Il friendsurfing e le vacanze rigeneranti

Quest’ anno, rubo il termine a Chiara, parte delle nostre vacanze si fanno con il friendsurfing. Per me fare le vacanze in Italia in genere è un lavoro, un investimento e una missione che in realtà non potrei permettermi. Finché avevamo la casa a Ofena, anche se è un posto che si chiama non a caso il Forno d’ Abruzzo e spupazzarsi due bambini quando fuori, fino alle 7 di sera le temperature sfiorano i 40-43 gradi, ci riuscivo. La cosa per me fondamentale era creargli un posto in Italia che potessero sentire come loro, che potessero chiamare casa, e dove si potessero coltivare degli amici. Proprio quando come età ci stavamo arrivando a quel minimo di autonomia, casa è diventata inagibile e non so quando me la ridaranno mai.

E a questo punto farsi delle settimane di vacanza in Italia è diventato un lusso che semplicemente non abbiamo i mezzi per permetterci. Un fatto che nelle ultime estati mi ha destabilizzato parecchio, ma poi un rimedio si trovava sempre, e questo rimedio è stato lo scambio casa. In fondo abbiamo una casa bellissima, spaziosa e centrale ad Amsterdam, e quanta gente non ci vorrebbe venire? Ecco, tutti quelli che ci sono venuti gli scorsi anni ci hanno regalato un pezzo di casa loro vicino a qualche mare, ed è stato bellissimo. Perché con gli oggetti quotidiani e i libri che la gente ha in casa e te li mette a disposizione, si rafforzano dei legami umani che a noi fanno molto piacere, e si impara a conoscersi meglio.

Quest’ anno non ci siamo riusciti, ma ci siamo arrangiati diversamente, e inoltre, finalmente, possiamo contare sulla casettina sostitutiva di mia madre che ha una vista bellissima e, pur vicina al forno d’ Abruzzo, è un paesetto più addosso alla montagna, per cui di notte fa fresco e si dorme benissimo. Se trovo i pomodori, che quest’ anno stiamo messi male, rifaremo le solite scorte, leggeremo, ripuliremo computer e amministrazione e faremo improvvisate agli amici.

E poi grazie ai vecchi amici, siamo riusciti comunque a ritagliarci alcuni preziosissimi giorni di mare sul mio Adriatico, che lo so che detto dopo essere stati lo scorso anno in Sardegna, la gente arriccia il naso se sente medio Adriatico, con le sue acque verdognoline perché quello è il colore suo, le secche a poche centinaia di metri dalla riva, dove da bambini ti fai un punto di onore ad arrivare (la prima secca la conquistavamo verso gli 8 anni, la mattina ci si arrivava anche allungandosi molto in punta di piedi e con poche bracciate alla fine) e la seconda secca, il trionfo che raggiungi verso i 12 anni quando sai anche nuotare meglio.

Per me il rientro a casa è stato l’ albergo di Anna, proprio davanti al mare, con il suo fascino vecchiotto di quello che sicuramente è stato un albergo di lusso 50 anni fa e lo dimostrano l’ ampiezza degli spazi, gli immensi saloni con i lampadari di cristallo e le boiserie e l’ imponente bancone della reception.  E che adesso, in attesa della ristrutturazione del prossimo inverno, è un albergo vecchiotto, da noi conosciuto come se fosse casa della zia, il posto che ci ha salvato la sanità mentale quando i figli erano piccoli, e che loro chiedevano insistentemente di poter rivedere.

Con tre passi sei in spiaggia, e soprattutto, tutte le finestre guardano sul mare. Come uno spicchio di finestra a casa dei miei che adesso è stata demolita e da lì non lo rivedrò più. Che per me significa dormire con le tapparelle spalancate per guardarmi nei brevi risvegli notturni, le luci dei pescherecci e delle lampare, il cielo che cambia colore, al mattino, quando rinfresca, e le linee viola e arancioni sull’ acqua, proprio prima dell’ alba. Che allora ho tutto il tempo per abbassare la serranda, infilarmi un costume e scappare in spiaggia per il primo bagno prezioso, mentre i maschi dormono.

Un albergo per famiglie e anziani, dove i nostri amici ci permettono di venirli a trovare e passare delle serate con Maria Laura a raccontarci di figli e vita, con Giovanni e Melissa di progetti e Australia, con Anna della fatica di mandare tutto avanti da sola. Con i bambini che giocano e nuotano in piscina, maschio alfa che passa i pomeriggi con i figli a fare giochi mentre io pisolo, Orso che passa anche mezzo pomeriggio a studiarsi le formiche in giardino e la signora Maria in sala sempre comprensiva con le inappetenze dei miei figli che si ingozzano di pasta al pomodoro e cocomero, ma snobbano tutto il resto (ed è un enorme peccato, meno male che a forza di nuotare maschio alfa e io smaltiamo il piacere di mangiare cose buonissime).

Stare in un albergo così che è quasi casa è per me l’ unica opzione, perché da figlia di albergatori io ho l’ allergia degli alberghi. Mettetemi dovunque, ma risparmiatemi gli alberghi (e si che grazie al mio lavoro negli anni ho potuto stare in alberghi fantastici, mi ricordo il Metropol a Mosca e il Sacher a Salisburgo, meravigliosi,  che privilegio, ma, appunto erano alberghi). Ma questo è praticamente come stare nel nostro di albergo, con la differenza che alle cinque del mattino mi vado a fare il bagno invece di lucidare il granito della hall e poi apparecchiare per le colazioni.

Insomma, per me questi touch down in Abruzzo servono per riappropriarmi di contatti e riti. Mettici poi che mio fratello lavora con l’ amica che a suo tempo ci ha organizzato il pranzo di nozze e che ha appena aperto un nuovo locale, metti che dopo la rimpatriata delle amiche dell’ università dello scorso anno quest’ anno con tre messaggi su Facebook abbiamo deciso di rifarla, la cena donzelle re-united, metti che contro tutte le previsioni ci siamo lanciati in un karaoke combattivo con gli ospiti dell’ altro tavolo, una canzone a turno (io ho il divieto formale da parte di maschio alfa di cantare in pubblico se lui è presente, si vergogna troppo). Metti che stare a Roseto significa un tentativo, quest’ anno andato male, di fare delle piccole rimpatriate con gli amici del liceo, che ci si apprezza molto di più 25 anni dopo, di ritrovare uno dei miei vigneron preferiti che è Marcello di Nicola e ricordarmi perché il suo metodo classico mi piaceva tanto, ma ancora di più mi piacciono i suoi liquori alla frutta a cui fra un po’ dovrò cercare un posto in macchina.

Metti che oggi lasciamo l’ albergo per rintanarci tra i monti, ma prima faremo una giornata all’ Odeon a Tortoreto, il nostro stabilimento storico, dove anche qui, per congiunzioni astrali, si sono sedimentati solo per oggi, zie, cuginetti, comari da tre generazioni e amici vari, dire che per quest’ anno la mia missione storica l’ abbiamo raggiunta.

E il friendsurfing? Non ci possiamo lamentare. Dalla prima notte in viaggio con maschio alfa, in cui siamo approdati a mezzanotte a Milano, ci siamo fatti aprire, abbiamo dormito, ci siamo rialzati, presi in caffè con l’ altra mia amica storica nonché cugin-cognata e ripartiti. Dal momento in cui, tra Milano e Bologna maschio alfa ha detto: fermati al primo autogrill che ci prendiamo un caffè e un cornetto e io ho fatto: no, porta un po’ di pazienza, ce lo prendiamo a Faenza da Marco Fiorentini, e ci siamo arrivati all’ ora dell aperitivo e che fai, non accetti l’ invito a pranzo estemporaneo di costei? E ti fai almeno una chiacchierata telefonica con la socia?

E dovevamo andare a Roma ad accamparci a casa di Anna, ma fa troppo caldo, e andremo invece ad Arcevia dai nostri amici e con questa scusa passeremo a conoscere una pupetta nuova nuova, faremo mezzo ferragosto in Langa ospiti suoi e dell’ uomo che lavora per il mio produttore di Barolo preferito, e da lì poi ripartire, sarà solo un’ ultima tappa perché il 19 agosto ricomincia la scuola.

E insomma, per essere quelli che non si potevano permettere di andare in vacanza e rientrano riportandosi una neodiplomata in cerca di esperienza del mondo e di un lavoretto per pagarsi l’ università (che meraviglia, un’ altra donna in casa, una minifiglia praticamente, sarà bellissimo e ci starà comunque troppo poco) io direi che ci siamo organizzati benissimo, per tacere della vacanza di Ennio dagli amici dello scorso anno a Lanciano, punteggiata di piange-facebook e messaggi in cui gli mancavamo, di Orso dalla nonna che mi faceva piange-Skype fino al momento in cui è venuta a trovarlo la sua amichetta olandese preferita in vacanza con la mamma al lago di Bracciano, che in fondo è praticamente dietro l’ angolo.

E considerato che questa estate fantastica è iniziata dalla mia migliore amica, che per fortuna anche quest’ anno siamo riuscite a ritagliarci qualche giorno brevissimo di quotidianità condivisa insieme ai figli e alle vecchie amiche, e che meraviglia accorgerti che a un certo punto questi quattro bambini dai 5 ai 13 anni stavano in perfetta pace tutti insieme a costruirsi una pista di biglie, con ognuno che automaticamente si era preso un incarico e lo eseguiva, mi ha confermato ancora di più che quando sei lontano, le vacanze non sono un lusso, sono una sfacchinata per mantenere vivi affetti e legami con persone e luoghi che hanno segnato la tua vita ed è giusto che continuino a farne parte.

Per la beauty-farm ci sono i ponti e in weekend. Forse.

 

 

Quasi a casa

Sono a casa e non sono a casa. Dopo tutti questi anni di crepe nei muri, rilievi, scalpellamenti, puntellamenti, buchi nei muri, polvere dappertutto e scatoloni sparsi per un trasloco che non si fara’ mai, caa mia a Ofena la sento sempre meno mia. Solo la cucina e’ un pochino agibile, ma il resto, uno sconforto.

Per fortuna che dall’ autunno scorso mamma si e’ trasferita in un MAP, un Modulo Abitativo Provvisorio (detto anche il container di Bertolaso, quelli che diceva che non sarebbe stato necessario far venire, tanto entro 6 mesi L’ Aquila e dintorni sarebbero stati perfettmente ricostruiti), e tranne l’ inverno profondissimo, che e’ il classico periodo in cui viene a trovarci ad Amsterdam e la salita qui e’ ghiacciata e la sua macchinetta non ce la fa, diciamo che ha trovato qui una sua dimensione.

All’ inizio eravamo un po’ perplessi perche’ il posto c’ era a Civita, un paese in cui, guarda caso, non conosciamo proprio nessuno. Credevamo.

Ha tanti vicini carini, perlopiu’ anziani, visto che abitavano tutti nel centro storico che adesso e’ sbarrato e va in malora. E questi vicini si sono ricostituiti la dimensione sociale del paese. Per collocare i MAP hanno sbancato dei pezzi di collina, ce li hanno messi in fila con un passaggio davanti, e la strada un paio di metri sotto.

La signora N, per esempio, una di quelle vecchiette con lo zinale, sul terrapieno davanti casa sua si e’ messa l’ orto, anche se ne ha uno parecchio piu grande in campagna. La signora M., che fa la badante da queste parti, ha creato piccole aiuole lungo la strada con un bordo di sassi mettendoci tutte le piante spontanee della montagna, e la stessa cosa ha fatto un’ altra signora che ha il terrapieno coperto di quelle piante grasse dai fiori viola, bellissime.

Altri abitanti le cui case danno direttamente sull strada e hanno solo il maciapiede, lo hanno riempito di vasi di fiori, ere e qualche piantina di pomodoro. Per noi che non abbiamo mai vissuto in case con la porta che da’ direttamente sulla strada, si e’ aperto un mondo. I bambini, che il primo giorno abbiamo letteralmente dovuto costringere a fare una passeggiata su una strdina che sale verso un bosco du un cocuzzolo, passano il tempo a studiare lucertole, formiche e farfalle. Hanno coperto che la roccia calcarea si stacca dalla collina (‘Mi raccomando, anche se la vedete, NON ENTRATE MAI in una grotta, che pu venirvi gu in testa e non vi troviamo piu”) e passano i pomeriggi dietro casa a scalpellarla per farne armi primitive. Tipo selci, che poi con il Power Tape, il nastro adesivo grigio, attaccano a lance improvvisate.

Il resto del tempo lo passiamo a leggere, pisolare, fare la marmellata con i fichi comprati da una signora con l’ Apetta al bivio di Bussi, invitare zio preferito a cena, fare improvvisate alle amiche che vivono in zona.

E poi, mica era vero che a Civita non conosciamo nessuno. Abbiamo riscoperto vecchi amici di mio padre, tra cui Gina, il boss dello zafferano di Navelli. E mi e’ bastato rientrare a casa sua per riconoscere il corridoio, la cucina, la sala, in cui ero stata da bambina (e le ho preso in prestito per forse 35 anni, uno dei volumi della raccolta delle Mille e una Notte).

Sentire le storie di quando mio padre e suo fratello facevano i corsi per i coltivatori diretti in un paio di province qui intorno, e arrivavano alle 2 di notte con 50 persone per una spaghettata e il caffe’, che lei faceva nella callara.

Farmi raccontare di ricette ormai scomparse, di cui non avevo mai sentito parlare, come le morr’.

E poi per me, sveglirmi la mattina presto, sedermi sulla sedia davanti casa col caffe’ e qualcosa da leggere, e vedermi davanti tutti i campi aperti della Piana di Navelli, e Caporciano di fronte, e il castello di Bominaco arrampicato sul monte. E poi congelari per l’ umidita’, tornare a letto e farmi un’ altra ora di sonno.

E’ come stare quasi a casa.

E poi quasi a casa ci risalgo fra due giorni, tanto ho capito che i figli sono in buone mani, me ne rivado ad Amsterdam a fare un paio di lavori, che non posso permettermi di dire di no ad alcun lavoro, e poi aspettare maschio alfa che vada in ferie anche lui e farci quei 1600 km., soli soletti in macchina, che come terapia matrimoniale dopo un anno in cui abbiamo stretto i denti tutti e due per arrivare in fondo, senza mai un momento per parlare in pace, secondo me fa tanto. E secondo Lorenzo non dovremmo metterci meno di 5 giorn, perdendoci per strada e facendo sparire tracce di noi. Ma credo che la faremo di corsa, tanto e’ tutta discesa. Cosi’ possiamo rpesentare Civita anche a lui.