di donne? Le senti solo quando stai per addormentarti o anche in altri casi?” e poi le ha spiegato: “Guarda che i bambini della tua età possono averle spesso queste cose, a volte dipende anche da un po’ di stress e sicuramente in questo periodo con lo screening, il corso e la scelta delle superiori e l’ attesa della pagella di stress sicuramente ne hai, non ti preoccupare e vediamo cosa succede. Per un adulto sarebbe diverso”.

“Alla sua età?” sono saltata su io. “Ma allora io che devo dire, che ce le ho sempre. Ma che ha detto lo psichiatra sugli adulti che sentono le voci?” che io mi preoccupo subito e ho la tendenza a riferire tutto a me, quando sento informazioni interessanti.

“Cosa vuoi che ti dica”, ha risposto P., “le sento pure io, ormai mi ci sono abituata”, e poi mi ha raccontato quella cosa dello yoga e della meditazione, perché lei alla fine una sua via l’ ha trovata e si sta specializzando proprio in training di mindfulness che sembra aiutino come e meglio dei medicinali per quelli come noi.

“Spicciati che sarò la tua prima corsista, che qui di mindfulness ce n’ è un gran bisogno.”

Comunque poi a sua figlia hanno fatto fare il famoso training a de Bascule, le ha fatto bene e hanno deciso di non medicarla, ma vedere cosa succede. E da quando ha iniziato le superiori c’ è da dire che si è fatta un mucchio di amiche e se la cava in qualche modo, anche se sua madre ha scoperto che la scuola superiore scelta, tanto quotata, tanto gradita che ci è andata metà della sua classe delle elementari, ha talmente pochi mezzi che il sostegno lo riserva a casi disperati.

“Signora”, si è sentita dire P. quando è andata a chiedere cosa offrisse la scuola per continuare il percorso iniziato a De Bascule, “il fatto stesso che lei si sia venuta a informare vi esclude dal sostegno, perché vuol dire che questa bambina almeno un genitore in grado di cercare e trovare risorse ce l’ha, noi quel poco che possiamo fare lo riserviamo a chi non ha neanche quello.” No, vabbè, meno male che un’ altra scuola dove invece si sbattono molto per tutti gli alunni e in particolare quelli con DSA la conosco.

Ora a me lo yoga non funziona ma da qualche anno, e per puro caso, ho scoperto un’ altra cosa che a me fa bene per riportare un po’ di silenzio nella testa. Io ho bisogno di qualcosa che mi tenga i neuroni impegnati al minimo mentre faccio una cosa manuale. Una cosa che non ci devo pensare troppo. E ho iniziato con l’uncinetto, che rispetto ad altre attività ha il vantaggio che te lo metti in tasca e te lo porti ovunque, che ho potuto iniziare con dei baschi lavorati in tondo semplici semplici (i primi anche abbastanza orrendi, ma non era l’ effetto estetico la cosa fondamentale). E devo ringraziare Roberta Castiglione, conosciuta grazie al blogging, che non solo è la madre delle Lane d’Abruzzo ma anche la mente geniale dietro al gruppo Facebook del Social Crochet dove a tempo perso imparo qualche nuovo punto, perché una volta mi mandò il link di un video-tutorial su come fare un basco e da lì, è proprio il caso di dirlo in inglese I was hooked, sono stata agganciata dalle catenelle.

Io che non sopporto le attese, neanche quelle dell’autobus (in orario) o dal medico, e che per anni mi sono stordita leggendo, ho scoperto che tenere le mani impegnate fa tanto per la mia testa, crea una specie di rumore bianco che copre tutti gli altri 30-40 che mi circolano intorno. Insomma, per dire, ho scoperto che quando faccio interpretariato in cabina, se mi faccio un paio di giri di uncinetto alla cieca con le mani sotto al tavolo,  altrimenti pare brutto se qualcuno degli oratori mi vede, io riesco a concentrarmi meglio e a ottenere risultati migliori per il mio lavoro. Ora con tanti colleghi abbiamo da anni constatato che avere qualche rotella che gira a modo suo fa tanto per questa professione e prima o poi ho deciso di lanciare la domanda in qualche forum di interpreti.

Dall’ uncinetto comunque sono passata a scoprire altre attività manuali, quello che funziona per me evidentemente è la tridimensionalità del lavoro, visto che in precedenza lo stesso effetto me lo hanno fatto la ceramica e il feltro. O magari l’ esperienza metafisica di partire da un punto, una linea (di filo), una superficie bidimensionale e creare qualcosa a 3D. Prescindendo dal risultato estetico, che non è quello il motivo.

Per Genitoricrescono la settimana scorsa ho pubblicato un tutorial super semplice per tessere un tappetino tondo con un telaio usa e getta in cartone (se vi dico che lo sto realizzando io, ci può riuscire chiunque con un interesse minimo per il fai-da-te, anche se fornito di due mani sinistre). Certo, era incompleto, ma io per troppo entusiasmo e per non sforare con la scadenza di pubblicazione l’ho pubblicato lo stesso anche se al momento il diametro totale del tappetino non superava i 10 cm. invece dei 180 previsti per la fine. O come diceva una mia socia: solo Summa può far diventare virale un post con un lavoro incompleto (gotta love me).

Ecco, io nel frattempo non solo sono andata avanti, come vedete dalla foto sopra, ma ho anche suscitato l’interesse dei figli, che con l’ uncinetto hanno cortesemente e blandamente tentato un approccio curioso piantato subito lì, ma non è detto che magari a furia di vedermi pasticciare non gli venga voglia. Orso in fondo è lo specialista dei lavoretti tridimensionali, di carta anche se al momento si è preso una pausa creativa.

Insomma, io come famiglia creativa non sarò mai concentrata e finalizzata come Soulemama, la mia guru web su conciliazione, creatività, lavoro e pace interiore (sospetto che di Soulemama e della sua famiglia tutto si possa sospettare, tranne che abbiano l’ADHD) ma mi arrangio con quello che posso.

E posso solo dire che per me funziona benissimo e lo consiglio a chiunque voglia provarci. Io ci sto mettendo la faccia su questa cosa dell’ADHD, ma metterci le mani fa anche tanto.

Interculturalità e faccende domestiche

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Lavare i piatti è questione di metodo? Quale metodo? Per Genitoricrescono la Casalinga pigra oggi ne illustra ben tre. Interculturali addirittura.

Perché i metodi per i lavaggi piatti sono come le guerre di religione e le rovinafamiglie, hanno fatto più danni loro che l’epidemia di tosse asinina.

Comunque se qualcuno mi volesse dire il suo, di metodo, arricchiamo il campionario. Mi raccomando, ci conto.

Ora scusate ma devo andare a caricare la lavastoviglie.

Lavare i piatti è questione di metodo

Ottimi motivi per nascondere le diagnosi della famiglia al mondo esterno

Saranno alcuni anni che ho questo post in canna, e mi contraddico scrivendolo perché le sole parole sensate e che davvero mi hanno aiutato, che mi hanno guidata in cambiamenti comportamentali che davvero stanno facendo la differenza per il benessere di tutta la nostra famiglia, sono venute da chi ci era già passato. Allora mi sembra giusto rilanciare l’ aiuto, perché mio padre era un ragazzo semplice nelle sue reazioni, ma una delle cose che diceva sempre e mi sono sempre servite era la sua filosofia quasi buddista, se vogliamo: la vita è una ruota che gira, quello che ci immetti, ti tornerà indietro. E io ho già avuto tanto, fatemelo rimettere nel circolo.

Una famiglia in un percorso diagnostico è fragile, stanca, piena di dubbi, con poco tempo per fare tutto quello che deve fare. Se proprio vi preoccupate e volete esprimere partecipazione, portate una lasagna, venite un giorno a passarmi l’ aspirapolvere per casa o a stirarmi le camice con cui stiamo mantenendo l’ apparenza di poter continuare a lavorare e vivere come prima, quando non è così.

Da questa esperienza uno sfogo, un’avvertimento e un tentativo di condensare i buoni consigli che ci hanno aiutati negli ultimi mesi. E soprattutto: attenti a chi dite i fatti vostri. Adesso per coerenza vi dico i miei.

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Il perfetto antistress

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(La foto non c’ entra, ma me l’ ha fatta Marina un paio di anni fa e mi piace).

Uuuuuffff, chi è che lo diceva che novembre è il mese dell’ introspezione, del raccolto, dell’ adattamento al buio e alle giornate brevi, insomma, del letargo? Io ho corso ininterrottamente come una trottola e ancora non mi sono fermata. Sarei stanca, ma come si fa a riposarsi? Sarei stressata, ma come si fa a destressarsi? Bè un sistema io ce l’ avrei se avessi tempo di praticarlo e ve lo racconto oggi su Genitori Crescono. Che è vero che l’ uncinetto per me da un paio d’ anni è una panacea antistress, ma come fai a uncinettare quando guidi, corri, cucini, stiri, metti a posto, carichi, scarichi, ammansisci i figli, trasporti i figli, ti trattieni dallo strangolare i figli che invece di collaborare fanno i tiratardi ipocondriaci?

Qui ci sono cose, cosine, cosette, la chiusura dell’ anno e l’ inizio del nuovo anno, un natale da organizzare, che ho una gran voglia di natale, a questo giro, ma tocca prima aspettare che passi Sinterklaas. I bimbi crescono, io che rotolo in giro come una trottola, maschio alfa che tiene botta, zio Italo e Paula che reggono il forte e ci facciamo un mucchio di risate insieme, che in fondo il privilegio di vivere insieme da adulto il quotidiano con tuo fratello o sorella è una chance rara che per quanto breve, va colta al volo per ripristinare tante modalità comunicative che ti porti dentro come un’ unghia incarnita (mio fratello è venuto per aiutarmi con Da Gustare e ne ho approfittato per metterlo al lavoro anche per tutte le altre cose).

Sono successe cose molto serie e molto stressanti questi ultimi due anni che vi racconterò in un’ altra occasione, presto, e che mi hanno dato modo di riflettermi e confrontarmi con molte persone. Ma sono risultate in cose belle.

E infine un’ anteprima che per me è come un regalo di Sinterklaas anticipato: ci sarà un libro di ricette, collettivo, il prossimo anno, e ci saranno altri libri collettivi e non, tutte cose che senza il web, e quindi senza di voi, non ci sarebbero state. Per ora grazie.

Ora devo trovare 5 minuti per farmi una skypata in pace con mia madre che da settimane mi vede solo correre e mi manda sms angosciati del tipo: ciccia, stai bene? Mi sto preoccupando, ce la fai? Hai un attimo per venire su skype? E a me mia madre che si preoccupa per me, a torto, che io quando corro sto benissimo, ecco, mi stressa assai.

Eeeh, come vorrei trovare due minuti per sferruzzarmi uno sciallino.

Consigli per l’ estate di Scialba della Zozza

Io in questo momento sono in viaggio per l’ Appennino con la macchina carica di pomodori da imbottigliare, perché il destino della madre di famiglia è quello di provvedere alla felicità dei suoi, e in me ciò si estrinseca nel preparare le scorte per il lungo inverno nordico.

Ma la mia gemella cattiva, Scialba della Zozza, che non si pone di questi problemi, la pensa diversamente e cerca di indurmi in tentazione, e con me tutte le madri di famiglia felicemente sposate (MFFS). Come lo fa? Andate a vederlo su Genitori Crescono di oggi, e poi mi raccontate.

Vi presento: Scialba della Zozza and her handy household tips & tricks

La mia bisnonna, Annina Silveri, si era ritrovata come soprannome la Pulita (e tutta la dinastia appresso a lei pure, quindi sua figlia e mio nonna era Peppina della Pulita).  Io invece so da sempre di essere il peggior incubo di qualsiasi suocera italiana, di quelle che hanno la casa linda e pinta e ti fanno mettere le pattine e infatti mi sono maritata fuori le mura.

Mia nonna, disperata, più di una volta guardando la camera della mia adolescenza, diceva sconfortata:

“A te dovrebbero piuttosto chiamarti della Zozza”. Continua a leggere Vi presento: Scialba della Zozza and her handy household tips & tricks

Le tradizioni di Natale dei poveri migranti (e Capodanno ad Amsterdam)

IMG_6210È passato Natale, siamo tutti più buoni e se state facendo la dieta purificatoria in attesa degli stravizi capodanneschi, dopo essere sopravvissuti a quelli natalizi, un po’ vi invidio. O forse no. Noi per quanto ci riguarda a Natale ci siamo goduti il menu di Jamie Oliver per Allerhande, la rivista gratis dei supermercati fighi. E non l’ ho manco dovuto cucinare io. Continua a leggere Le tradizioni di Natale dei poveri migranti (e Capodanno ad Amsterdam)

Teoria e pratica della paternità nei Paesi Bassi

È un po’ che non mi faccio sentire qui sopra, e mi dispiace, ma lo sapete come funziona nel cambio di stagione, no? Non sai mai come vestirti e ti becchi raffreddori enormi. Aggiungiamoci che la settimana scorsa stava male anche figlio 1, che avevo tre giorni di interpretariato in cabina, che tra capo e collo mi è arrivata una traduzione urgente di 10.000 parole e che poi abbiamo santificato la Pasqua dai suoceri e sono persino riuscita a fare una lasagna votiva (leggevo su facebook di gente che faceva pastiere, crescie e robe complicate, beati loro che poi magari se li sono pure mangiati) e io mi soffiavo il naso.

La cosa più bella e la cosa più brutta di tutto ciò? (Raccontarci la cosa più bella e la cosa più brutta della giornata è il nostro rito purificatore quotidiano).

La cosa più bella è che ci sono riuscita senza morire troppo, mi sono goduta la lasagna e il weekend pasquale e un pochino anche i figli che mi hanno detto e fatto cose tenerissime. La cosa più bella è stata che il maschio alfa veramente ha fatto i salti mortali per inserire extra consegne figli a scuola al mattino per farmi partire per tempo e serena.

La cosa più brutta è che data la malattia improvvisa di figlio 1, io mercoledì l’ ho abbandonato a casa completamente da solo e malato. Sono una madre degenere, veramente, mi sono sentita di merda (sarà anche stata la febbre, perché quei giorni in cabina me li sono fatta con la febbre, il raffreddore e il mal di gola e nelle pause mi chiudevo in bagno a tossire e soffiarmi il naso con calma).

La cosa più brutta, di nuovo, è stato l’sms al volo che mi è arrivato all’ inizio di un turno di mezz’ ora: mi sono appena fatto gli sciacqui al naso (alleluja, si è rifiutato per due giorni, allora stava proprio male) e adesso ho il mal di pancia, ce la faresti a tornare a casa? Per favore telefonami per dirmi se torni o no.

Intanto che traducevo il lucido mostrato sullo schermo in quel momento ho sms-ato al maschio alfa: chiama Ennio adesso, senza perdermi neanche una cifra dietro la virgola dei dati sulla crescita nel quarto trimestre 2011.

La cosa più bella di nuovo è stata la risposta alcuni minuti dopo:  ci ho parlato, adesso sta bene, non ti preoccupare. L’ adrenalina fa tanto per le prestazioni delle interpreti, signora mia.

Dura la vita dei genitori che lavorano quando il figlio si ammala all’ improvviso, tutte le babysitter e gli amici che potevi mettere al lavoro li hai esauriti per la settimana e per fortuna figlio 1 è grande, ce la fa, una giornata solo a casa da solo sa come godersela, anche senza computer, e la mamma dell’ amichetto che su mia richiesta è passata a controllarlo ha messaggiato: sta bene, è sereno, ha mangiato e non è voluto venire con noi, preferisce giocare da solo.

Però, ripensandoci, io che ho messo su tutta la rete di soccorso e stavo pure male, mi sento una madre degenere. Il maschio alfa che neanche poteva rimandare il lavoro, per una telefonata e un sms al momento giusto, lo sto osannando. Ci deve essere qualcosa di profondamente sbagliato nella mia percezione dei genitori che lavorano e rispettiva divisione dei compiti nei confronti dei figli. O forse era solo la febbre.

Comunque ci ho pensato così bene che qui trovate il mio articolo odierno per Genitori Crescono  sull’ evoluzione della paternità nei Paesi Bassi, con le sue cause storiche, sociali, economiche e politiche, dal 1900 ai nostri giorni. Enjoy. Io vado a prendermi un’ aspirina.